Crisi energetica. L’Unione Europea è sempre più confusa (e divisa)

I Ventisette continuano a litigare sul tetto al prezzo del gas, mentre la Commissione smentisce di aver mai proposto un piano di emissioni comunitarie per far fronte ai rincari

La confusione sotto il cielo dell’Unione Europea non è mai stata tanto grande. Davanti alla guerra in Ucraina scatenata dalla Russia, in assenza di una visione strategica, i Ventisette si concentrano su ciò che sanno fare meglio: dividersi sull’economia. Dalla crisi dei migranti a quella energetica sembra essere cambiato poco: in Europa si approfondisce la frattura tra chi ha risorse, vedi la Germania, e le usa senza preoccuparsi dei partner, e chi non le ha, come l’Italia, e invoca una solidarietà europea che puntualmente non arriva.

L’Unione Europea è nel pallone

Ieri la Commissione europea è riuscita nell’impresa di smentire due suoi commissari, Thierry Breton e Paolo Gentiloni, che avevano cercato di proporre un piano di emissioni comunitarie simile al Sure per rispondere alla crisi. «È un’iniziativa personale che non impegna la Commissione», ha dichiarato il portavoce di Ursula von der Leyen, qualunque cosa le sue parole vogliano dire.

L’Ungheria di Viktor Orban si è scagliata invece contro il piano da 200 miliardi di Berlino per proteggere famiglie e imprese dai rincari energetici, dando voce alla posizione di molti paesi membri che hanno invece preferito rimanere in silenzio: «È l’inizio del cannibalismo nell’Ue. Gli Stati ricchi salveranno le loro società con ingenti somme di denaro, mentre i poveri non possono».

L’ennesima proposta sul tetto al prezzo del gas

Germania, Finlandia, Austria e Olanda come al solito si sono opposti a un nuovo piano di debito comune. Sono gli stessi paesi che stanno bloccando l’approvazione del tetto al prezzo del gas, ritenendolo irrealizzabile da un lato e pericoloso dall’altro, ma soprattutto potenzialmente svantaggioso per le proprie economie.

Ieri intervenendo al Parlamento europeo, Von der Leyen si è detta «pronta a discutere un tetto al prezzo del gas per produrre elettricità». La Commissione preparerà una proposta, l’ennesima, nella speranza che abbia un esito migliore rispetto alle precedenti e riesca a superare i veti dei rigoristi.

Cinque mesi e zero passi avanti

In ogni caso nessuna decisione verrà presa prima del vertice informale dei leader dell’Ue di domani a Praga. La prima bozza della dichiarazione finale invita la Commissione a «proporre soluzioni praticabili per ridurre i prezzi attraverso un price cap al gas». Sono le stesse parole utilizzate cinque mesi fa nella dichiarazione finale del vertice di giugno.

Ieri la presidente della Commissione europea ha anche annunciato che i Ventisette hanno trovato un accordo su un ottavo pacchetto di sanzioni alla Russia che comprende anche un tetto al prezzo del petrolio. Questa misura in realtà non entrerà in vigore neanche dopo che le sanzioni saranno formalmente approvate: la proposta è stata presentata durante il G7, al quale toccherà eventualmente dare il via libera definitivo. Resta da capire quanti paesi vi aderiranno al di fuori del G7 e come reagiranno i produttori.

L’Ue ignora la minaccia nucleare

Mentre l’Ue si agita sulle conseguenze economiche delle sanzioni, restano sullo sfondo le parole dell’Alto rappresentante della politica estera europea Josep Borrell: «La guerra è entrata in una nuova fase, ma una fase pericolosa, perché è una guerra tradizionale contro una potenza nucleare: è uno scenario preoccupante».

Impegnata a litigare su come sopravvivere alla crisi energetica, l’Unione Europea non ha ancora concordato una posizione comune su come affrontare la minaccia nucleare della Russia. Anche questo è uno scenario preoccupante.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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