Caro amico, è perché appartengo a Gesù che mi permetto di “rompere le scatole”

Pubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Padre, ho letto il suo “Come faccio a chiedervi un euro per i miei figli se il vostro cuore non batte più?” e mi rivolgo a lei non soltanto per sollevare obiezioni, ma per avere una direzione spirituale.

La frase con cui lei ha aperto il suo messaggio è l’esatta fotografia di quello che un cristiano cattolico è costretto a subire da un po’ di anni a questa parte. Una soppressione invadente della coscienza altrui! O il mio cuore batte come il tuo o non batte o merita di non battere. Questo invito alla carità soverchiante rischia di soffocare anche chi non ha mai avuto problemi di condivisione: anche un assetato rischia di affogare se gli si dà da bere più di quanto può ingurgitare. La carità oggi ha un unico volto, quello di uno straniero.

Quanti bambini italiani ha tra i suoi “figli”? Guardiamo l’informazione: se vuoi parlare di povertà ecco la foto trita e ritrita di un bimbo africano malnutrito, assalito da un nugolo di mosche. Ma in Italia non ci sono bambini malnutriti? Non ci sono persone povere che sono costrette a rovistare tra i cassonetti dei rifiuti? La nausea sta salendo dallo stomaco di tanti cristiani. “Aprite le porte delle vostre parrocchie!”. Forse che aprendo le porte i morti nel Mediterraneo non ci sarebbero stati?

La priorità non sta nell’impedire che si mettano nella condizione di perire in mare? Siamo talmente pressati da una miriade di inviti alla solidarietà, che se ne manchi uno ti senti in colpa, anche se ne hai accolti novantanove! Liberate le nostre coscienze per favore, e non venite a dire che il nostro cuore non batte più!

I soggetti delle sue cure li ha sempre sotto gli occhi, noi abbiamo il mondo intero senza riuscire a vederne nessuno! Come pellegrino, interi popoli da accogliere, come povero e affamato, anche se ben vestito e ben nutrito, immense folle. Alcuni santi hanno meritato, per il loro amore verso il Signore, l’appellativo di “folle di Dio”, oggi invece vedo la follia verso il povero che nulla ha che vedere con l’amore di Dio. La prego padre, mi convinca del mio errore, perché le assicuro che non è un bel vivere il mio! Ma nel Signore è la mia forza!

Lettera firmata

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Mi ha fatto piacere la sua reazione “furibonda”. Una domanda rivolta mediante Tempi ai mille amici di un tempo. Però mi rallegro che anche lei legga il settimanale e si sia sentito provocato.

A parte la modalità e alcune espressioni sui poveri che mi feriscono, desidero dirle che, come sacerdote e figlio di don Giussani, l’amore ai poveri, nel senso più ampio possibile che si possa intendere con questa parola, nasce dal mio amore appassionato a Gesù. È Gesù il cuore della fede, è Gesù l’Avvenimento che si chiama cristianesimo. Affermava don Giussani il 4 giugno 1975 in un Congresso a cui era stato invitato: «L’essenza del fatto cristiano non è l’annuncio ai poveri, agli operai o dei doveri di giustizia sociale. Ma l’annuncio che Dio si è fatto uomo, dando a tutti gli uomini la possibilità di essere uomini!».

L’esempio di mia madre
La Chiesa ha vergogna di Gesù, e questo spiega quanto lei afferma. Abbiamo ridotto la Chiesa a una Ong. Mi risuona nella mente quanto disse Paolo VI molti anni fa: «Dove sta il popolo di Dio, del quale tanto si è parlato e si parla? Dove sta questa “entità etnica sui generis”, che si distingue e si qualifica per il suo carattere religioso messianico, sacerdotale e profetico che confluisce totalmente verso Cristo, come suo centro focale e che fa derivare tutto da Cristo?».

È partendo da questa mia drammatica appartenenza a Gesù che mi permetto di “rompere le scatole” agli amici, ma anche a lei. È la mia passione per Gesù, per la Chiesa, che diventa passione per i poveri. La casa del Signore è solo il popolo dei battezzati o è l’intero universo? Papa Francesco l’ha definito un “ospedale da campo”. Per cui l’insensibilità verso i poveri e il fastidio che provoca la continua richiesta di aiuto è il frutto di un cuore che non batte più per Gesù. I poveri ci infastidiscono perché suscitano domande che rompono il nostro modo borghese di vivere.

Non dimentichi mai che tutti i santi, proprio perché folli di Dio, erano folli dei poveri. “Agere sequitur esse”, ci insegnavano in seminario. La mia mamma riceveva da tanti santuari il vaglia postale. Nella sua povertà mandava a tutti un’offerta, e lo faceva con gioia. Lei, che apparteneva alla grande schiera dei poveri, era una donna innamorata di Gesù e della Madonna.

paldo.trento@gmail.com

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