Cosa sta succedendo (veramente) a Damasco?

Sicuri che in Siria i media internazionali non stiano girando un film? Il punto di vista di un'osservatrice che accusa i Fratelli Musulmani di fomentare le rivolte e crede alla volontà di riforme del regime di Assad

La sera del 16 luglio dei cittadini siriani cristiani volevano prendere parte a una fiaccolata organizzata a Milano a sostegno del programma di riforme governative e contro le ingerenze straniere in Siria, ci sono riusciti a caro prezzo: il loro bar e la loro auto sono stati distrutti e loro stessi minacciati e malmenati.  Responsabili della vile aggressione degli oppositori del regime, gli stessi che nelle piazze e davanti ai microfoni si riempiono la bocca di parole come “democrazia” e “libertà”. Ma quale democrazia è possibile se non si ascolta la volontà del popolo? Quale libertà se non è permesso esprimere un’opinione contraria a rischio della propria incolumità? Questo singolo e – ci auguriamo – isolato episodio, così vicino in termini temporali e spaziali è tanto più significativo in quanto esemplifica, seppur in scala ridottissima, quanto accade quotidianamente in Siria e può essere una buona chiave di volta per interpretare la complessità della situazione siriana, andando oltre le apparenze superficiali.

Se, infatti, non ci si ferma all’opinione pubblica imperante che racconta di manifestanti inermi che si buttano a mani nude contro i carri armati del regime di un governo dispotico e detestato dalla popolazione in nome di un più alto ideale; se si ascolta la gente comune e si leggono le analisi di molti studiosi poco allineati alla corrente dominante di chi già più volte si è dovuto scusare ufficialmente per aver diffuso notizie false; allora si aprirà davanti ai nostri occhi un mondo  completamente diverso, dove vive una popolazione che ha sì bisogno di grandi riforme, ma che è anche fiduciosa che queste potranno essere effettuate dal governo in carica che sta già lavorando in tal senso (è notizia di questi giorni, ad esempio, l’approvazione della legge sul multipartitismo), che rigetta ogni ingerenza straniera e che teme più di tutto un nuovo Iraq o una nuova Libia o un governo di matrice islamista, che trasformi uno stato laico in uno confessionale dove regnano odio e divisione.

Purtroppo non si tratta di scenari così distanti: basti pensare alla situazione egiziana per rendersi conto di cosa ha portato la “rivoluzione”. Tra l’altro, nel caso della Siria, a voler essere precisi, non è nemmeno corretto parlare di “rivoluzione”, dal momento che non si è, a tutt’oggi, assistito a una massiccia mobilitazione popolare che chiede la caduta del regime, ma, al massimo, si può parlare di “rivolta” circoscritta ad alcune città (Homs, nelle zone a maggioranza sunnita, o Hama, storica roccaforte dei Fratelli Musulmani) o territori di confine (Jisr al-Shougour, Daraa) più facilmente influenzabili da elementi esterni. Questi esempi fanno ben capire che, nonostante molti continuino a negare l’evidenza, la matrice religiosa è sicuramente una componente importante della crisi siriana. Nel Paese convivono attualmente oltre 10 confessioni religiose (non è affatto strano, per esempio, trovare una chiesa accanto a una moschea e cristiani e musulmani che festeggiano gli uni le ricorrenze degli altri) e altrettante diverse etnie (molte delle quali esito di fughe dai loro Paesi d’origine, come armeni e curdi dalla Turchia, iracheni e libanesi scapati alla guerra, palestinesi in fuga da Israele) e non è un caso se tutte le minoranze sono oggi apertamente schierate dalla parte del presidente Assad.

Molti dei canali satellitari, soprattutto di proprietà di Arabia Saudita e Qatar, trasmettono continuamente dichiarazioni che istigano all’odio e alle divisioni religiose in Siria, come quelle di Adnan Arour e Al Qaradawi, tra le massime autorità religiose musulmane, che propone come unica soluzione uccidere un terzo dei siriani, ovvero tutte le minoranze religiose, per far vivere bene gli altri due  terzi. Altri ancora, come Al-Jazeera, Al-Arabiya o l’agenzia Reuters si “limitano” a una propaganda fatta di video, immagini e notizie create ad hoc, citando testimoni anonimi che si trovano generalmente da tutt’altra parte o non hanno visto quanto raccontano o gonfiando a dismisura i numeri (negli ultimi venerdì si è parlato di  manifestazioni di 500.000 o, addirittura, 700.000 persone in una città come Hama che avrà, all’incirca, una popolazione complessiva di 600.000 abitanti… quanto  meno poco credibile!).

Come mai le manifestazioni in Siria sono sempre il venerdì, dopo la preghiera in moschea? Perchè i “manifestanti pacifici” colpiscono sempre e solo le minoranze religiose? Perchè le “manifestazioni pacifiche” hanno causato fino ad oggi oltre 1.500 vittime militari? Perchè testimoni anonimi o che si trovano dall’altro capo del mondo vengono considerati più attendibili delle voci filogovernative? Perchè dei video dove si sentono grida e si vede solo gente che corre vengono considerati prova inconfutabile delle violenze dell’esercito sulla popolazione, mentre folle  oceaniche che scendono in piazza per sostenere il regime (10.000.000 di persone il 21 giugno e continue manifestazioni in tutte le città non sono numeri ignorabili  facilmente, eppure l’occidente sembra esserci riuscito!) non sono ritenute degne di considerazione o vengono etichettate come manifestazioni orchestrate dal regime stesso per propaganda?

Perchè fosse comuni di militari uccisi e torturati vengono considerati non prova della presenza di bande armate e pericolose, ma di disertori? Perchè si dà per scontato che tutto quello che viene passato dalle agenzie ufficiali sia falso e le notizie dei social media, anche quando raccontano eventi palesemente poco credibili, la sola verità? Perchè se un presidente ammette i suoi errori e dice che sta lavorando per andare incontro alla popolazione ma che ha bisogno di un po’ di tempo dato che le riforme durature non si possono fare dalla mattina alla sera, invece di giudicarlo con onestà lo si etichetta come tiranno temporeggiatore? E, se è vero che la “democrazia” è il “governo del popolo”, perchè l’occidente si ostina ad imporre ai popoli una “democrazia” dall’alto che essi stessi rifiutano? C’è chi per rispondere a queste domande ha intiuito che sotto la crisi siriana covano interessi internazionali ben più grandi, dato che – e non è un segreto per nessuno – molte potenze straniere oggi vorrebbero la testa di Assad dall’America alla Francia, a Israele, alla Turchia, all’Arabia. Ma è stato accusato di complottismo. C’è chi si chiede come mai la Siria – su cui addirittura Hilary Clinton disse che non ci sono prove certe su quanto sta accadendo nel Paese – viene trattata diversamente dalla Libia.

Anche se, forse, ci sarebbe più da chiedersi perchè Yemen, Barhein, Qatar, Arabia Saudita, etc. non vengono sbattuti in prima pagina come Siria e Libia. C’è chi queste domande non se le pone nemmeno e si accontenta di quanto gli raccontano senza tentare nemmeno di capire se sia o meno la verità. E questi sono quelli che più danneggeranno la “democrazia”.

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