La Consulta boccia anche il referendum sulla droga legale

Amato: «Il quesito non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti». Soddisfatto il Comitato per il No: «Ora Governo e Parlamento dedichino tempo ed energie all’intensificazione del contrasto al narcotraffico e al recupero dalla dipendenza»

I promotori del referendum sulla droga legale all’esterno della Corte Costituzionale (foto Ansa)

Durante una conferenza stampa, il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha annunciato la decisione della Consulta di ritenere inammissibile il referendum sulla “cannabis legale”, spiegando che «non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali. Il quesito era articolato in tre sotto quesiti. Il primo relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, ma la cannabis è alla tabella 2, quelle includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti – già questo è sufficiente per farci violare obblighi internazionali plurimi che abbiamo e che sono un limite indiscutibile dei referendum. E ci portano a constatare l’inidoneità dello scopo perseguito».

La soddisfazione del Comitato per il No

Il Comitato per il No alla droga, presieduto dal prof. Angelo Vescovi, esprime soddisfazione la decisione della Corte Costituzionale nel giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo delle norme sulla droga. A sostegno delle sue posizioni il Comitato ha fatto pervenire nei giorni scorsi alla Consulta un’articolata memoria, e ieri il prof Mauro Ronco e l’avv. Domenico Menorello ne hanno illustrato la sintesi nella discussione orale.

In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza della Corte, è ragionevole immaginare che avrà inciso il vincolo costituzionale – da noi sottolineato – nella subordinazione del legislatore in tema di disciplina degli stupefacenti a Convenzioni internazionali, e quindi nel limite costituito dall’art. 75 Cost. Poiché i promotori dell’attuale referendum pretendevano: (i) di legalizzare la coltivazione di tutte le sostanze stupefacenti, (ii) di eliminare la reclusione per tutte le condotte (diverse dalla coltivazione, che si vorrebbe del tutto lecita) riferibili alla canapa indiana, ciò confligge con la Convenzione unica sugli stupefacenti”, adottata a New York il 30 marzo 1961, e col Protocollo di emendamento della Convenzione medesima, adottato a Ginevra il 25 marzo 1972.
L’augurio è che ora Governo e Parlamento dedichino tempo ed energie all’intensificazione del contrasto al narcotraffico e al recupero di giovani e meno giovani dalla dipendenza dalle droghe.

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