A chi piace l’alleanza tra popolari e conservatori europei

Il leader del Partito popolare europeo, Manfred Weber, con la premier Giorgia Meloni (foto Ansa)

Su Formiche si dà conto di un’analisi firmata da Stefano Graziosi e James Jay Carafano per Heritage Foundation: «”Un blocco Ppe-Ecr – prosegue l’analisi – potrebbe anche rafforzare le relazioni transatlantiche, in parte perché il centrodestra europeo e i conservatori americani la vedono allo stesso modo su una serie di questioni, tra cui lo scetticismo sulla politica climatica; questioni educative, familiari e di genere; immigrazione e sicurezza delle frontiere; la pace attraverso la forza e il sostegno alla Nato”. E qui arriva la parte più significativa del posizionamento che Giorgia Meloni, sin dai primi giorni dell’esercizio del suo mandato da presidente del Consiglio, ha voluto imprimere. Filo atlantica. Senza se e senza ma. “Una delle sue prime iniziative – si legge nell’articolo – fu quella di rafforzare i legami con la Polonia. Varsavia è in prima linea contro la Russia all’interno dell’Alleanza Atlantica ed è un fedele alleato americano. Inoltre, la Meloni punta chiaramente ad abbandonare la sudditanza italiana all’asse franco-tedesco e, invece, a porre Roma al centro di una nuova rete internazionale insieme a Stati Uniti, Polonia e (forse) Gran Bretagna”. A rafforzare questa tesi c’è anche il fatto, non banale, dei dissapori nati in seno alla gestione dei flussi migratori tra Palazzo Chigi e l’Eliseo».

Graziosi e Carafano riportano un’analisi di una fondazione americana “conservatrice” ma che in larga misura rappresenta anche il punto di vista dell’amministrazione democratica.

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Su Start Mag Giuseppe Liturri scrive: «Ieri, leggendo il professor Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera, non credevamo ai nostri occhi. Al professore bocconiano sono state sufficienti poche righe per demolire il Mes. Sarà stata voce dal sen fuggita, sarà stato perché aveva l’intento di assegnare al Mes un nuovo ruolo, il risultato finale è stata un’operazione di distruzione condotta con precisione chirurgica. Due gli argomenti contro il Mes nella sua attuale versione ed in quella in attesa di ratifica da parte dell’Italia. Ratifica che viene ritenuta necessaria, salvo poi fornire l’argomento per considerarla inutile. Dapprima la semplice constatazione che “chiedere aiuto al Fondo significa ammettere che quel Paese non riesce più a finanziarsi sul mercato: un segnale di debolezza che potrebbe scatenare la speculazione”. È quanto da tempo ripetiamo, scritto in modo molto diretto che non lascia spazio ad equivoci. Ricorrere ai finanziamenti del Mes significa – per esplicita previsione del Trattato che lo disciplina – ammettere che i rapporti con i mercati finanziari sono ormai logorati ed a forte rischio di essere interrotti, se non proprio già interrotti. Significa inviare un segnale devastante. Soprattutto se lanciato da un Paese come l’Italia, che è uno dei più grandi emittenti mondiali di debito sovrano, e non certo piccole realtà come Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Cipro, che in passato hanno avuto accesso al fondo. Ma Giavazzi ne ha anche per una delle modifiche più importanti del Mes riformato. Si tratta del prestito-paracadute erogato dal Mes a favore del fondo che interviene ad arginare le crisi bancarie, con lo strumento della risoluzione».

Il fatto è che Giavazzi al contrario di Mario Monti è assai legato a Mario Draghi e quindi al punto di vista di una Washington che tutto vuole tranne che una crisi italiana (e, naturalmente, una parallela sottomissione in stile appunto montiano al peraltro vacillante asse franco tedesco).

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Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «C’è sempre qualcuno più sovranista di te. È l’amara verità con la quale il governo italiano deve fare i conti dopo l’alzata d’ingegno del decreto sicurezza (sicurezza di chi?) con cui aveva pensato di far valere la sua propria legge contro quelle internazionali in fatto di migrazioni e salvataggi in mare. La Svezia, governata dalla destra con l’apporto essenziale del partito xenofobo dei “democratici” (virgolette quanto mai necessarie), non ha la minima intenzione di far passare la riforma del sistema di distribuzione dei profughi che nelle intenzioni di Meloni e Piantedosi avrebbe dovuto rendere praticabile la stretta agli arrivi per mare nel nostro paese».

All’analisi un po’ frettolosa del tradimento che i sovranisti svedesi avrebbero compiuto nei confronti dei sovranisti italiani, sfugge come, al fondo, l’ampia area moderata-conservatrice che si sta compattando nell’Unione europea pone un problema di governance più articolata che passa per forza da pause di riflessione come quelle chieste da Stoccolma.

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Sulla Nuova bussola quotidiana Rubens Razzante scrive: «Non si possono non tirare conclusioni amare su questo ennesimo esempio di politicizzazione della pandemia e della sua gestione da parte delle istituzioni e del mondo scientifico, con scelte discutibili che alimentano ulteriori dubbi sulla bontà e sull’utilità di tante restrizioni anti-Covid imposte per anni alla popolazione. Soprattutto, però, questa politicizzazione viene alimentata da alcuni media che speculano per finalità di audience, senza avere minimamente a cuore i diritti dei cittadini e alimentando un clima da caccia alle streghe mediante l’utilizzo (inopportuno) di intercettazioni».

E’ un peccato vedere una persona di qualità come Alberto Crisanti che ha avuto alcune importanti intuizioni all’inizio dell’esplosione del Covid 19 in Italia, perdersi tra narcisismi, meschine politicizzazioni, risentimenti, piccoli egoismi personali (tipo guadagno più da ricercatore o da parlamentare?).

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