Anche l’esercito francese caccia Mila da scuola per paura di attentati islamici

Nella Francia che ciancia di "islam repubblicano" i militari scaricano la sedicenne che si è attirata minacce di morte e stupro da migliaia di musulmani. «Codardi», tuona il padre

La sedicenne francese Mila, ospite il 3 febbraio scorso della trasmissione “Quotidien”

Mila non potrà tornare a scuola: secondo il ministère des Armées francese «la sua permanenza nell’istituto rappresenta un rischio che non possiamo accettare, né per lei, né per i 750 alunni della nostra scuola». È normale che in un paese come la Francia perfino i militari dicano a una ragazzina che non può andare a scuola da loro perché «è pericoloso»? «Ma se neanche l’esercito può permetterle di proseguire gli studi, che cosa possiamo fare noi genitori? Per noi è un film dell’orrore», tuona oggi suo padre in una “lettera ai codardi” pubblicata da Le Point.

Chi è Mila? Questa sedicenne che frequentava il Léonard-de-Vinci di Villefontaine, vicino a Lione, è diventata molto più che una seccatura per Eliseo e dintorni. “Frequentava”: da circa un anno vive infatti con la famiglia in una sorta di regime di protezione speciale da parte della polizia francese. Tutta colpa di una boiata sui social che in pochi giorni è diventata un affare di Stato. Che ha combinato Mila? È una bella ragazza tutta sogno di fare la cantante e arcobaleni, vive su Instagram postando video, gorgheggiando, inneggiando alla comunità Lgbt. Una sedicenne, insomma. Che sempre su Instagram il 19 gennaio scorso respinge, come le sarà capitato altre volte, avances da un insistente ragazzo musulmano. Dapprima cortesemente, poi i due trascendono, lei si dichiara omosessuale, lui e una banda di amici islamisti iniziano a insultarla, la chiamano “sporca lesbica” e “francese di merda”, lei perde le staffe e risponde con un video in cui dichiara di odiare tutte le religioni ma in particolare dell’islam dice: «La vostra religione è solo m…, il vostro Dio? Gli metto un dito nel… Grazie e arrivederci».

DA BOIATA SOCIAL A FATTO DI STATO

Arrivederci mica tanto: il turpiloquio sfrenato dei due viaggia in rete, Mila viene travolta da migliaia di messaggi e minacce di morte, tortura, stupro, seguaci di Allah le assicurano che creperà atrocemente. La magistratura indaga sia sulle minacce (che porteranno all’incriminazione di tre minori) sia sull’incitamento all’odio della ragazza (azione penale poi archiviata), il caso finisce sui giornali. Nicole Belloubet, ministra della Giustizia del Paese, condanna le esternazioni di Mila come «insulte à la religion» e un «atteinte à la liberté de conscience», il presidente Macron interviene per sedare l’inevitabile pugna governativa ricordando che in Francia è garantito «il diritto alla blasfemia». Ma il dibattito nientemeno che sul principio fondamentale di laicità in Francia, l’abrogazione del delitto di blasfemia che risale al 1881, nonché la vexata quaestio di una legge a difesa dei valori repubblicani era stato innescato: per mesi la vicenda di Mila, liquidata da Ségolène Royal come quella di «un’adolescente irrispettosa» che non dovrebbe essere «portata a simbolo della libertà di espressione» ha fatto da sfondo o richiamino en passant nelle drammatiche vicende della Francia alle prese con l’islamismo radicale, dal processo sull’attentato terroristico a Charlie Hebdo del 2015, ai nuovi attacchi davanti alla sede del giornale e alle chiese, fino alla terrificante decapitazione del professor Samuel Paty.

«FATE DI MILA UN NUOVO SAMUEL PATY»

E Mila, intanto? Mila viene “nascosta” in un pensionato militare, i genitori accusano il suo liceo di aver chiuso troppe volte un occhio su episodi simili avvenuti a scuola, rifiutano che possa trovare giustificazione «l’idea di uccidere una ragazza di 16 anni: la scuola della Repubblica, proclamano, «non può vivere sotto il regime del terrore religioso. La National Education deve essere intransigente in materia di laicità». Eppure a settembre non c’è una scuola della Repubblica disposta a prendersi in classe la ragazzina, raggiunta da minacce di morte e stupro da un algerino francese (poi arrestato) perfino durante l’estate quando si reca in soggiorno studio a Malta. Tocca ai militari accollarsela nel loro liceo a patto, spiegano alla famiglia, che la cosa resti segreta e Mila non riveli dove sta studiando. E qui Mila combina un altro pasticcio. Non solo a novembre, esaurita da una media di trenta minacce ogni mezz’ora (circa trentamila, scrivono i giornali francesi da quando la ragazzina “abbandonata” al regime di protezione speciale comunica con il mondo solo attraverso i social) torna a insultare Allah su Tik Tok e viene travolta su Twitter da utenti che propongono di farne «un nuovo Samuel Paty». Ma chiacchierando in videochat con un amico le scappa il nome dell’istituto in cui studia segretamente da febbraio. E a darle l’arrivederci questa volta è il colonnello-preside per paura di ritorsioni.

ANCHE L’ESERCITO ABBANDONA MILA

Non che si tratti di un’espulsione, si giustificano i militari, «ai genitori di Mila è stato suggerito di continuare, per un po’, la sua istruzione a distanza in un luogo sicuro, mentre la situazione non si calma. Lei rimane una nostra studentessa. È minorenne. Il sostegno dei suoi genitori è essenziale». Ma il padre ha già sbottato. Mila ha trasgredito l’ordine di non usare mai più il cellullare, «che è come obbligare qualcuno aggredito per strada a non uscire mai più di casa», scrive il padre, «ma a differenza di lei, colonnello, e di tanti altri, Mila non si sottometterà mai» prosegue dicendosi «devastato da tanta codardia e rassegnazione».

Mila non è una martire del diritto d’espressione né alla blasfemia. Mila è solo una sventata sedicenne. Ma che l’esercito francese abbia paura degli attentati e la scuola sacrifichi il suo diritto allo studio per  non sobillare i jihadisti allevati in patria, questa, nella Francia che promette di reinventare lo Stato teologo e arrogarsi il diritto di insegnare ai musulmani ciò che l’islam è o dovrebbe essere per far nascere un “islam repubblicano”, è una notizia che dovrebbe terrorizzare i cittadini.  

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