Cose tremende apparse sui giornali che fanno quasi sperare in un vero scontro Pd-magistrati

Il caso Lodi. I magistrati che «violano la legge». Quelli che pensano solo a «gioire se il Pd è travolto dagli scandali». E Renzi che «sbraita ma non opera»

È evidente che l’arresto del sindaco Pd di Lodi Simone Uggetti per una turbativa d’asta con cifre abbastanza ridotte, e dunque con un tornaconto per le persone coinvolte tutto da verificare (Uggetti stesso sembra avere ammesso: «Ho alterato il bando per l’assegnazione della gestione delle due piscine. Ma l’ho fatto pensando unicamente ai vantaggi per le casse del Comune»), fa fare un salto di qualità al nuovo capitolo dello scontro fra magistratura e politica iniziato in Italia quasi mezzo secolo fa.

Noi di Tempi lo abbiamo sempre sostenuto, che una volta accettato l’abbattimento di Silvio Berlusconi per via giudiziaria, tutti i governi – di destra e di sinistra – avrebbero rischiato la stessa sorte. Il 15 aprile è arrivata la prima pagina del Fatto quotidiano che festeggiava “Il ritorno di Mani Pulite”, ritorno confermato secondo il quotidiano da diverse notizie, tra cui: il grido «onestà» lanciato dai grillini al funerale del loro guru Casaleggio, l’elezione di Piercamillo Davigo a capo del sindacato unico delle toghe, oltre che una serie di indagini giudiziarie aperte, guarda caso, nei confronti di gente “del Pd”. Poi sono arrivate le interviste dello stesso Davigo al Fatto e al Corriere della Sera. E ieri, finalmente, dopo un paio di decenni di giustizialismo senza se e senza ma, è arrivata la riflessione di Repubblica sul caso Lodi e su “quelle manette a tutti i costi”.

Oggi riguardo a questo scontro tra magistratura e politica bisogna segnalare altre cose utili apparse sui giornali.

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Innanziututto l’intervista del Messaggero a Emanuele Macaluso, grande vecchio della sinistra italiana, ex senatore del Pci ed ex direttore dell’Unità. Finora ad accendere le polemiche è stata la frase del gip di Lodi che, autorizzandone l’arresto preventivo, ha scritto che il sindaco Uggetti «ha tradito l’alta funzione e l’incarico attribuitogli dai cittadini». Macaluso al quotidiano romano sottolinea altri passaggi delle motivazioni delle misure cautelari che a suo parere «destano molte, molte perplessità, esulano dalla provincia lombarda e finiscono per investire i rapporti tra magistratura e politica e il modo stesso di procedere non di tutta la magistratura, ma di alcuni sicuramente sì».

«Punto primo», elenca Macaluso: «Il gip scrive che “la personalità negativa dei due imputati porta a ritenere con decisa verosimiglianza che gli stessi abbiano potuto sistematicamente gestire la cosa pubblica con modalità illecita”. Ma la Costituzione parla di presunzione di innocenza, qui siamo invece di fronte a presunzione di colpevolezza. O hai una prova di reato, e allora agisci, ma non puoi “presumere” che sia stata tutta una gestione illegale. È inaudito».

In secondo luogo, continua l’intervistato, «il gip, sempre a proposito dei due imputati, scrive che “la conoscenza che hanno degli strumenti investigativi, per il ruolo politico e sociale rivestito dall’Uggetti e per le cognizioni tecniche del Marini quale avvocato”, impongono il carcere. Tradotto: siccome uno ha un ruolo politico e l’altro è avvocato, cioè ha “conoscenze tecniche”, devono stare in galera». Ma per l’ex senatore «tutto questo è una violazione della legge, che è uguale per tutti».

Terza perplessità: «Scrive sempre il gip: “Con l’attuale progresso tecnologico è impossibile monitorare e indagare gli imputati se stanno ai domiciliari”. In pratica, ha abolito i domiciliari! Ma li ha aboliti lui, non il Parlamento. Una cosa enorme». Per Macaluso il problema è molto serio, perché dimostra che «certi magistrati sono entrati in un’ottica per cui uomo politico uguale malaffare. Una equazione, contornata dall’arresto a ogni costo, che è fuori da ogni razionalità».

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Da leggere è anche l’intervista del Mattino a Rino Formica, altro grande vecchio della sinistra italiana, ma questa volta lato Psi, partito del quale Formica è stato più volte parlamentare e ministro. Anche lui vede in atto un revival di Mani Pulite, ma non ci trova nulla da festeggiare. «Sento aria di ’92», dice. «Ho letto l’ordinanza dell’arresto del sindaco di Lodi e mi è sembrato di leggere un manifesto politico. Come se fossimo ai tempi di Tangentopoli».

Formica mette in guardia dai magistrati che «fanno gli ideologi», come se «un vescovo andasse su un pulpito e invece di una preghiera pronunciasse un proclama politico (…). Lo stesso vale per i mullah in una moschea». Ma l’ex ministro socialista dall’alto della sua esperienza (lo scontro magistratura giustizia cominciò proprio ai suoi tempi) lancia un avvertimento anche al Parlamento, che «è pieno di gente che gioisce al solo pensiero che il Pd sia travolto dagli scandali. Non capendo che se questo accade retrocede tutta la politica».

Quanto a Renzi, Formica è deluso anche da lui: «Sbraita, grida e strilla ma in buona sostanza non opera. Ogni volta si allarma, fa per minacciare ma poi subito si cautela col dire “rispetteremo le sentenza della magistratura”… ecco la viltà!». Il premier invece «dovrebbe dire chiaro e tondo: o rientrate nel vostro campo di competenza o si rivedono i punti del vostro potere costituzionalmente garantito». E non per mancare di rispetto alla magistratura, ma per restituire il giusto ruolo a tutte le istituzioni: «Perché alla fine, tutti i poteri devono essere forti, ma non al punto da soffocare gli altri». Il problema infatti per Formica è di non appiattirsi sulla «questione morale», che non si esaurisce nella legge: «Un partito deve avere l’autorevolezza e la forza per fare le sue scelte. E invece questi che fanno? Vanno con le liste in mano dall’Anticorruzione».

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Il Foglio invece propone una clamorosa intervista a Piergiorgio Morosini, consigliere del Consiglio superiore della magistratura (l’organo di autogoverno delle toghe) in quota Magistratura democratica. Si tratta in realtà di un colloquio informale fra il magistrato e la giornalista Annalisa Chirico, un incontro che Morosini ha confermato – del resto la Chirico riferisce di avere aperto il taccuino sotto i suoi occhi – ma smentito nei contenuti. In effetti le sue dichiarazioni sono talmente “forti” da aver spinto questa mattina il ministro della Giustizia Andrea Orlando a chiedere ufficialmente chiarimenti al Csm.

Cosa dice il consigliere del Csm della sinistra togata? Morosini nella chiacchierata spiega “perché Renzi va fermato”. È questo infatti il titolo scelto dal Foglio per l’articolo della sua cronista, titolo che però il magistrato respinge con forza. Veniamo ai presunti virgolettati: «Bisogna guardarsi bene – avrebbe detto Morosini al quotidiano annunciando il suo impegno pubblico contro la riforma costituzionale voluta dal governo e approvata dal Parlamento – dal rischio di una democrazia autoritaria. Un rapporto equilibrato tra Parlamento e organi di garanzia va preservato. Per questo al referendum costituzionale il prossimo ottobre bisogna votare no». Ancora: «Se passa la riforma costituzionale, abbinata all’Italicum, il partito di maggioranza potrà decidere da solo i membri della Consulta e del Csm di nomina parlamentare. Renzi farà come Ronald Reagan, una bella infornata autoritaria di giudici della Suprema Corte allineati con il pensiero repubblicano su diritti civili, economia… Uno scenario preoccupante».

Morosini si dichiara personalmente favorevole a «una sinistra sociale che pensi alle persone svantaggiate, ai pensionati, agli immigrati…», mentre sul governo il Foglio riporta queste sue affermazioni: «È la forma che proprio non va. Le misure su responsabilità civile e ferie sono state presentate come una rivincita della politica nei confronti della magistratura, una logica retaggio del ventennio berlusconiano». E ancora: sempre rispetto alla sinistra «mi sento un esule in patria. Renzi ha i suoi voti, c’è poco da fare», ma «un tempo la politica ruotava attorno a personalità come Enrico Berlinguer e Aldo Moro», al limite perfino D’Alema (antipatico ma pur sempre «un fuoriclasse»); invece i renziani sono, secondo la definizione attribuita dal Foglio a Morosini, «dei mestieranti, buoni a gestire il potere. Che discorso di prospettiva può fare uno come Luca Lotti? E vogliamo parlare della Boschi?».

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Ecco. A questo bel panorama da 1992, bisogna aggiungere solo un paio di ulteriori dettagli sconfortanti.

Il primo è proprio la posizione di Matteo Renzi, le cui sbandiate “riforme” della giustizia (su responsabilità civile e riduzione delle ferie dei magistrati) sono liquidate nell’intervista rinnegata da Morosini come ininfluenti («non mi pare che ci siano effetti rilevanti»). Ebbene, parlando ieri a Rtl, il premier ha confermato di fatto, al netto degli annunci, delle battute e delle sfuriate, il suo appiattimento sull’opinione dominante forcaiola, e visto quanto sopra non è un bel segnale: «La questione morale – ha detto – c’è dappertutto, c’è qualcuno che ruba, non va bene ma smettiamola di sparare sugli altri. Non c’è destra contro sinistra ma onesti contro ladri». O-ne-stà!

Il secondo dettaglio sconcertante è il fatto che, come dice Formica, un sacco di «gente gioisce al solo pensiero che il Pd sia travolto dagli scandali», e purtroppo questo non riguarda solo il Movimento 5 Stelle e la Lega, che in un certo senso nel giustizialismo ci sono nati, ma anche gran parte del centrodestra, che invece dovrebbe avere imparato una lezione un po’ diversa. Basta sfogliare i giornali “di area” per farsi un’idea. Ieri Libero proponeva due pagine con “tutti gli indagati del Pd”. E oggi strilla scandalizzato in prima pagina che “il Pd vuole processare chi arresta i suoi”. Fosse vero.

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