Solo Berlusconi può far cadere un governo prima che nasca

A che pro un comportamento simile? Quale vantaggio spera di ottenere? Intanto in Parlamento si formano gruppi di "responsabili" pronti a ogni evenienza

Silvio Berlusconi con Marta Fascina, Camera dei deputati, Roma, 18 ottobre 2022

Inutile avventurarsi in interpretazioni psicologiche o in retroscena che, al momento, sono tutti plausibili sulle reali intenzioni di Silvio Berlusconi. Restiamo ai fatti. E i fatti sono che il leader di Forza Italia, involontariamente o per calcolo, sta picconando un governo che ancora non c’è. Il suo governo, della sua maggioranza, per il quale ha chiesto in campagna elettorale il voto.

Gli audio che l’altro ieri e ieri sono stati diffusi riguardano il conflitto in Ucraina. Alcune di queste considerazioni, Berlusconi le aveva già fatte pubblicamente. Ma è il tono e il timing a mettere in estrema difficoltà Giorgia Meloni, a poche ore da quell’incarico che le dovrebbe essere assegnato. E mettono in un angolo, innanzitutto, Berlusconi stesso, dopo giorni di “vaffanculo” plateali e foglietti esibiti ai cronisti della Camera.

Non servono sondaggi per capire che non è questo ciò che i suoi elettori si aspettano da lui. Così come non servono analisi politologiche per comprendere che ora vedere un Antonio Tajani agli Esteri è più difficile. Quindi a che pro un comportamento simile? Quale vantaggio Berlusconi spera di ottenere? L’unico risultato è indebolire Meloni e mettere Sergio Mattarella nella posizione di chi ha qualche scusa per arginare “l’impresentabile” Silvio. La sinistra non aspettava altro.

Meno male che Silvio c’è

A proposito. «Ci toccherà presto cantare, sia pure di nascosto, “per fortuna che Silvio c’è”», scriveva ieri Michele Serra nella sua “Amaca” su Repubblica. In effetti, in questi giorni che separano il voto dall’incarico a Meloni, l’unica opposizione al futuro governo di centrodestra l’ha fatta chi quel centrodestra l’ha fondato e guidato per anni.

Alla battaglia Meloni arriva meno impreparata di quanto appare. Un segnale era già stato dato nella distribuzione dei collegi uninominali, dove Meloni, generosamente, aveva lasciato spazio a candidati centristi, cedendo posti che sarebbero stati “suoi”. Una mossa astuta, figlia di un calcolo e di un timore: erano quelle le settimane in cui si discuteva di un futuro accordo tra Lega e Forza Italia che, fuse e sommate, avrebbero potuto rivendicare per sé l’incarico a formare il governo.

I “responsabili”

Poi il risultato della compagine centrista è stato sotto le aspettative, ma in parlamento un drappello di loro è stato eletto. E l’altro ieri – segnale importante – al Senato si è formato il gruppo “Maie, Noi Moderati, Civici d’Italia”. Ai due senatori di Noi Moderati – Antonio De Poli e Michaela Biancofiore – e all’eletto all’estero Mario Alejandro Borghese si sono aggiunti tre parlamentari provenienti da Fdi: Giorgio Salvitti, Giovanna Petrenga, Antonio Guidi.

Manovre simili sono in corso alla Camera, dove un altro gruppo centrista è in via di formazione.

Una tragicommedia

Insomma, ci si sta muovendo nella tempesta, secondo il vecchio adagio che “prevenire è meglio che curare”. I nuovi gruppi potranno così diventare l’approdo naturale per quei forzisti che, se costretti, dovrebbero cercare alternative fuori dal partito, ma nel perimetro del centrodestra. E magari anche per i renziani, già ai ferri corti con gli azionisti di Carlo Calenda.

Che un governo non ancora nato rischi di morire e che già ha bisogno di formare gruppi di “responsabili” dà il senso della tragicommedia politica cui stiamo assistendo.

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