Ungheria lancia campagna per limitare l’aborto, l’Ue minaccia sanzioni

Ancora scontri tra Unione Europea e Ungheria. Il paese, che ha di recente modificato la Costituzione, ha lanciato una campagna che invita a non abortire. Ma l'iniziativa non piace all'Europa, che minaccia sanzioni se non verranno tolti i cartelloni. In più, intellettuali fanno un appello contro il governo, colpevole di aver cambiato nome a piazza Roosevelt

L’Ungheria continua a remare controcorrente e piace sempre meno all’Unione Europea. Gli scontri fra lo Stato e l’Ue si ripetono da quando il carismatico Viktor Orban, leader del centrodestra, è stato eletto nel 2010 con una maggioranza tale da permettergli di controllare i due terzi del Parlamento. Orban quest’anno ha messo mano alla Costituzione per ribadire l’identità del suo paese e menzionare le radici cristiane, facendo diventare principi costituzionali il matrimonio naturale fra uomo e donna e la tutela del feto fin dal concepimento.

Ma l’Ue, che si rifiuta invece di menzionare le sue radici e che in materia di vita e famiglia non si è mai espressa apertamente, ha sollevato il suo disappunto. Senza entrare nel merito, ha lamentato l’assenza di consenso dell’opposizione. Orban ha risposto senza usare mezzi termini: «Se mi hanno fatto vincere con una maggioranza più che mai schiacciante è perché sapevano che era necessaria per la modifica della Costituzione».

Pochi giorni fa l’Ungheria ha ricevuto un’altra lavata di capo per aver utilizzato dei fondi europei per una campagna definita «violenta». Così, è stata giudicata dall’Ue la pubblicità alla vita che campeggia sui cartelloni disseminati per Budapest e con sopra l’immagine di un feto che pensa: «Potrei pure capire che non sei pronta per me, ma pensaci due volte, fammi adottare, fammi vivere». I fondi però sono solo in parte europei, i restanti vengono dallo Stato per combattere quella che da sempre è considerata la piaga sociale del paese dai tempi del comunismo: ancora oggi, il 40 per cento dei feti viene abortito per una cifra che è tre volte più alta rispetto agli altri paesi dell’Ue.

«La campagna non è conforme al progetto sottoposto dalle autorità ungheresi e la Commissione Europea chiede di conseguenza alle autorità di porre fine a questa parte della campagna e ritirare senza indugio i cartelloni», ha dichiarato il commissario europeo alla Giustizia, la lussemburghese Viviane Reding. Altrimenti, scatteranno sanzioni pari a quelle che si usano in casi di guerra o crimini contro l’umanità. Saranno avviate «procedure per porre fine all’accordo e trarremo le dovute conclusioni, anche in termini finanziari». Ha commentato l’eurodeputata socialista francese Sylvie Guillaume: «La Commissione è molto chiara: utilizzare denaro di una fonte Ue per una campagna anti-aborto è un abuso incompatibile con i valori dell’Ue».

Ma non è finita qui. L’Ungheria torna a far parlare di sé alla vigilia della visita di Hillary Clinton, segretario di Stato americano. Un gruppo di intellettuali ex socialisti, vicini a Solidarnosc e dissidenti del regime comunista, oggi avversari del governo di centro, hanno fatto un appello in cui denunciano che «l’Ungheria si sta velocemente allontanando dagli standard dello Stato di diritto». L’ultima motivazione dell’appello è la decisione del governo di cambiare il nome a piazza Roosevelt per intitolarla a un patriota, Istvan Szechenyi, leader politico e imprenditore, «il più grande tra gli ungheresi».

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