L’embrione è uno di noi o no? Chi manipola la vita badi a come parla, consiglia il diavolo

Ci si lamenta perché la legge 40 «impedisce ai bambini di nascere», ma prima della fecondazione non c’è alcun bambino, nota Berlicche. E poi come lo difendi l'aborto?

Mio caro Malacoda, nell’affermazione del primato della volontà bisogna conservare una parvenza di ragionevolezza. Abbiamo ormai dato dignità di ragionamento alla concatenazione di luoghi comuni ma, come al solito, la sicurezza di sé data dalla convinzione di avere dalla propria parte lo spirito del tempo e l’opinione pubblica fa inciampare in infortuni che stridono con la nostra presunta superiorità intellettuale.

Ricordi quel Papa che ripeteva in continuazione che bisogna «allargare la ragione»? Aveva colto nel segno. Sono secoli che noi lavoriamo invece per restringerla e ridurla alla sua capacità logica, per distaccarla dall’ancoraggio con la realtà, magnificando l’astrattezza della struttura del suo procedere e facendone un puro linguaggio nominalistico. Però bisogna stare attenti a non esagerare: all’uomo più astratto del mondo piace sentirsi concreto oltre che logico. L’abbassamento del logos alla logica, purtroppo, alla fine fa perdere anche le capacità logiche.

Leggi, ad esempio, questa frase di un illustre giurista che si considera un vessato dalle leggi del paese in cui vive, ma si consola con il “capire qualcosa di diritto” e “l’affaccio su un giornale”. Dice, l’Azzeccagarbugli di qualità, che in Italia ci sono molte «ingiustizie che ci avvelenano la vita». Parla di una sua disavventura con il fisco e la paragona alla «legge sulla procreazione assistita, che proibisce la fecondazione eterologa per garantire al nascituro il diritto di conoscere entrambi i genitori: sicché, per proteggere il bambino, gli impedisce di nascere».

Caro professore, suona bene e ti va via liscia solo perché l’hai scritta cortocircuitando con il tuo cervello. L’avessi detta a voce alta in un qualsiasi consesso di gente decentemente sveglia chiunque ti avrebbe risposto: «Quale nascituro?». A quale bambino è vietato di nascere? Perché sia impedito a un bambino di nascere, ci vuole prima un bambino. Ma prima della fecondazione – naturale, omologa o eterologa che sia – non c’è alcun bambino. Non c’è il soggetto che subirebbe il divieto. Ergo, non c’è il divieto. Non a lui, almeno.

E poi, professore, in un’idea di società che voglia reggersi nella sua coerenza globale non si possono attribuire significati diversi alle parole a seconda non del contesto in cui le usiamo ma in base alle intenzioni di chi la pronuncia. Per essere chiari – ma a noi diavoli piace essere oscuri – se lei chiama “bambino” un essere che non c’è se non virtualmente nella pianificazione demografica dei suoi genitori intenzionali (quelli reali possono essere eterologhi, cioè altri), perché chiama “embrione” un essere che c’è e il cui divieto di nascita, con respingimento alle frontiere del consesso sociale e conseguente esilio nella più esistenziale delle periferie, la periferia del non essere, non le fa problema?

Ora, mi capisca, io sono per l’aborto, per l’eutanasia, per le più fantasiose possibilità di fecondazione, per le sperimentazioni sugli embrioni, per la selezione del sesso, per l’autodeterminazione più assoluta… ma “est modus in rebus”, ci vogliono, appunto, le cose. Quel demonio di Dostoevskji, gran frequentatore del sottosuolo, diceva che la realtà è la cosa più ostinata, riemerge sempre. Caro nipote, ricordalo ai tuoi professori: anche un manipolatore ha bisogno di manipolare “qualcosa”.

Tuo affezionatissimo zio Berlicche

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