Perché gli accordi di pace in Centrafrica non funzionano

Martedì a Khartoum è stato firmato il sesto accordo di pace in cinque anni, ma non servirà a nulla finché lo Stato non avrà la forza di far rispettare la legge

Il 5 febbraio è stato firmato un accordo di pace a Khartoum tra il governo del Centrafrica e 14 gruppi armati. Il testo dell’intesa patrocinato dall’Unione Africana e siglato nella capitale sudanese non è stato rivelato, ma dovrebbe contenere un’amnistia almeno parziale per le milizie e alcuni posti di governo in cambio della cessazione delle ostilità. Dal colpo di Stato del 2013 e dalle violenze che ne sono seguite sono stati firmati almeno cinque accordi di pace: nessuno di questi è stato rispettato e le probabilità che anche quello di Khartoum abbia lo stesso esito sono alte. E i motivi sono diversi.

LO STATO È TROPPO DEBOLE

La guerra che semina violenza e morte in Centrafrica non ha niente a che vedere, innanzitutto, con rivendicazioni autonomiste. I gruppi armati che controllano circa il 75 per cento del territorio non mettono in discussione l’autorità formale dello Stato. Semplicemente la ignorano, sapendo che il governo che risiede a Bangui non ha la forza per far rispettare la sua autorità e la legge. L’esercito centrafricano, infatti, è ancora molto debole e l’Onu non è in grado di disarmare le fazioni armate, come dimostrato più volte in questi anni. Qualunque accordo, di conseguenza, è velleitario perché né lo Stato né la comunità internazionale hanno i mezzi per farlo rispettare.

L’AMNISTIA RAFFORZA LE MILIZIE ARMATE

La guerra non ha a che vedere neanche con rivendicazioni politiche. Le elezioni del 2016 che hanno decretato la vittoria del presidente Faustin-Archange Touadera non sono state tacciate di brogli e i gruppi armati non si sono in alcun modo opposti al risultato dello scrutinio. Ecco perché, secondo l’ex ambasciatore americano a Bangui Jeffrey Hawkins, che ha scritto un’eccellente riflessione sul Monde, «mettere sullo stesso piano il governo legittimo e i gruppi armati è un tradimento della volontà dell’elettorato. Offrire posti governativi a questi gruppi, che non hanno alcun sostegno popolare, danneggia la democrazia centrafricana».

A questa «asimmetria di fondo» («il governo parla per il popolo centrafricano, questi gruppi parlano solo per se stessi») bisogna aggiungere un altro tema. L’amnistia (che al momento non è confermata) sarebbe un pessimo segnale per il paese. Non consegnare alla giustizia chi si è macchiato di crimini di guerra non farà che rafforzare le milizie armate, inducendole a pensare che la violazione degli accordi e future nefandezze potrebbero non essere perseguite.

«PERCHÉ DOVREBBERO RISPETTARE L’ACCORDO?»

C’è infine un ultimo tema che fa legittimamente dubitare del buon esito e dell’efficacia degli accordi. Scrive Hawkins:

«Perché questi gruppi armati dovrebbero rispettare un accordo? Attualmente controllano dei traffici molto lucrativi – diamanti, oro, bestiame – che né lo Stato né le Nazioni Unite sono in grado di contrastare. Il paese allo stato attuale è incontrollabile e instabile. Nessuno ha le capacità di porre un freno alle razzie delle milizie. Accetteranno davvero di scambiare il controllo delle miniere e del territorio in cambio di un’amnistia e di qualche poltrona a Bangui? Firmare un accordo è un conto, rispettarlo è un altro paio di maniche».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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