Non c’è bisogno di credere in Dio per credere nei miracoli

Per Corrado Augias non esistono pause nel quotidiano esercizio di denigrazione della Chiesa. Oggi nella rubrica della posta su Repubblica, rispondendo alla lettera di Mario Riccio, il giornalista se la prende coi miracoli. Innanzitutto una premessa: Mario Riccio è il medico che, come scrive Augias, fu «autore di un gesto di profonda misericordia: interruppe la ventilazione meccanica aiutando Piergiorgio Welby a morire. È stato accusato di “omicidio del consenziente”, poi prosciolto». Nella sua missiva Riccio si dice stupefatto di non aver trovato «alcun commento critico su alcuni aspetti della recente beatificazione dei due papi. La Chiesa cattolica fonda la santificazione sulla supposta realizzazione di miracoli che, per tradizione, riguardano aspetti medici». Quindi, più avanti, domanda: «Non sarebbe meglio se la Chiesa proclamasse la santità di chi ritiene opportuno lasciando da parte i temi della medicina che riguardano la sofferenza e le speranze di milioni di persone anche non credenti in alcuna superstizione?».

Nella sua risposta, il giornalista di Repubblica, dopo aver premesso che «a dei non cattolici non è lecito criticare le procedure interne con le quali quella Chiesa decide se e come elevare alcuni suoi rappresentanti agli onori degli altari», scrive che «quando si ha a che fare con la malattia e la morte si tende a perdere il controllo della ragione per ricorrere a ogni possibile aiuto, miracoli compresi». Quindi i miracoli sarebbero, in sostanza, delle proiezioni della nostra fantasia che nulla hanno a che fare con la scienza, la ragione, la razionalità, la medicina. Credenze buone per bigotti a cui darla a bere.

In realtà, è vero l’esatto opposto. La Chiesa ha così grande rispetto della ragione umana che è molto cauta sui miracoli. Prima di riconoscerne uno, usa una saggia prudenza e, soprattutto, si affida alla conoscenze e ai pareri di scienziati che – lo notino Augias e Riccio – vengono selezionati per indagare i casi non in base alla loro fede, ma alle loro competenze. Quindi non vengono scelti i più pii, ma i migliori. Solo dopo aver ascoltato il loro parere, la Chiesa procede a un lungo ed elaborato procedimento che porta alla beatificazione e poi alla canonizzazione. Se una guarigione è spiegabile dalla scienza medica, la Chiesa non parla di miracoli. Vi pare un procedimento anti-scientifico, anti-razionale, anti-medico? Si può non credere che essi siano frutto di un intervento divino, ma non si può accusare la Chiesa di non rispettare la scienza.

Queste sono tutte cose note che solo gente in malafede come il “misericordioso” Riccio e il colto Augias possono fingere di non sapere. Forse farebbero bene a leggere l’intervista che abbiamo realizzato con Jacalyn Duffin (foto a sinistra), prestigiosa ematologa e storica della medicina canadese, atea, chiamata a sua insaputa dal Vaticano nel 1986 ad analizzare un campione di sangue di una donna che affermava di essere stata miracolata da Marie-Marguerite d’Youville, oggi prima santa canadese. Duffin, tutt’oggi atea convinta, ha contribuito da “testimone cieca” alla santificazione. Addirittura lei, non credente, ha dovuto “combattere” col Vaticano perché fosse riconosciuto il miracolo.

Come dice Dufin, «pensavo che la Chiesa cattolica si accontentasse di qualcosa del tipo: “Stavo male, ho pregato e ora sono guarita. Quindi è un miracolo”. Invece no, il processo è davvero tecnico: il Vaticano non vuole opinioni ma fatti e richiede che vengano messe in campo le più avanzate conoscenze scientifiche disponibili». Secondo lei «non è la Chiesa che allontana la scienza, sono gli scienziati che hanno eretto un muro artificiale tra loro e la Chiesa. Perché sono ignoranti».

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