È morto il cardinale Monsengwo, il “Wojtyla africano” che ha cambiato il Congo

Il cardinale del Congo aveva 82 anni ed era malato. «Valente soldato di Cristo», favorì la democratizzazione del suo paese. Si batté sempre per «far prevalere la verità sulla menzogna»

Lo chiamavano il “Wojtyla africano” e c’è un motivo. Il cardinale congolese Laurent Monsengwo Pasinya è morto l’11 luglio a 82 anni in Francia. Era stato trasferito in Francia d’urgenza la scorsa settimana per essere ricoverato a Versailles. Come ha scritto su Twitter padre Jean-Marie Konde, responsabile della comunicazione dell’arcidiocesi di Kinshasa, che il cardinale guidò per 11 anni dal 2007 al 2018: «Valente soldato di Cristo, ora riposa in pace».

Giovanni Paolo II lo nominò vescovo

Senza l’autorità e il carisma del cardinale Monsengwo, il Congo non sarebbe mai divenuto un paese democratico, pur con tutti i problemi che ancora lo attanagliano. Pastore infaticabile e strenuo difensore dei diritti umani, è soprattutto merito suo se il Congo mantiene ancora un’istituzione credibile: la Chiesa cattolica, che gestisce il 70 per cento delle scuole e degli ospedali del paese.

Nato il 7 ottobre 1939 a Mongobelé, nell’allora Congo belga, è stato ordinato prete nel 1963 ed è stato il primo africano a diventare dottore in scienze bibliche, diplomandosi nel 1970 al prestigioso Istituto biblico pontificio di Roma. Consacrato vescovo di Kisingani il 4 maggio 1980 da Giovanni Paolo II, è rimasto nella diocesi fino al 2007, quando è stato nominato arcivescovo di Kinshasa.

Rifiutò la presidenza del Congo

Prima che Benedetto XVI lo creasse cardinale il 20 novembre 2010, è stato presidente della Conferenza episcopale dello Zaire (vecchio nome del Congo) tra il 1982 e il 1994, poi presidente di quella congolese dal 2004 al 2008. Dal 2018 era diventato arcivescovo emerito di Kinshasa dopo aver passato il testimone a un altro gigante della fede in Africa, monsignor Fridolin Ambongo.

Il nome del cardinale Monsengwo è inscindibile da quello del Congo democratico, visto il ruolo politico fondamentale che ha giocato nella democratizzazione del paese dopo la destituzione del dittatore Mobutu nel 1997. Tra il 1991 e il 1996 ha presieduto la Conferenza nazionale sovrana, poi l’Alto consiglio della Repubblica e persino il Parlamento di transizione. La sua popolarità era tale che nel 1997 venne acclamato a furor di popolo presidente del Congo, ma rifiutò la carica, consapevole che non spettava a un uomo di Chiesa guidare il paese.

Monsengwo, passione per il popolo

Nel 2018 fece sentire ancora la sua voce per costringere l’autocrate Joseph Kabila a dimettersi e a non ricandidarsi per un nuovo mandato come previsto dalla Costituzione: «È tempo che la verità prevalga sulla menzogna e i mediocri se ne vadano».

Parlando a Tempi, il suo successore monsignor Ambongo ha dichiarato: «Lo conosco fin dalla mia giovinezza e apprezzo enormemente la sua passione per il popolo, che mi ha trasmesso e che condivido con lui. Il mio ministero sarà in continuità con il suo».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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