Una pura spaventosa formalità. La storia dei fratellini di Basiglio

La vicenda kafkiana che ha portato un tribunale dei minori e i servizi sociali di Basiglio a togliere i piccoli Giorgia e Giovanni ai genitori. Per un disegno hard

Basiglio è un piccolo centro a sud di Milano, con una popolazione di circa 8.500 persone. Un comune molto ricco, che comprende nel suo territorio il quartiere residenziale Milano 3. Un centro, a sua volta, super residenziale: parchi, laghetti, case ampie, luminose, curate. Un angolo di Svizzera. Che però dallo scorso 14 marzo è nell’occhio di un ciclone infernale. Quel giorno due bambini di 9 e 12 anni, che chiameremo coi nomi di fantasia con cui sono balzati all’onore delle cronache, Giorgia e Giovanni, sono stati allontanati dai genitori,per essere trasferiti in due diverse comunità protette. Il motivo è un disegno trovato sotto il banco della bimba dalla maestra della scuola elementare di Basiglio. Vi è ritratta una bambina accovacciata accanto a un bambino. A stampatello, una scritta cruda: “Giorgia fa sesso orale con suo fratello tutte le domeniche per 10 euro”.

Da quando della vicenda ha parlato il Corriere della Sera, Basiglio è sotto l’assedio dei giornalisti. Ma quello che più ha sconvolto gli abitanti di questo tranquillo centro non è l’attenzione mediatica. Basta farsi un giro se non su quella reale, sulla piazza virtuale, il forum del quartiere Milano 3, dove vive la famiglia di Giorgia: «Non ci sono prove, non c’è stata nessuna sentenza, ma i bambini sono stati portati via dai loro genitori. Pazzesco, può succedere a chiunque, siamo proprio nel Burundi», si legge in un commento. E gli altri sono dello stesso tenore. A entrare nei meccanismi di questa vicenda, si comprende lo stupore e il dramma non solo di chi abita in queste zone, ma della stessa famiglia protagonista. Entrambi i genitori lavorano, e fino a metà marzo la famiglia conduceva un’esistenza dignitosa, tranquilla. Persone normali, di cui tutti hanno sempre parlato bene: persone come tante, come molti di noi, nel resto del paese. Dal ritrovamento del disegno a quel fatidico 14 marzo erano passate già alcune settimane. A fine febbraio (ma la data non è mai stata verificata) la maestra di Giorgia, III elementare, rimane incuriosita quando vede la bambina e un’amichetta concentrate su un quadernetto. Lo controlla, tra le pagine trova quel disegno e anche un altro, ugualmente raggelante.

L’amichetta di Giorgia, proprietaria del quaderno, nega. Da una chiacchierata con le bambine, vista anche la reazione intimidita di Giorgia, la maestra deduce che sia quest’ultima l’autrice del disegno, in una sorta di terribile denuncia. Dopo di che, sulla vicenda cade il silenzio. A fine febbraio, gli insegnanti incontrano i genitori per la consegna delle pagelle. È in quella occasione che per la prima volta la maestra di Giorgia parla con la mamma della bimba: le mostra il disegno. La mamma non ha dubbi: «Non l’ha fatto mia figlia, lei non disegna così. Anche la scritta: non è la sua grafia». Per una seconda volta, cade di nuovo il silenzio. Fino a quel venerdì di metà marzo, due settimane dopo. Quel giorno, Graziella Bonello, la direttrice del comprensorio scolastico di Basiglio, la scuola di Giorgia, invia un fax ai servizi sociali del Comune. Denuncia gravi abusi ai danni della bimba, riportando le accuse della maestra. L’assistente sociale, lo psicologo e il responsabile dei Servizi alla persona del Comune, quel giorno stesso, forse solo a poche ore dal primo fax, inviano una segnalazione (preceduta da una telefonata) alla procura del tribunale dei minori. Chiedono l’allontanamento dei bimbi dalla famiglia. Poco dopo, ricevono il nulla osta firmato dal pubblico ministero. Nel giro di poche ore è già tutto risolto: davvero un’efficienza elvetica. A parte il fatto, certo, che dal primo fax al nulla osta i bambini non sono mai stati sentiti da alcun esperto, nemmeno dallo psicologo che firma la richiesta.

Non viene mai contattata la famiglia, nemmeno per un chiarimento, o per dare un’occhiata ai famosi disegni. Ci risulta che lo dichiarino a chiare lettere gli stessi servizi sociali nella richiesta al pm, spiegando di non ritenere possibile un colloquio tranquillo. E che lo abbiano ribadito una seconda volta, anche tre giorni dopo, in un nuovo documento inviato al pm: si premurano di specificare, inoltre, di non aver mai ricevuto segnalazioni che evidenziassero situazioni di disagio sociale o di aver saputo, dalla scuola, di situazioni problematiche della famiglia. Intanto quel 14 marzo Giorgia, Giovanni e i loro genitori, con una scusa, sono convocati al comune di Basiglio. Lì ci sono già le forze dell’ordine, che prelevano i bambini. Quando agli inizi di aprile Giorgia ricostruisce quella giornata davanti al giudice del tribunale dei minori, ricorderà di aver visto la mamma disperata e di averla sentita minacciare di buttarsi dal balcone. Per quarantuno lunghi giorni, non saprà di avere  ancora una mamma: l’ha rivista per la prima volta lo scorso 24 aprile, quando finalmente ha potuto consegnare ai genitori due disegni che aveva preparato. Raffigurano un orsetto, con le ciglia e la boccuccia aperta, circondato da cuoricini. Con una scritta: “Ti voglio bene mamma. Ti voglio bene papà”. Niente di più lontano dai due disegni al centro della vicenda.

Il giudice e le «rilevanti perplessità»
Sempre davanti al giudice, la bimba nega a chiare lettere di essere l’autrice. Anzi, dà, con le sue parole semplici e ingenue, una prospettiva diversa da quella iniziale. Giorgia spiega di averlo detto subito, sia alla maestra che alla mamma, che il disegno l’hanno fatto due compagne di classe: «Mi prendono sempre in giro perché ho i dentoni». La insultano perché la mamma lavora come donna delle pulizie, e perché ha una macchina vecchia e rotta. Si tratta di una Golf, non propriamente una carretta, che forse sfigura davanti a qualche Suv. Sono, anche questi, particolari che aiutano a definire meglio i contorni di questa storia.

Torniamo alla vicenda giudiziaria. Dopo aver firmato il nulla osta, lo scorso 19 marzo il tribunale dei minori apre formalmente un processo per confermare il trasferimento in comunità. È in questo ambito che sono ascoltati i bambini (anche il fratello di Giorgia, Giovanni, che nega ripetutamente e con tutte le sue forze di aver mai fatto qualcosa del genere alla sorella, lui che non ha nemmeno mai visto un film o sfogliato una rivista porno, e che passa il suo tempo giocando a calcio e alla playstation) e la preside da cui è partita la denuncia. La quale, davanti al pm, spiega che nemmeno lei ha mai contattato direttamente la mamma di Giorgia, prima di fare la denuncia: si è limitata ad ascoltare quello che raccontavano altre mamme della scuola. Rispetto ai disegni, il giudice ha espresso «rilevanti elementi di perplessità» e ha ammesso che «non si può escludere che i disegni siano stati fatti solo in parte dalla bambina, o addirittura che non ne abbia fatti». I periti del tribunale che dovranno riesaminare i disegni sono stati nominati il 28 aprile, quarantacinque giorni dopo l’inizio di tutto.

Le perizie della difesa
Al momento quei disegni sono già stati esaminati dai due consulenti della difesa. Laura Guizzardi, grafologa e perito calligrafo iscritto all’albo delle consulenze del tribunale di Milano, non ha il minimo dubbio. «Lavoro principalmente sulle grafie. Bene: la scrittura non è della bambina. Si capisce da numerosi dettagli. Ad esempio: la grafia di Giorgia scorre verso destra, è morbida, si espande. Quella vicino ai disegni è assolutamente diversa: è rigida. Sembra di paragonare una pera a una mela».

Marco Casonato, professore di Psicologia dinamica all’Università di Milano Bicocca, esperto di psicologia infantile, ha dato il suo parere sui disegni: «Escludo che siano di Giorgia. Da alcuni tratti, anzi, ipotizzo che quei disegni li abbiano fatti piuttosto dei maschietti. Mi si obietterà: ma com’è possibile che un bimbo di otto anni possa inventarsi delle cose così morbose? Guardi: basterebbe che qualcuno in classe avesse visto una delle ultime puntate del Grande Fratello, dove si parlava diffusamente di sesso e preliminari. Avrebbe imparato tutto quello che c’era da sapere. Si è messo in moto un meccanismo che fa rabbrividire. Poniamo, per assurdo, che quei disegni fossero stati di Giorgia. Dal punto di vista psicologico sarebbe stato meglio consentire ai genitori di intervenire nell’educazione dei figli. Si dovevano informare i genitori: erano loro a dover intervenire per primi. Invece il tribunale si è arrogato il diritto di fare lui da genitore. Ma soprattutto sono i servizi sociali ad aver sbagliato: hanno agito con mano pesante per ignoranza. Mera ignoranza. È un problema di mentalità. Sono abituati a comportarsi così».

«Siamo davanti a un caso dell’assurdo», secondo l’avvocato della difesa Antonello Martinez. «Anzitutto i disegni: si vede a occhio che non sono quelli soliti di Giorgia, non occorre essere periti. Si riesce a distinguere una mela da un cavolfiore anche senza una laurea in agraria. Lo stesso giudice è perplesso. Ma il punto è che questo è un problema di natura educativa. L’istituzione sociale non può arrogarsi il diritto di educare. Ci troviamo di fronte a una famiglia come tante. Pensate se di punto in bianco i servizi venissero a casa vostra e vi togliessero la custodia dei figli. Senza avervi nemmeno spiegato qual è il problema». La preside, che Tempi ha cercato per un commento, si trincera dietro un comunicato stampa: «Il consiglio d’istituto respinge con sdegno le diffamanti affermazioni» pubblicate in generale sulla stampa. Per conto dei servizi sociali del suo Comune parla il sindaco di Basiglio, Marco Flavio Cirillo, che gioca allo scaricabarile. «È un fatto grave. Io conosco la famiglia, sono persone degnissime. Ma come si può anche solo pensare che i servizi sociali siano i cattivi, che vengono a togliere i figli in modo irruento a un padre e a una madre? È stato deciso tutto dal tribunale dei minori, i servizi hanno seguito solo delle direttive. Quindi mi chiedo: perché il ministro Roberto Castelli voleva eliminare con una riforma il tribunale dei minori? È questa la domanda che dobbiamo porci».

L’avvocato Martinez smentisce: «Il sindaco può pensare quello che vuole. Ma verba volant, scripta manent. Lo dicono gli atti. La richiesta di allontanare i figli dai genitori è partita proprio dai servizi sociali, che non hanno voluto fare nemmeno una verifica». Al momento in cui scriviamo, l’avvocato della difesa ha appena messo agli atti la deposizione di un genitore della scuola. Dichiara di aver ricevuto a sua volta la confessione della mamma di una compagna di classe di Giorgia: sarebbe sua figlia l’autrice del disegno. Dopo 45 giorni Giorgia e Giovanni sono ancora in comunità diverse. Il maggiore, anzi, ne ha già cambiate due. Passerà ancora del tempo prima che si concludano le varie perizie, appena commissionate. Ancora di più prima di giungere a una sentenza definitiva. Intanto i fratellini hanno incontrato i loro genitori solo una volta. Questa storia, iniziata con un disegno e un’accusa inappellabile, non può chiudersi che con una domanda. Chi pagherà per tutto il dolore dato a due bambini, alla loro mamma e al papà?

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