Corti della sharia, moschee estremiste, comunità ghetto. Ecco cosa non può più tollerare la Gran Bretagna

Il premier Theresa May ha detto che «l'estremismo è stato tollerato troppo a lungo»: è così. Consigli non richiesti per combattere «l'ideologia jihadista»

All’indomani dell’attentato di Londra di sabato, il premier Theresa May ha pronunciato un discorso più duro rispetto a quelli preparati in seguito agli attentati di Manchester e ancora Londra. «Quando è troppo, è troppo», ha dichiarato davanti a Downing Street. Bisogna avviare un «dibattito difficile e imbarazzante» perché «l’estremismo è stato tollerato troppo a lungo». May ha ragione: da decenni l’estremismo islamico ha messo le radici in profondità nelle città britanniche completamente indisturbato se non incoraggiato nel nome del multiculturalismo. Se ora Londra vuole davvero combattere «l’ideologia jihadista», e non solo a parole, ha solo l’imbarazzo della scelta.

TRIBUNALI ISLAMICI. Innanzitutto, per far «rispettare i nostri comuni valori», dovrebbe intervenire sulla legge. In Inghilterra esistono un centinaio di corti della sharia, che approvano ogni giorno poligamia, mutilazioni genitali, ripudio della moglie, prevenzione dei matrimoni misti e accettazione delle violenze domestiche. Oltre a questi tribunali paralleli esistono una vasta rete di “consigli” informali islamici, che operano esternamente alle moschee, occupandosi di divorzi e custodia dei figli. La Bbc ha documentato ampiamente come in queste corti i valori e le leggi britanniche vengano violati ogni giorno, eppure sono tollerati grazie al British Arbitration Act, che le classifica come “tribunali arbitrali”.

«SHARIA APPLICATA TUTTI I GIORNI». Ma come ricordato dal Daily Telegraph, «i tribunali islamici si fondano sul rifiuto del principio di inviolabilità dei diritti umani, dei valori di libertà e di uguaglianza che sono alla base delle democrazie europee». Nel 2013, il decano delle corti islamiche Suhaib Hasan, filmato di nascosto dalla Bbc, dichiarava: «La sharia viene applicata ampiamente in Gran Bretagna tutti i giorni». Questo è così vero che nel 2014, la Law Society (che rappresenta gli avvocati inglesi), ha pubblicato sul suo sito una “guida sharia friendly” destinata agli avvocati per redigere un perfetto testamento islamico. Che si basa sul principio (illegale in Gran Bretagna) che gli uomini ricevano il doppio delle donne, in quanto superiori, e sul divieto per i non musulmani di ereditare alcunché.

MOSCHEE ESTREMISTE. Le corti della sharia non sono certo l’unica roccaforte dell’estremismo islamico in Inghilterra. Infatti nel 6 per cento delle moschee inglesi viene insegnata la corrente estremista e ultra-rigorista wahabita (quella che predomina in Arabia Saudita, per intenderci), mentre i fondamentalisti deobandi controllano un altro 45 per cento delle moschee. Per quanto May accusi internet della radicalizzazione dei giovani, è molto improbabile che questi dati non abbiano niente a che vedere con i 3.000 inglesi sulla lista dei potenziali terroristi stilata dagli 007. Le autorità britanniche si sono sempre rifiutate di imporre controlli per non stigmatizzare l’intera comunità di fedeli ma forse, come dice May, è arrivato il momento di prendere misure «imbarazzanti».

«TERRORISTI RECLUTANO PER STRADA». Più che su internet, è nelle comunità islamiche chiuse, volutamente separate dal resto del paese e del tutto disinteressate a mescolarsi con i britannici che nascono il radicalismo e la retorica del “noi contro di loro”. Il governo inglese lo sa ma ha sempre fatto finta di niente. Sono emblematiche le dichiarazioni di molti esponenti della comunità libica di Manchester, dalla quale proveniva l’attentatore dell’Arena Salman Abedi: «I terroristi operano alla luce del sole a Manchester. La gente parla da tre o quattro anni di quanto siano spietati in città i reclutatori jihadisti. Ma la polizia non ha mai preso la questione sul serio».

ISLAMIZZARE LE SCUOLE. Non c’è solo Manchester. A Birmingham, dove abitava quel Khaled Masood che il 22 marzo ha ucciso quattro persone a Londra, un abitante su quattro è musulmano, c’è la moschea più grande d’Europa ed è il punto di partenza di un quinto dei foreign fighters britannici. Ed è a Birmingham che nel 2014 la polizia ha scoperto per caso l’operazione Trojan Horse, una precisa strategia per “islamizzare” lentamente le scuole pubbliche di Birmingham: già in sei istituti statali le ragazze erano confinate nei posti in fondo alla classe, le professoresse obbligate a indossare il velo e tutti gli studenti, cristiani compresi, potevano studiare come unica religione l’islam. Tutti lo sapevano, nessuno faceva niente.

CRISTIANI PERSEGUITATI. E che cosa è stato fatto a Bradford, dove la lingua più parlata non è l’inglese ma l’urdu pakistano? La città soprannominata Bradfordistan per l’alta percentuale di residenti pakistani sunniti è famigerata anche per il caso di Nissar Hussain. L’inglese di origini pakistane si è convertito al cristianesimo e per questo motivo da quindici anni viene insultato, minacciato, picchiato, perseguitato e quasi ucciso da un gruppo di musulmani. Lo consideravano un apostata e quando lui andava a denunciare le violenze alla polizia, gli rispondevano: «E smetti di fare la crociata».

MUSULMANI “ERETICI” ASSASSINATI. E sempre da Bradford è partito l’assassino di Asad Shah, 40 anni, musulmano ahmadi (corrente ritenuta eretica dalla maggior parte dell’islam), proprietario di un piccolo negozio a Glasgow, Scozia, assassinato in pieno giorno nel suo negozio per aver augurato buona Pasqua ai cristiani. Il suo assassino, Tanveer Ahmed, ha dichiarato alla polizia: «Ho ucciso Asad Shah per un solo motivo: ha mancato di rispetto al messaggero dell’islam, il profeta Maometto, sia pace su di lui. Se non l’avessi ucciso io, l’avrebbero comunque fatto altri».

PREDICATORI ESTREMISTI TOLLERATI. L’insensata tolleranza britannica si vede anche in casi estremi come quello di Anjem Choudary. A lui si ispirava un tipo poco raccomandabile come Mohammed Emwazi, meglio conosciuto come “Jihadi John”, il boia del corrispondente di guerra James Wright Foley e del giornalista Steven Sotloff. Eppure Choudary è stato condannato a cinque anni e sei mesi di carcere solo l’anno scorso per avere attivamente sostenuto l’Isis. Il predicatore islamico, però, ex leader di Al-Muhajiron e Islam4Uk (organizzazioni entrambe bandita in Gran Bretagna), da anni sosteneva la necessità di istituire una società governata dalla sharia.

«CONDANNATE IL GOVERNO». Dopo che nel 2013 Michael Adebolajo e Michael Adebowale, due cattolici di origine nigeriana convertitisi all’islam nel Regno Unito, sgozzarono con un machete il militare londinese Lee Rigby inneggiando ad Allah, Choudary commentò: «se volete condannare qualcuno condannate il governo britannico. Quello di ieri è un morto ma se sommate tutte le persone torturate e uccise dal governo britannico sono milioni».

LEGAME TRA TERRORISMO E ISLAM. La Gran Bretagna ha molti problemi ma non potrà risolverli se, come notato ieri sul Corriere della Sera dall’ex direttore Paolo Mieli, non comincerà a «raffinare le analisi di un fenomeno che ci accompagnerà per chissà quanti anni ancora» e non riconoscerà che c’è un legame tra terrorismo islamico e islam. Questo non significa stigmatizzare le comunità di musulmani, la maggior parte delle quali si oppone, spesso anche pubblicamente, agli attentati terroristici. Ma è necessario rendersi conto che Corano, Sunna e sharia danno ampiamente adito ad interpretazioni violente, come più volte spiegato dal grande islamologo gesuita Samir Khalil Samir. Non a caso Choudary dopo la sua condanna ha dichiarato: «Se guardate ai miei discorsi, ho detto le stesse cose negli ultimi vent’anni. Per me è una questione di culto».

MUFTÌ THERESA MAY. Ecco perché l’unico errore che il premier May, o chi per lei, non si può permettere di compiere è improvvisarsi teologa islamica, imam o muftì. Affermando, come ha fatto domenica, che «l’ideologia jihadista è una perversione dell’islam» è entrata in un terreno che non le compete. Non spetta a lei definire teologicamente i rapporti tra terrorismo islamico, testi sacri e storia dell’islam. A lei spetta solo di intervenire laddove questi legami si manifestano socialmente e ideologicamente. Per quanto «imbarazzante e difficile» questo possa essere.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Exit mobile version