Lo sporco accordo petrolifero di Biden con il dittatore Maduro

Washington concede una sospensione delle sanzioni al Venezuela, regime amico dell'Iran, in cambio dell'ok a sfruttarne i giacimenti petroliferi. E ignora la Guyana, storico alleato Usa

Una petroliera nel Lago di Maracaibo, in Venezuela (foto Ansa)

L’amministrazione Biden concede alla Chevron l’ok per pompare petrolio in Venezuela in cambio di «aiuti umanitari». «Una volta pubblicizzata come un’utopia socialista, la nazione con le più grandi riserve di petrolio del mondo si ritrova a chiedere agli stessi capitalisti che i suoi ammiratori di sinistra demonizzano un’ancora di salvezza», ha scritto domenica sul New York Sun, Dean Karayanis, acuto analista e storico.

Il disastro della dittatura Maduro in Venezuela

Questa distopia non è ciò che Chávez promise quando nazionalizzò il petrolio e altre industrie nel 2007. Era solo l’ultimo uomo di sinistra a insistere sul fatto che il “vero comunismo” non era mai stato provato. Da allora criminalità e narcos al governo, l’esodo di oltre 7 milioni di venezuelani, l’inflazione e la cosiddetta “Dieta Maduro”, dal nome del dittatore della nazione sudamericana che fece perdere al 75 percento della popolazione adulta una media di 20 Kg in 24 mesi, tra 2016 e 2018 (prima delle sanzioni di Trump per la cronaca).

«Il Venezuela sta finendo il cibo», diceva la Cnn nel 2017. «Gli ospedali sono sovraffollati di bambini malati mentre i medici non hanno abbastanza medicine o macchine a raggi X. L’elettricità non è garantita. L’unica cosa che il Venezuela ha in abbondanza è il caos», continuava la tv di Atlanta, grande supporter di Biden. Sordo al buon senso e ai diritti umani, Maduro ha raddoppiato le politiche chaviste di repressione ed espropriazione dell’impresa privata che hanno trasformato una nazione che un tempo era la più ricca del Sud America in un disastro.

L’accordo di Biden con Maduro per sfruttare il petrolio

Oggi la nuova narrazione, onusiana e progressista, è che non è Maduro responsabile del disastro, bensì l’odiato sistema yankee, il capitalismo e le sanzioni “genocide” di Trump (iniziate solo nel 2019, per la cronaca). Peccato solo che siano balle. Dove mai marxismo e comunismo hanno prodotto abbondanza? La risposta standard dei sostenitori di Maduro in Europa è la Scandinavia, ma è un miraggio, come ha scritto l’anno scorso su Foreign Policy il direttore del Centro europeo per l’imprenditorialità e la riforma politica, Nima Sanandaji. «Danimarca, Norvegia e Svezia non dovrebbero essere considerate utopie socialiste», perché i mezzi di produzione non sono mai stati nelle mani del governo. «Gran parte della forza delle società nordiche risiede nel sistema avanzato del libero mercato, motivo per cui è essenziale che stiano tornando alle loro radici centriste».

Resta il fatto che il governo Biden ha aspettato che gli americani fossero distratti dalla festa del Ringraziamento per annunciare la notizia dell’accordo con il dittatore Maduro per aumentare la produzione di greggio bituminoso e pesante tramite joint venture controllate da una dittatura alleata con l’Iran, il Venezuela per l’appunto. L’Amministrazione Biden crede che, in cambio della licenza concessa dal tesoro Usa alla statunitense Chevron di operare nel bacino dell’Orinoco, «la dittatura chavista stia valutando in cambio un ritorno a libere elezioni» scrive oggi il Wall Street Journal che, oltre a criticare la mossa della Casa Bianca, denuncia anche «lo sforzo del Team Biden per impedire lo sviluppo di enormi riserve di greggio dolce leggero dalla Guyana, che invece è un alleato degli Stati Uniti».

Biden bastona gli alleati e premia i nemici degli Usa

Difficile comprendere perché Biden bastoni gli alleati e premi violatori di diritti umani conclamati come Maduro e soci. «I responsabili politici di Washington occasionalmente fanno errori di calcolo che aiutano i nemici americani, minano lo sviluppo in un paese povero o danneggiano gli interessi economici degli Stati Uniti», continua Anastasia Mary O’Grady sul WSJ nella sua analisi, «ma fare una tripletta così deleteria richiede davvero una miscela molto speciale di cecità ideologica e incompetenza che è misericordiosamente rara. Tuttavia, come dimostra il trattamento riservato dall’amministrazione alla Guyana, succede».

In una regione che negli ultimi anni è stata sempre anti-yankee, la Guyana, al confine sud-est del Venezuela e a nord del Brasile, piccola nazione anglofona di 800mila abitanti, è sempre stata un asset strategico per gli Stati Uniti. Inoltre, da quando nel 2015 Exxon Mobil ha scoperto nel paese riserve stimate di oltre 11 miliardi di barili di petrolio (su base pro capite solo il Kuwait ha più petrolio) a basso contenuto di zolfo, l’opposto del catrame che esce dal Venezuela, era logico attendersi da Washington un atteggiamento opposto a quello di Biden.

Invece, il prestito della BID, la Banca interamericana di Sviluppo, chiesto dalla Guyana per aggiornare le infrastrutture necessarie per esportare il petrolio in sicurezza e già pronto a essere erogato, è stato bloccato dal veto proprio degli Stati Uniti di Biden. Il motivo addotto? I cambiamenti climatici. Peccato che nel frattempo la Cina proprio in questi giorni stia firmando contratti per costruire infrastrutture in Guyana e partecipare al suo boom petrolifero. Proprio mentre Biden tende la mano al peggiore inquinatore e violatore di diritti umani dell’America Latina, per aumentare le sue forniture di greggio. Una follia.

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