Chi ha sabotato il Nord Stream? «Gli Stati Uniti»

Il premio Pulitzer Seymour Hersh, giornalista investigativo americano, in un lungo e dettagliato articolo lancia la clamorosa accusa. Ma ha una sola fonte (anonima)

Esplosioni danneggiano il Nord Stream nel Mar Baltico (foto Ansa)

«Gli Stati Uniti hanno sabotato i gasdotti Nord Stream I e II». È Seymour Hersh, giornalista di 85 anni e premio Pulitzer nel 1970 per un’inchiesta sulla guerra in Vietnam, ad aver formulato la clamorosa accusa in un lungo e dettagliato articolo pubblicato l’8 febbraio sul suo blog personale. Secondo l’ex giornalista di New York Times, New Yorker e Associated Press, l’esplosivo che ha danneggiato i tubi dei gasdotti è stato piazzato a giugno durante un’esercitazione Nato da sommozzatori della Marina americana e fatto detonare tre mesi dopo, il 26 settembre. L’operazione segreta sarebbe stata organizzata dalla Cia con l’assenso di Joe Biden e della Norvegia. Casa Bianca, Cia e Pentagono hanno definito «completamente falsa» la ricostruzione. Hersh non ha prove dirette di quanto scrive e il suo resoconto si basa su una sola fonte militare americana, ovviamente anonima.

Sabotare il Nord Stream per colpire la Russia

La decisione di Biden di sabotare il Nord Stream per impedire che Vladimir Putin potesse usare le forniture di gas naturale come arma per ricattare l’Unione Europea, e soprattutto la Germania, sarebbe arrivata dopo nove mesi di discussioni segrete tra i responsabili della sicurezza nazionale di Washington. I quali non hanno discusso “se” condurre la missione, ma «come portarla a termine senza che si avesse la minima idea del responsabile».

La missione sarebbe stata affidata ai sommozzatori del Centro immersione e recupero della Marina americana di Panama City, dove si addestrano nella seconda piscina coperta più grande degli Usa subacquei specializzati nel piazzamento di ordigni negli abissi. La scelta sarebbe ricaduta su di loro perché il corpo non fa parte del Commando delle operazioni speciali, che deve obbligatoriamente informare in anticipo il Congresso americano delle sue azioni.

«Si tratta di un atto di guerra»

La decisione di sabotare i gasdotti Nord Stream I e II sarebbe stata presa da Biden insieme a Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale, alla sottosegretaria Victoria Nuland e al capo della Cia William Burns. Gli incontri per decidere come rispondere a un’eventuale invasione russa dell’Ucraina sarebbero iniziati a dicembre 2021. Diverse opzioni sono state vagliate su come far saltare i gasdotti, ma la Cia ha sempre sottolineato la necessità di un’operazione segreta perché, spiega la fonte di Hersh, «si tratta di un atto di guerra».

L’intenzione di sabotare il Nord Stream sarebbe stata anche dichiarata pubblicamente, secondo Hersh, che ricorda le parole risalenti al gennaio 2022 della Nuland, che al dipartimento di Stato disse: «Voglio essere molto chiara con voi oggi: se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 non andrà avanti».

Venti giorni dopo Biden disse in conferenza stampa: «Se la Russia invade l’Ucraina, non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine». Il presidente americano si riferiva alla fine “politica” del gasdotto oppure alla sua distruzione fisica? Tutti hanno sempre pensato alla prima ipotesi, Hersh è convinto della seconda.

Il ruolo della Norvegia nella distruzione del gasdotto

Secondo la fonte del giornalista investigativo americano quelle parole di Biden, non programmate, sono state fondamentali perché hanno permesso ai pianificatori dell’operazione di considerare la missione non più “segreta”, cosa che avrebbe richiesto la notifica al Congresso, ma un’operazione classificata di intelligence con il sostegno dell’esercito Usa, che non richiede di passare dal Congresso.

Biden avrebbe dato il suo assenso all’operazione in febbraio e a marzo emissari americani volarono in Norvegia per parlare del piano ai servizi segreti e alla marina norvegesi per capire in quale punto del Mal Baltico piazzare l’esplosivo. Perché proprio in Norvegia? Non solo perché si tratta di un paese Nato che non ha certo la Russia in simpatia, spiega Hersh, ma anche perché Oslo avrebbe potuto in parte rimpiazzare il gas naturale russo che non sarebbe più arrivato ai paesi europei.

La Marina norvegese identificò il punto esatto, a poche miglia dalle coste dell’isola danese di Bornholm, dove piazzare l’esplosivo a 260 piedi di profondità. Fornì anche le conoscenze adeguate per camuffare gli esplosivi, così che i sistemi di identificazione russa non potessero rilevarli. Venne anche trovata la data perfetta per piazzarli: durante le esercitazioni Nato, chiamate Baltops 22, che a giugno sarebbero state condotte nell’area identificata. Grazie a un timer, gli esplosivi sarebbero stati detonati a 48 ore di distanza.

Le esplosioni nel Mar Baltico

Quando tutto fu pronto, la Casa Bianca ebbe dei ripensamenti. E se qualcuno si insospettisce? E se qualche nave passa al largo dell’isola di Bornholm proprio in quel momento? Fu così stabilito che l’esplosivo sarebbe stato attivato da una boa sonar, lanciata da un aereo in mare al momento opportuno.

Il 26 settembre un aereo di sorveglianza P8 norvegese ha sganciato la boa sonora, il cui segnale ha attivato l’esplosivo piazzato sui gasdotti. Tre tubature su quattro hanno subito danni ingenti, rilasciando in mare il gas metano contenuto.

«Biden ha avuto gli attributi»

Hersh avrebbe così svelato quello che il New York Times ha definito «mistero» e che le indagini condotte dal procuratore svedese Mats Ljungqvist hanno chiamato «grave sabotaggio», senza però indicare il responsabile.

Secondo la fonte anonima di Hersh, l’unica – è bene ricordarlo – che ha dato origine all’articolo del giornalista, «devo ammettere che Biden ha davvero le palle. Ha detto che l’avrebbe fatto e l’ha fatto. È stata una meravigliosa operazione segreta. Con una sola pecca: la decisione di farla».

Foto Ansa

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