Voi che pensate che basti beccare un evasore per salvare l’Italia, leggete qui

«Gli evasori sono piccoli parassiti; i veri, grandi parassiti sono coloro che si mangiano quasi la metà del reddito dei cittadini nel nome di Keynes e ripagano i cittadini con servizi vergognosamente inefficienti». Secondo lungo articolo (quasi un saggio) sul vero problema italiano: il suo stato assistenziale che è come un tubo bucato

Da quando alla Victoria and Albert Museum di Londra si è aperta la mostra “Postmodernism – Style and Subversion 1970-1990”, il post-modernismo è sulla bocca di tutti. Parliamone. Il post-modernismo inizia nel momento in cui il marxista pentito Jean-François Lyotard riconosce che il marxismo è solo una “grande narrazione”. Giusto. Ci aspetteremmo che, avendo finalmente riconosciuto che il marxismo è una favola, la verità la vada a cercare da un’altra parte. E invece no. La grande trovata di Lyotard, e di tutti i post-modernisti, è di negare l’esistenza di un’unica verità. Non esistono i fatti, ti dicono, esistono solo le interpretazioni ossia “grandi narrazioni”. Avrete già capito che post-modernismo fa rima con relativismo, quell’ideologia secondo cui niente è vero o falso in senso assoluto, buono o cattivo in senso assoluto eccetera. Da questo punto di vista, le certezze assolute delle vecchie ideologie moderniste non saranno vere ma non saranno neppure completamente false.
Quindi il post-modernista ortodosso non abbraccerà le vecchie ideologie, anche perché ci farebbe una brutta figura, però non le rifiuterà neanche tout court. E così nelle nuove “grandi narrazioni” post-moderniste ricompariranno in ordine sparso i singoli temi delle vecchie ideologie. Ad esempio, le “grandi narrazioni” di relativisti ortodossi come Umberto Galimberti, che nega l’esistenza di una verità ultima, e di profeti del post-modernismo come David Harvey, che straparla di morte delle ideologie, rigurgitano di concetti marxisti. Domanda: ma queste grandi narrazioni post-moderniste ossia grandi favole a che cosa e a chi servono? Risposta: ognuna serve a difendere dei concreti interessi economici di parte. Infatti, il post-modernista non ha più ideali ma soltanto interessi materiali, in altri termini non vuole l’utopia ma solo la vita comoda. Il passaggio dal modernismo al post-modernismo coincide col passaggio dal comunismo al consumismo.

Il post-modernismo non solo non prende definitivamente le distanze dalla “grande narrazione” marxista, ma afferma la necessità di narrarne altre. Finita una, se ne narra un’altra. L’importante, naturalmente, non è che sia vera ma che lo sembri. Per farla sembrare tale, si dispiegherà l’intero arsenale dei trucchi della sofistica, che è un’arte molto in voga nelle epoche di decadenza. Il trucco sofistico più usato in televisione è interrompere senza tregua e dare sulla voce agli avversari, impedendo loro di finire un solo ragionamento. Il trucco sofistico più usato sui giornali è ripetere all’infinito la stessa narrazione, occultando i dati che la smentiscono. Se basta ripetere sette volte una menzogna per renderla verità, tanto meglio ripeterla all’infinito.

(Fra parentesi, la sofistica ormai è entrata anche nel mondo della scienza. Alcune teorie, infatti, non sono più da molto tempo delle teorie ma sono piuttosto delle “grandi narrazioni” funzionali agli interessi economico-accademici di chi le narra dagli scranni delle più grandi università mondiali. Lo scienziato post-modernista non cerca la verità dei fatti ma cerca di piegare i fatti alla sua narrazione con tutti i trucchi della sofistica. Vedi le mirabolanti maratone retoriche con cui gli evoluzionisti tentano, fra le altre migliaia di cose, di negare l’irriducibile complessità dell’occhio umano sulle riviste peer-reviewed. Se la sofistica non basta, lo scienziato post-modernista rovina la reputazione e distrugge la carriera di chiunque osi avanzare qualche critica, anche molto lieve, alla suddetta narrazione. Se e volete saperne di più, digitate su google “Richard Sternberg” o “Piattelli-Palmarini”. Quest’ultimo è stato colpito da una fatwa sotto forma di raccolta di firme. Chiusa parentesi).

La scorsa settimana, ho cercato di confutare la “grande narrazione”, diffusa dall’efficientissima macchina della propaganda di sinistra, secondo cui il “liberismo selvaggio” (detto con la erre moscia dei Bertinotti) sarebbe la causa unica della crisi e la “ridistribuzione delle ricchezze” (sempre con la erre moscia) sarebbe l’unica soluzione della crisi, in altri termini, ribaltando la famosa massima del compianto Reagan, il Capitalismo sarebbe il problema e lo Stato sarebbe la soluzione. E c’è chi ci crede. Ma questa, purtroppo, non è l’unica “grande narrazione” a proposito della crisi che ci viene ininterrottamente narrata in questi giorni. Ce ne sono almeno altre due: la “grande narrazione” dell’evasione fiscale e la “grande narrazione” della superiorità morale dei tedeschi, dei francesi e degli inglesi rispetto ai greci, agli spagnoli, agli italiani e agli irlandesi. Domanda: ma queste tre grandi narrazioni ossia grandi scemenze a che cosa e a chi servono? Risposta: servono a difendere gli interessi del partito trasversale dei parassiti del denaro pubblico. La grande scemenza della superiorità morale dei tedeschi, dei francesi e degli inglesi serve anche a difendere gli interessi neocoloniali di questi ultimi, che non vedono l’ora di spartirsi il “bottino” italiano (la traumatica espressione fra virgolette l’ha usata Socci). 

Da qualche mese, in televisione vanno ripetutamente in onda due spot governativi sull’evasione fiscale. Il primo recita: “Se tutti pagano le tasse, le tasse ripagano tutti”. Il secondo recita: “Chi vive a spese degli altri, danneggia tutti”. Ormai è difficile trovare un solo talk-show politico in cui la discussione non cada, per rimanervi, sull’evasione fiscale. Negli ultimi mesi, il telespettatore medio di telegiornali e talk-show ha incamerato decine di succulenti servizi ripieni di immagini di yacht ormeggiati in Costa Smeralda, resort e centri benessere pieni di bella gente, suv con targhe italiane parcheggiate nelle vie di Lugano e di Monte Carlo proprio davanti alle banche malandrine che difendono i soldi degli evasori eccetera. Tutti questi spot, tutti queste discussioni e tutti questi succulenti servizi concepiti come benzina sul fuoco dell’invidia sono riusciti a convincere la stragrande maggioranza degli italiani che: 1) l’enorme debito pubblico sarebbe causato dall’evasione fiscale, 2) che tutti i “ricchi” sarebbero per definizione evasori e 3) che basterebbe “colpire” (che sarebbe “tassare” nel linguaggio dell’invidia) gli evasori ossia i “ricchi” per uscire dalla crisi. Più che una narrazione, una favola.

Intendiamoci, l’evasione fiscale è davvero un crimine molto grave, l’evasore è veramente un parassita, ma bisogna vedere in che senso. Secondo la “grande narrazione” degli spot governativi, è colpa degli evasori se i servizi pubblici funzionano male. Ma chi vogliono prendere per i fondelli i creativi prezzolati dal governo? I servizi pubblici costano tre volte tanto (stima per difetto) di quanto costino gli analoghi servizi privati e funzionano molto peggio rispetto agli analoghi servizi privati. Quindi, stanare uno per uno gli evasori, spremerli uno per uno e dare i soldi spremuti ai servizi pubblici non servirà a renderli efficienti. Infatti, per le ragioni che ho spiegato nel precedente articolo, e che adesso non ripeto, i servizi pubblici non possono che essere inefficienti.

Sto forse suggerendo che, allora, è giusto non farsi derubare dallo stato ossia evadere? Al contrario, il vero liberale le tasse le paga tutte, fino all’ultimo centesimo. Primo perché, naturalmente, oltre ai servizi inefficienti lo stato fornisce anche servizi essenziali che non possono essere forniti dai privati (giustizia, esercito eccetera). Secondo perché, se io non pago le tasse, costringo gli altri contribuenti a pagarle anche per me, oltre che per loro. Infatti, il leviatano ha il vizietto di scaricare sui contribuenti onesti il costo dell’evasione fiscale. Quindi, evadendo non deruberei lo stato: deruberei ossia attenterei alla proprietà privata degli altri contribuenti. Quindi agirei in contraddizione con il mio stesso liberalismo, che fa del rispetto della proprietà privata altrui un principio non negoziabile.

Ma, in ogni caso, gli evasori sono piccoli parassiti; i veri, grandi parassiti sono coloro che si mangiano quasi la metà del reddito dei cittadini nel nome di Keynes e ripagano i cittadini con servizi vergognosamente inefficienti. In secondo luogo, recuperare fino all’ultimo centesimo tutto il denaro evaso avrebbe molto probabilmente l’effetto di deprimere ulteriormente l’economia. Infatti, gli evasori folkloristici che vanno da un centro benessere all’altro a bordo dei suv e da un resort all’altro a bordo degli yacht sono pochi pesci piccoli. Il grosso dell’evasione non viene da loro ma da interi settori dell’economia che sopravvivono in nero. Molto bene, direte voi, allora costringiamo questi settori a venire a galla e spremiamoli per benino.
D’accordo, facciamolo. Ma sapete come andrebbe molto probabilmente a finire? Nel momento i cui le imprese economiche sommerse venissero spremute dal fisco, non ce la farebbero a sopravvivere. Infatti, oggi la tassazione diretta e indiretta ha raggiunto livelli umanamente insostenibili, cosicché l’evasione diventa per molti soggetti economici, purtroppo, l’unica maniera per mettere insieme il pranzo con la cena. Voi che cosa preferite: un imprenditore che, per pagare tutte le tasse, alla lunga è costretto a chiudere bottega e a mandare sulla strada i suoi dipendenti oppure un imprenditore che, per salvare bottega e dipendenti, cerca di pagare un po’ meno tasse omettendo qualcosa sulla dichiarazione dei redditi? In conclusione, la “grande narrazione” dell’evasione fiscale è solo uno specchietto per le allodole, un diversivo per distogliere l’attenzione della gente dal vero problema, dalla vera vergogna, dal vero crimine contro i contribuenti onesti: una spesa pubblica eccessiva e improduttiva che pende come una spada di Damocle sull’intera civiltà occidentale.

E siamo alla “grande narrazione” della superiorità morale dei tedeschi, dei francesi e degli inglesi rispetto ai greci, agli spagnoli, agli italiani e agli irlandesi. In tutte le discussioni da talk show che cadono sull’evasione fiscale, la morale è sempre la stessa: “I tedeschi, i francesi e gli inglesi loro sì che sanno che cosa è il rigore e la disciplina, loro sì che sanno tenere i conti pubblici in ordine, mica come noi italiani, che a causa di venti anni di berlusconismo catodico siamo diventati tutti cialtroni…”. Ah, questa è bella davvero. Comunque, questa prodigiosa capacità degli italiani di disprezzare e denigrare se stessi è pari soltanto alla prodigiosa superbia dei tedeschi, dei francesi e degli inglesi, che disprezzano e denigrano con toni post-razzisti ossia di un razzismo post-modernista (perché se nulla è vero e nulla è falso in senso assoluto neppure il vecchio razzismo eugenetico lo è) gli italiani nonché gli spagnoli e i greci.
Nell’anno del Signore 2011, mica nel 1933, su una rivista tedesca di ampia tiratura (Bild) italiani, spagnoli e greci vengono definiti “parassiti del sud”. Pare che in Gran Bretagna sia andato recentemente in onda un serioso servizio in cui i greci venivano descritti come una massa di pigri patologici che mirerebbero unicamente a farsi mantenere dai virtuosi popoli del nord. C’è solo da aggiungere che, per tradizione, gli inglesi vedono negli irlandesi della gente non più evoluta, socialmente e geneticamente, dei “parassiti del sud”.
In un articolo dal perfetto stile chiagne-e-fotte il teutone Peter Schneider prima “chiagne” perché sulla stampa europea riemerge l’immagine del “tedesco cattivo” e poi fa l’altra cosa dicendo: «Anche se Italia, Grecia e Spagna, con i loro nuovi governi, riusciranno nel loro soprassalto di rigore, non avranno mai quella che nel mondo è nota come disciplina tedesca. Le differenze fra mentalità e culture politiche sono innegabili e insopprimibili» (Repubblica, 16 dicembre 2011). Leggi: i popoli del sud sono insopprimibilmente (geneticamente?) cialtroni. E scioperati: «Monti è l’opposto di Berlusconi, ma alla sua manovra gli italiani reagiscono come sono sempre stati bravi a fare, scioperando» (Die Welt, 14 dicembre 2011). Evidentemente, il corrispondente del Welt non si è mai accorto che non c’è paese in Europa in cui i sindacati non aizzino periodicamente la gente contro i governi. Ci vorrebbe la Tatcher. E taccio sul fatto che, con la scusa del bunga bunga, i giornalisti dei presunti virtuosi popoli del nord hanno insultato e ridicolizzato tutti gli italiani, dividendoli in maschi mafiosi e libidinosi il cui unico scopo nella vita sarebbe di andare a fare i tronisti sulle tv di Berlusconi e femmine mafiose e un po’ zoccole che pure di fare le veline sulle tv di Berlusconi sarebbero pronte a fare il bunga bunga con chiunque (vedi Videocracy di Erik Gandini). 

Se vi stupite, non siete stati attenti. Non vi siete accorti che nel 2010 tal Richard Lynn ha scritto che gli italiani del sud sono stupidi per cause genetiche. «Le popolazioni del Sud sono geneticamente diverse da quelle del Nord, e questa differenza genetica comporta differenze di intelligenza, (…) La causa è che nel corso dei secoli l’Italia del Sud, la Sicilia e la Sardegna hanno visto una notevole immigrazione di popoli dall’Africa del Nord e dal Vicino Oriente». Ora, questo Lynn non è un nazi-skin tatuato ma un professore merito all’università dell’Ulster. E non ha scritto quello che ha scritto su un opuscolo fuori legge ma sul numero 38 (2010) della rivista scientifica peer-reviewed Intelligence, pubblicata da Elsevier e diretta da D. Dettermann, docente in un college dell’Ohio. E nessun eminente scienziato anglosassone, a partire da quelli che hanno revisionato l’articolo di Lynn, ha avuto qualcosa da ridire. Ora, è innegabile che nel corso dei secoli ci siano stati dei rimescolamenti genetici fra italiani del nord e italiani del sud. Di conseguenza, quanti credono che gli italiani del sud siano stupidi, dovranno anche credere che gli italiani del centro e del nord, sebbene non stupidi, siano comunque meno intelligenti degli altri europei. “Ma noi non siamo italiani”, sbottano i leghisti, “noi siamo padani”. E già, il leghismo nasce proprio come desiderio, alimentato dal razzismo anti-italiano, di non essere più italiani. E per non esserlo, ci si inventa una immaginaria, posticcia parentela con i presunti virtuosi popoli del nord.

Qui non c’è spazio per spiegare quanto sia anti-storica tutta questa “grande narrazione” post-modernista in stile fantasy a base di divinità fluviali, soli celtici ed elmetti cornuti tipo Asterix. Quello che ci interessa è che, quando parlano di tasse e stato centrale, i leghisti hanno ragione da vendere. È assolutamente vero che il nord produce ricchezze e il sud le brucia soltanto. È assolutamente vero che, purtroppo, ahimé, devo proprio dirlo, nel sud è molto diffusa una mentalità parassitaria. Secondo i leghisti, questa mentalità avrebbe cause genetiche ossia si spiegherebbe con la “psicologia dei popoli”, come la chiama Borghezio. (Borghezio e tutti quelli che vanno alle cerimonie del dio Po con le corna di plastica in testa devono avere molto apprezzato l’articolo di Lynn, che infatti ho trovato copia-incollato in blog e siti vicini alla Lega).
In realtà, tralasciando il fatto che l’espressione “psicologia dei popoli” è degna di Gobineau, la genetica non c’entra un corno, tanto per rimanere in tema. La causa principale del degrado del sud si chiama – stampatevelo bene in testa – CASSA DEL MEZZOGIORNO. Nel precedente articolo ho cercato di spiegare che i posti di lavoro pubblici e i sussidi di disoccupazione sono strumenti potentissimi per corrompere l’essere umano. Ebbene la Cassa del Mezzogiorno eroga qualcosa di simile ad un gigantesco sussidio di disoccupazione ad un popolo intero.

Cinquant’anni di Cassa del Mezzogiorno avrebbero corrotto qualunque popolo; solo un popolo di santi canonizzabili sarebbe riuscito a non farsi corrompere da una cosa tanto oscena e pornografica. Essendo stati drogati di sussidi pubblici per cinquant’anni, i meridionali non trovano le forze per alzarsi i piedi e per camminare sulle loro gambe. Se togli loro i sussidi, vanno i crisi di astinenza. Considerando che il “deficit spending” non ha funzionato neppure nella prima superpotenza mondiale, non ci stupiamo se la pioggia continua di denaro proveniente dal Nord non ha mai fatto fiorire l’economia meridionale. Invece di moltiplicare i posti di lavoro produttivi ossia privati, il denaro sottratto al Nord ha moltiplicato in maniera abnorme, mostruosa, i posti di lavoro improduttivi ossia pubblici. E i cornuti verdi hanno tutto il diritto di arrabbiarsi per i ventimila forestali in Sicilia. (State attenti, meridionali: più aumentano i forestali e gli altri folkloristici perditempo a spese dello stato nelle vostre regioni, più aumentano i cornuti verdi di rabbia qui al nord e addio Italia). Il denaro del nord ha ingrassato i parassiti, che fingono di mettere i piedi delle imprese solo per intascare i sussidi comprarci le Ferrari. Ha ingrassato la mafia, che con zelo gesuitico si impegna distruggere a colpi di pizzi e tangenti quel poco di economia meridionale che ancora non è distrutta.

Come la Cassa del Mezzogiorno ha distrutto il Mezzogiorno, così gli aiuti a pioggia provenienti dal ricco Occidente hanno aiutato l’Africa a scendere più rapidamente le scale dell’inferno del sottosviluppo. Non lo dico io: lo dice l’africana Dambisa Moyo. «Negli ultimi 60 anni sono stati erogati sussidi per oltre mille miliardi di dollari. Le sembra che questi siano serviti a migliorare le condizioni di vita del continente? La situazione non solo è peggiorata ma è affondata oltre ogni ragionevole limite. (…) – Quale è il meccanismo che per cui gli aiuti si trasformano in un danno? – Il primo e il più conosciuto è che finiscono nelle tasche di dittatori spregiudicati e sanguinari anziché essere distribuiti alla popolazione, (…) Anche astraendoci da questi casi perversi, gli aiuti determinano un meccanismo che chiamerei di welfare. I governi sono demotivati dall’assumere iniziative di vero sviluppo, di vera crescita del tessuto industriale, agricolo e dei servizi, perché sanno che comunque verranno rifinanziati presto dal generoso occidente. Pensano piuttosto a creare intanto degli eserciti forti perché fanno sempre comodo a chi è al potere, e poi delle strutture burocratiche ameboidi che hanno il solo scopo di conservare lo status quo, perché la condizione attuale è quella che più conviene: restare sottosviluppati perché così arriveranno presto altri aiuti, e poi altri e poi altri. (…) Pensi all’India: nel 2004 il governo chiese all’occidente di smettere di inviare aiuti. Da quel momento il paese si è trasformato in uno dei più straordinari esempi di sviluppo del pianeta» (E. Occorsio, “Dambisa Moyo denuncia: Gli aiuti salvano i dittatori e condannano l’Africa”, Affari & Finanza, 18 maggio 2009).

Dunque, la Moyo sostiene che gli aiuti sono la causa prima del sottosviluppo dell’Africa. Invece, secondo persone come Lynn la vera causa del sottosviluppo dell’Africa dovrebbe essere cercata nel patrimonio genetico degli africani: “Sei terroni sono stupidi, i negri lo sono ancora di più”. D’altra parte, alcuni anni fa il vecchio genetista James Dewey Watson (scopritore del dna insieme a Francis Harry Compton Crick) si è lasciato sfuggire quello che in molti pensano nel suo ambiente, e cioè che il cervello degli africani e degli afro-americani sia meno sviluppato del cervello dei “bianchi” europei e statunitensi: «Non c’è un valido motivo per prevedere che le capacità intellettive delle persone divise geograficamente al momento della loro evoluzione si siano esplicate in maniera identica. Il nostro desiderio di attribuire uguali capacità razionali come una sorta di patrimonio universale dell’umanità non è sufficiente per renderlo reale».
Per confutare questi deliri razzisti, basta dare un’occhiata alla Svezia e all’Inghilterra. Che arrivi sotto forma di aiuti allo sviluppo o sotto forma di sussidi, il denaro pubblico è una droga. Ebbene, questa droga ha sugli svedesi e sugli inglesi autoctoni (escludiamo subito gli immigrati) gli stessi effetti nefasti che ha sugli africani e sui meridionali d’Italia. Quindi, i popoli del nord, cui Borghezio attribuisce una intrinseca superiorità psicologica su base genetica (“psicologia dei popoli”), in realtà non possono vantare nessuna superiorità intellettuale e morale rispetto ai popoli a sud di Varese.

Io non ho nessun diritto di criticare gli svedesi, ma uno svedese autoctono sì: «Quello che stiamo vedendo ora in Svezia è la conseguenza perfettamente logica dello stato sociale: distribuendo benefici e, quindi, togliendogli la responsabilità individuale per la sua stessa vita, un nuovo tipo di individuo è creato: immaturo, irresponsabile e dipendente. In effetti, ciò che lo Stato sociale ha creato è una popolazione di bambini dal punto di vista psicologico e morale – proprio come i genitori che non hanno mai permesso ai loro figli di affrontare problemi, assumersi delle responsabilità, e trovare soluzioni da soli, rendono la loro prole bisognosa, viziata e molto esigente» (Per Bylund, founder of Anarchism.net. Send him mail. Visit his website. Comment on the blog). Il lavoro sporco di parlare male degli inglesi lo lascio alla bionda valchiria wasp Ann Coulter, che a proposito delle rivolte britanniche della scorsa estate ha scritto: «Quelli di voi che seguono la barbara rivolta in Gran Bretagna non avranno mancato di notare che una parte considerevole dei teppisti sono bianchi, qualcosa non visto spesso in questo paese. Non solo, ma in un trionfo del femminismo, molti di loro sono ragazze. Anche le “disabili” (secondo il sistema britannico dei benefici) sembrano aver miracolosamente superato le loro infermità per precipitarsi fuori a rubare un paio di televisori. Complimenti, Gran Bretagna! Hai imbarbarito i tuoi cittadini, senza distinzioni di razza, sesso o handicap fisico! Con un sistema di welfare molto più avanzato rispetto a quello degli Stati Uniti, gli inglesi hanno raggiunto il notevole risultato di trasformare intere comunità di antiche genti britanniche in masse di tatuati, bruti, ubriachi. Credo che ora abbiamo la prova di ciò che i conservatori hanno detto da sempre: il saccheggio è il risultato delle politiche di welfare. E la Gran Bretagna è nelle fasi finali dello stato sociale. (…) La Gran Bretagna ha un sistema di welfare molto più redistributivo di quello della Francia, ed è per questo che il problema del crimine in Francia è soprattutto una questione di immigrati musulmani e non di cittadini francesi. Invece, il welfare inglese sta velocemente facendo ritornare la sua popolazione nativa alle radici piratesche del suo violento del 18° secolo. Inutile dire che la Gran Bretagna guida l’Europa nella classifica delle ragazze madri e, di conseguenza, guida anche l’Unione europea nella classifica dei crimini violenti, dell’abuso di alcool e droghe, dell’obesità e delle malattie sessualmente trasmesse» (Ann Coulter, “Il sole non tramonta mai sul sistema di welfare britannico”, 2011/08/10).

Nell’articolo, che merita di essere letto per intero, la Coulter riferisce anche storie saporite di ragazze con antenati inglesi e caratteristiche perfettamente inglesi che fanno di tutto per farsi mettere incinte dai primi che capitano allo scopo di intascare i generosi sussidi che lo stato britannico riserva alle ragazze madri. In Sicilia ci saranno pure un po’ troppi forestali, ma queste cose non succedono. Nonostante lo stato italiano si ostini a rovinarli con ogni genere di sussidi, i nostri meridionali non sono ancora arrivati al livello di abbrutimento raggiunto dalle antiche genti britanniche. E pure i tedeschi farebbero bene a non gonfiarsi troppo il petto. Prima della svolta puritana degli ultimi anni, troppo recente per fare testo, in Germaia poltrivano eserciti di parassiti autoctoni dei sussidi di disoccupazione e alle cinque del pomeriggio (parlo per esperienza personale) faticavi a trovare un negozio o un ufficio ancora aperto: ammazza che lavoratori indefessi questi ariani! 

Facciamola fuori, una buona volta, la “grande narrazione” secondo cui i tedeschi, i francesi e gli inglesi sarebbero moralmente superiori e quindi saprebbero tenere i conti pubblici in ordine, evitando sprechi e parassitismi. Che balla colossale. In primo luogo, come abbiamo visto, il welfare li ha parecchio rammolliti dal pure loro dal punto di vista morale. In secondo luogo, non c’è paese in Occidente che non sia stato economicamente devastato dalle politiche ridistributive basate su una tassazione crescente. La verità è che tutti i paesi occidentali, e pure il Giappone, sono oberati dai debiti. Il debito pubblico della Gran Bretagna è nettamente superiore a quello dell’Italia. E per la Francia e la Germania, che adesso si atteggiano a prime della classe, è solo questione di tempo. Anzi, già ci siamo: i mercati stanno cominciando a punire la superbia dei tedeschi e dei francesi. La verità è che l’obiettivo dei “conti in ordine” è più che altro una utopia. I conti dello stato non potranno mai resistere “in ordine” più dello spazio di un mattino. Infatti, lo stato assistenziale è simile ad un tubo bucato. E come ho spiegato nel precedente articolo, quel buco non potrà mai essere tappato perché è generato e rigenerato di continuo dal peccato originale.

Si dice che la storia sia maestra di vita. Purtroppo, nessuno vuole stare ad ascoltare questa maestra, quando ti dice che la vera causa del crollo dell’impero romano fu l’espansione abnorme dell’apparato burocratico e amministrativo, con conseguente aumento abnorme delle tasse a carico dei soggetti produttivi. Come un uomo indebolito da una malattia non riesce a difendersi da una aggressione, così lo stato romano, debilitato mortalmente dalle tasse, divenne facile preda della violenza dei barbari. Ma appunto, questa lezione nessuno vuole ascoltarla. Nessuno vuole capire che o cominciamo a ridurre ai minimi termini il welfare e la spesa pubblica in tutti i paesi occidentali, o per l’Occidente è la fine. I paesi occidentali non riusciranno a resistere all’aggressione economica, non si esclude anche militare, da parte delle potenze emergenti dei nuovi barbari.

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