Utero in affitto, aborto e diritti. Ora dico due bestemmie

Sconcezze da Correttore di bozze sulla maternità surrogata come «atto di civiltà». E sulla pazzia dell'uomo che ha fatto una strage in una clinica per aborti Usa

I lettori dotati di un minimo di cuore, quelli sensibili alla solfa dell’egalité-fraternité-ecceteraeccé e anche coloro che conservano una vaga passione per le battaglie di civiltà sono vivamente invitati a lasciare questa pagina, poiché quivi il Correttore di bozze si appresta a tirare un paio di sonore bestemmie. Pura blasfemia contro il culto dei diritti e della “laicità”. Del resto, essendo ormai totalmente screditato sia come uomo che come giornalista, il Correttore di bozze può permettersi di scrivere qualunque sconcezza. Dunque siete avvertiti: se leggerete oltre, la redazione di Tempi non risponderà degli eventuali danni provocati da quel lazzarone alla vostra coscienza civica.

Prima bestemmia del Correttore di bozze. L’utero in affitto è ‘na schifezza.

Al Correttore spiace doverla mettere giù piatta piatta alla vecchia maniera. Nemmeno un reietto come lui prova gusto calpestare i meravigliosi quadretti di amore e di solidarietà democratica sapientemente tratteggiati da Repubblica, però l’occasione non se l’è mica cercata. È stato Furio Colombo sul Fatto quotidiano di ieri il primo a dirsi «profondamente disorientato» dalla grande bagarre mediatica scoppiata intorno a questa pratica «incivile» (copyright Eugenio Scalfari).

Tralasciando il particolare che sono anni che gli amichetti oscurantisti del Correttore di bozze vanno scagazzando appelli a chiunque contro l’utero in affitto senza che a Furio si scompigli di un micron l’invidiatissima chioma canuta, si potrebbe valorizzare il suo commento così: ora che contro tale consuetudine «incivile» si è scagliato pure un bel pezzo della sinistra radical chic a lui tanto cara (vedi l’appello alle istituzioni europee di “Se non ora quando?”), è bello sapere che anche Colombo è riuscito ad accorgersi finalmente che la questione è quantomeno «strana».

Proprio così infatti l’attento Furio ha intitolato la sua rubrica delle lettere sul Fatto di ieri: “La ‘strana’ questione dell’utero in affitto”. Dopo di che, comunque, è stato un giuoco da fanciulli per uno come lui risolvere la “stranezza”.

Gli è bastato, all’inspettinabile Colombo, notare come le ragazze e i ragazzi di Snoq sono tutte «persone con cui si sono condivise le più importanti battaglie in difesa dei diritti umani e civili», e tuttavia questa volta hanno proprio preso un granchio. Giacché il loro «cosiddetto “Appello contro l’utero in affitto”» contiene già nel nome una «definizione offensiva, oltre che impropria». Per non parlare poi dei «toni perentori e crudeli di questo nuovo tipo di manifesto».

Ha scritto davvero “crudeli”, il Furio nostro? Certo che lo ha scritto. E purtroppo lo ha anche spiegato: «L’affermazione “avere figli non è un diritto” è crudele ma anche strana, in questa parte di una cultura e di un mondo che riconosce il diritto (inteso come legittima aspirazione) alla felicità».

Pausa di riflessione.

Rileggere prego: «L’affermazione “avere figli non è un diritto” è crudele ma anche strana, in questa parte di una cultura e di un mondo che riconosce il diritto (inteso come legittima aspirazione) alla felicità».

E poi, ragiona ancora Colombo, come è saltato in mente alle compagne di Snoq di associarsi al malefico Giovanardi e agli altri perfidi tortellini di Ncd che puntano «a rendere impossibile l’adozione del figlio naturale di uno dei contraenti del matrimonio omosessuale, da parte dell’altro contraente, come se vi fosse, in questo atto di amore e di civiltà, qualcosa di losco e di indicibile»? Dài. Si sa che l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio. «Si sa che ogni matrimonio fra persone dello stesso sesso porta con sé (certo in una percentuale alta di casi) il desiderio di avere un figlio, per cui sarà necessario ricorrere a una maternità esterna. Perché trasformare questa situazione in un crimine, dandone una descrizione deliberatamente diversa dal modo in cui finora tutto ciò è avvenuto?».

Oh, per carità, «è vero, si possono immaginare situazioni di sottomissione o di vendita», concede la penna del Fatto assalita per un istante dal senso della realtà. Ma questa se mai è «una ragione di più per battersi per una buona legge, non per renderla impossibile e negare il diritto (lo chiamerei proprio diritto) di tante persone che nella loro vita di famiglia vogliono un figlio».

Et voilà. Visto? Che problema c’è? Basta cambiare un paio di nomi alle cose e l’abominio (il Correttore di bozze lo chiamerebbe proprio abominio, alla medievale) diventa un «atto di amore e di civiltà». La «strana questione» diventa un non-problema. E i figli diventano diritti.

* * *

Seconda bestemmia del Correttore di bozze. Robert Dear, il pazzo che un mese fa è entrato in una clinica per aborti a Colorado Springs e ha ammazzato tre poveretti, ha ragione.

Oh, naturalmente è tutto vero: il tizio è fuori di testa, invasato, assatanato e rintronato mille volte peggio del Correttore di bozze. Basta incollare qui sotto la sua foto per dire tutto.

Oh, naturalmente è tutto vero: quello che ha fatto è pazzesco, ingiustificabile, imperdonabile, cattivo. (Il Correttore di bozze non si spinge a dire che “non merita misericordia” solo perché per queste cose è meglio attendere il parere di Repubblica). Per altro lui stesso mercoledì alla prima udienza del suo processo ha ammesso: «Sono colpevole, non c’è nessun processo».

È pazzo uno che si definisce «warrior for the babies» e per questo si sente autorizzato a sparare alla gente? Sì, è pazzo. Il Correttore di bozze sta forse cercando di giustificarlo in qualche modo? No, è ingiustificabile. Gli starà mica fornendo delle attenuanti? Manco per idea. Robert Dear ha commesso un reato? Sì. Ha commesso un peccato? Sì. È colpevole? Sì, è colpevole. È da condannare? Sì, è da condannare.

Ora torniamo al processo. Nella cronaca del New York Times, tra le varie scene di paranoia descritte, si racconta anche che a un certo punto il folle, mentre il giudice e gli avvocati discutevano sulle parti da ammettere al procedimento, si è messo a strillare: «Potete per favore aggiungere i bambini che avrebbero dovuto essere abortiti quel giorno? Potete aggiungerli alla lista?». E poi ha detto: «Non avrete mai idea di cosa ho visto nella clinica, quali atrocità».

È pazzo Robert Dear? Sì è pazzo. Farnetica Robert Dear? Sì farnetica come neanche il Correttore di bozze.

Adesso sentite qua. Scrive il New York Times: «Un terzo capo di accusa per omicidio [nei confronti di Dear] sostiene che l’uomo ha denotato “un atteggiamento di astio universale che dimostra una estrema indifferenza verso il valore della vita umana in generale”».

Entrare in una clinica per aborti e dimostrare estrema indifferenza verso il valore della vita umana. Pazzesco, no?

@Correttoredibox

Foto utero in affitto da Shutterstock
Foto Robert Dear: Ansa/Ap

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