«Charlie Hebdo e islam radicale sono due nichilismi esasperati. Seguiamo la road map di Benedetto XVI»

Il cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, parla all'edizione francese di Tracce: «Bisogna trovare il giusto equilibrio tra fede e ragione»

Anche il cardinale arcivescovo di Lione Philippe Barbarin, dopo le stragi alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato kosher, è sceso in piazza con altri quattro milioni di francesi. «Non sono certo andato a dire “Je suis Charlie”», ci tiene a specificare, «ma per uno slancio di comunione con le vittime». È sceso in strada anche per «abbracciare il rettore della Grande moschea, perché sapevo quanto la sua presenza fosse un atto di coraggio», e spinto da una convinzione precisa: «Questa emozione non serve a niente se non si concretizza in decisioni e atti. Alcuni vogliono dichiararci guerra ma noi siamo più che mai determinati a batterci per la pace».

RAPPORTO ISLAM-TERRORISMO. In una lunga intervista rilasciata all’edizione francese di Tracce, mensile di Comunione e Liberazione, il cardinale non si sottrae a nessuna domanda, a partire da quella spinosa sul rapporto tra islam e terrorismo: «Jean-Pierre Denis, giornalista francese, spiega che l’islamismo è come un tumore che si sviluppa sul corpo dell’islam e che non bisogna affrettarsi troppo a dire che il primo non ha niente a che vedere con il secondo, altrimenti non si potrà mai procedere all’operazione». Violenza, ruolo della ragione e libertà di coscienza sono «questioni legittime, indispensabili, urgenti alle quali i musulmani sanno che devono rispondere».

ROAD MAP DI BENEDETTO XVI. Ma come si reagisce davanti a una strage perpetrata per «vendicare Maometto», con il dialogo o con la politica? «Le azioni politiche sono indispensabili a neutralizzare le sorgenti del terrorismo», la Chiesa però deve seguire «la road map disegnata da Benedetto XVI nel suo libro Luce del mondo: “È importante che manteniamo una relazione intensa con tutte le forze islamiche desiderose di dialogare e che possa avere luogo un’evoluzione delle coscienze dove l’Islamismo associa pretesa di verità e violenza”».

TESTO E CONTESTO. Una road map non astratta e che l’arcivescovo di Lione percorre soprattutto nel suo rapporto di amicizia con l’imam Gaci: «La nostra vicinanza fraterna e spirituale è» grande. Nel loro rapporto si realizza quella condizione indispensabile per «un vero progresso del dialogo interreligioso» e cioè «la stima reciproca che diventa ammirazione». Ma come affronta l’imam Azzedine Gaci i problemi della violenza, della ragione e della libertà di coscienza nell’islam? «Lui non smette mai di ricordare ai musulmani di Lione la formula “testo e contesto”, che invita chi legge il Corano a contestualizzare certe frasi nel mondo storico, sociale e politico. Questo aiuta a rimettere le cose nella giusta prospettiva». E bisogna «incoraggiare» chi fa questo lavoro, come il «presidente egiziano Al-Sisi, che mi ha molto stupito» per il suo discorso all’università sunnita di Al-Azhar.

ISLAM E OCCIDENTE. Islam e Occidente, però, condividono uno stesso problema: «Bisogna trovare il giusto equilibrio tra fede e ragione – continua il cardinale -: quando la ragione si crede onnipotente, dimentica della fede, cioè quando trova in se stessa la sua origine e il suo limite, allora diventa inevitabilmente una potenza di distruzione, come i grandi totalitarismi del XX secolo ci hanno mostrato. Lo stesso vale per la fede: quando non è più temperata dalla ragione, diventa integralista, fondamentalista, terrorista. E considera l’uomo come un mezzo a servizio della sua causa. Ecco perché mi piace la formula espressa dal cardinale Tauran, secondo cui la religione non è la soluzione ma “fa parte della soluzione”».

NICHILISMI A CONFRONTO. Peccato che in Francia, la dottrina della laïcité miri a far fuori uno dei termini, la fede. «Per me Charlie Hebdo è la manifestazione di un nichilismo esasperato con il quale si è scontrato un altro nichilismo, quello dell’islam radicale. (…) Detto questo, non dimentichiamo che ogni persona è un immenso mistero che aspetta e interpella il nostro amore, quali che siano le sue derive o i suoi eccessi».

«PREGHIERA SPINGE ALL’AZIONE». Ma qual è la posizione migliore per stare davanti alle «derive e agli eccessi» del mondo odierno? «Mi sembra importante non restare indifferenti alle immagini, ai suoni, alle informazioni che ci provengono ma bisogna metterle al posto giusto. Le tante notizie ci chiedono un surplus di vita interiore, come se in questo periodo di grande sete, bisogna abbeverarsi all’acqua di Dio, un’acqua più abbondante, più rinfrescante e più in profondità rispetto ai pozzi delle nostre anime. Ovviamente la preghiera ci spinge all’azione, prima di tutto però a un cambiamento dello sguardo per coltivare la benevolenza e decidersi per la pace». Detto dal cardinale arcivescovo che ha deciso di scendere in piazza con la Manif pour tous (in qualità di privato cittadino) e di guidare una delegazione di francesi in Kurdistan per portare sollievo ai cristiani perseguitati non è poco.

@LeoneGrotti

Exit mobile version