Belgio. Prima la uccide con l’eutanasia, poi la paragona a un «animale»

Per la prima volta nella storia del Belgio tre medici a processo per un caso di eutanasia. A Tine Nys, 38 anni, fu diagnosticato nel 2010 un finto autismo per autorizzarne la morte. Il medico fece reggere l'ago al padre

Tine Nys, al centro, insieme alle sorelle

Comincia oggi a Ghent, in Belgio, uno dei processi più importanti della storia recente del paese. Per la prima volta da quando l’eutanasia è stata legalizzata nel 2003, verranno giudicati tre medici accusati di aver avvelenato una donna, praticandole l’eutanasia su sua richiesta, ma falsificando la sua reale condizione clinica e agendo in modo incompetente e irrispettoso.

I DOCUMENTI MEDICI «FALSIFICATI»

Tine Nys ha ricevuto l’iniezione letale il 27 aprile 2010 all’età di 38 anni. La donna aveva chiesto di essere uccisa dopo che si era interrotta la relazione con il suo fidanzato. La donna, perfettamente sana, si era rivolta innanzitutto allo psichiatra che l’aveva curata quando aveva all’incirca 20 anni, ma questo si era rifiutato di accettare la sua richiesta, non ravvisando quella malattia psicologica «cronica e incurabile» richiesta dalla legge per autorizzare l’iniezione letale.

Allora Nys si rivolse alla famosa psichiatra Lieve Thienpont, la stessa che autorizzò la morte di Godelieva De Troyer (qui l’incredibile storia raccontata da Tempi) e che secondo i media belgi è coinvolta in un terzo di tutti i casi di eutanasia per problemi psichiatrici in Belgio. La stessa psichiatra, a riguardo di un altro caso, quello di Laura, dichiarò a tempi.it parlando dell’eutanasia: «Sapere che può essere aiutata a morire, le conferisce serenità e le dà il coraggio di continuare a vivere».

Dopo due o tre sessioni con Nys, denuncia la famiglia della donna, Thienpont le diagnosticò la Sindrome di Asperger, la stessa forma lieve di autismo di cui è affetta Greta Thunberg, e in base a questa diagnosi autorizzò l’eutanasia. Dopo la morte di Nys, Thienpont cercò anche di ostacolare il tentativo della famiglia di ottenere i documenti medici della donna, come rivelato dall’Associated Press: «Dobbiamo fermare queste persone», scrisse Thienpont ad alcuni colleghi parlando della famiglia della donna. «È una famiglia gravemente traumatizzata, ferita e anormale con davvero poca empatia e rispetto per gli altri. Inizio a capire meglio le sofferenze di Tine».

PARAGONATA A UN «ANIMALE DOMESTICO»

Tra i motivi che hanno spinto i genitori e le due sorelle di Nys a denunciare Thienpont e altri due medici coinvolti nell’eutanasia della donna c’è anche la scena grottesca che ha avuto luogo il giorno della morte. Il medico che arrivò il 27 aprile 2010 a casa Nys per praticare l’eutanasia alla donna si dimostrò incompetente e irrispettoso: dopo essersi dimenticato di portare con sé bende e cerotti, chiese al padre della donna di tenere l’ago in posizione conficcato nel braccio di Tine, mentre lui amministrava l’iniezione. Poi, a morte avvenuta, chiese a un membro della famiglia di verificare con lo stetoscopio che il cuore di Tine non battesse più. Prima di uscire di casa, arrivò a paragonare la morte della donna alla «iniezione letale che si amministra al proprio animale domestico per alleviare le sue sofferenze».

PRIMO PROCESSO SULL’EUTANASIA

È la prima volta che un caso di eutanasia arriva fino a un tribunale in Belgio, anche se l’esito appare scontato. L’anno scorso, in Olanda, per la prima volta un medico è stato processato dopo aver amministrato l’eutanasia a una donna che aveva chiesto di non morire. Nonostante la commissione di controllo sull’eutanasia avesse ammesso che «è stato oltrepassato il limite», il giudice ha sentenziato che verificare la volontà della paziente è «una precauzione non necessaria». A conferma che una volta che l’eutanasia viene approvata, neanche il paletto dell’autodeterminazione regge più davanti alla cultura della morte.

Oggi nel tribunale di Ghent, sottolinea Reuters, sarà nominata la giuria, mentre venerdì il pubblico ministero esporrà le ragioni dell’accusa. Lunedì toccherà agli imputati difendersi.

@LeoneGrotti

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