Un consiglio per il cinema di Natale? Frozen, il lungometraggio Disney che racconta «il potere della famiglia»

Ottimismo senza tentennamenti e riflettori sul rapporto tra due sorelle e sulla potenza del loro legame come strumento per arginare il male che raffredda il mondo

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – L’appuntamento con il lungometraggio d’animazione della Disney è probabilmente una di quelle tradizioni natalizie che non moriranno mai. La nostra attesa di quando eravamo piccoli è la stessa di quella dei nostri figli e sarà quella dei nostri nipoti. Come sarà? Di cosa parlerà questa volta? Come saranno fatti i personaggi? Sono queste le domande che si sussurravano tra i banchi di scuola sulla base di un titolo, un disegno pubblicato sui giornali o in rete. Consapevoli comunque, noi un tempo come loro oggi, che difficilmente il “panettone” delude le aspettative. Una magica attesa che quest’anno si concretizza con Frozen, un cartone animato che fa del bianco e del ghiaccio le sue sensazioni visive dominanti e, come ci ha spesso abituato nella sua storia la major americana, prova a presentare la famiglia in modo diverso. In questo caso dalla parte di chi si è sempre ritrovato involontariamente in secondo piano.

Nei racconti sull’infanzia i pilastri della famiglia sono in genere i genitori e i figli. Il legame tra fratelli e sorelle è ampiamente sottovalutato o considerato ruota di scorta della simbologia archetipica quando non rappresentazione distorta e fuorviante. Spesso a causa di quella che si potrebbe definire “una cattiva stampa”. Le vicende di Caino e Abele e Romolo e Remo — solo per citare gli esempi più rappresentativi — non hanno aiutato il processo di sdoganamento, ma la mitologia ci ha raccontato anche di come Polluce abbia rinunciato alla sua immortalità per condividerla con il fratello Castore e tante altre bellissime vicende di amore fraterno.

Ispirandosi marginalmente alla celebre fiaba di Hans Christian Andersen La regina delle nevi, il film sceglie la strada dell’ottimismo senza tentennamenti e punta i riflettori sul rapporto tra due sorelle e sulla potenza del loro indissolubile legame come strumento per arginare il male che raffredda il mondo.

Diretto da Chris Buck (il regista di Tarzan) e da Jennifer Lee (alla sua prima esperienza di regia e prima regista donna della storia della Disney Animation), Frozen racconta la magia e i colori delle atmosfere natalizie più classiche, quelle fatte di freddo e neve ma anche di calore sprigionato dai veri sentimenti. Sullo sfondo una Norvegia evocata in modo stupefacente dall’uso magistrale della tecnica del 3d, non troppo invasiva e distraente rispetto alla potenza del racconto e al peso della vicenda.

«La nostra storia è iniziata come un’idea molto semplice sul potere della famiglia — ha detto Jennifer Lee — ed è cresciuta diventando qualcosa di più grande di quanto potessimo immaginare». In effetti la sceneggiatura del film, firmata anche dalla stessa Lee, non si lascia prendere la mano dal vortice del ritmo dei blockbuster e dagli orpelli del 3d che spesso appiattiscono i cartoni animati di ultima generazione facendone superficiali format replicabili. I valori non negoziabili sono tutti davanti agli occhi di chi scrive ma anche, e soprattutto, davanti a quelli di chi guarda. Portati in modo così lieve da risultare architrave irrinunciabile di tutta la storia.

La digressione voluta dalla Disney per lambire la trama della fiaba di Andersen racconta la storia di due sorelle, Anna e Elsa. La prima solare e temeraria, la seconda riservata e affascinante, ma incapace di gestire il dono di poter coprire di ghiaccio ogni cosa. Per questo, quando per un gioco finito male Elsa rischia di uccidere la sorella, i genitori decidono di separarle per sempre e le due (prima bambine e poi ragazze) sono costrette a parlarsi solo attraverso la barriera di una porta chiusa. Fino a quando un destino minaccioso non deciderà diversamente rimettendo in gioco tutto il loro rapporto e la classifica dei valori a cui erano abituate.

Il ghiaccio e la neve sono i simboli riconosciuti in tutto il mondo dell’evento pagano. Il suo marchio di fabbrica che accompagna la festa e tutte le sue rappresentazioni. Ma quando il ghiaccio si scioglie, della festa non resta più nulla se non insegne febbricitanti e carte da regalo stropicciate. Per questo a sciogliere il ghiaccio di Frozen non è il tempo o l’arrivo della primavera, ma il fuoco dei veri sentimenti. Il male, il distacco, la paura della morte: solo una manifestazione di vero amore — recita una delle due protagoniste — può sciogliere un cuore di ghiaccio. E allora, quando ci sarà bisogno di mettere in campo il sacrificio più grande, il sentimento fortissimo che può legare due sorelle può valere quello di un genitore o quello di un figlio. Una svolta filosofica di non poco conto soprattutto considerando che il messaggio è rivolto al pubblico dei più piccoli che spesso viene indirizzato dalle produzioni di target a guardare al padre e alla madre come punti di riferimento, ma non al fratello che viene trattato quasi come una presenza scontata.

Il potere della famiglia evocato dai registi Buck e Lee in conferenza stampa come matrice del loro cartone animato si traduce dunque con Frozen in una proposta nuova e originale che eleva finalmente il rapporto tra fratelli e sorelle alla stessa dignità di quello tra genitori e figli. Le tipologie di famiglia sono molte e tutte con pari dignità purché, come dice Olaf, il simpatico pupazzo di neve creato da Anna e Elsa quando erano ancora piccole, si comprenda che vale la pena sciogliersi per chi si ama. E allora, quando il ghiaccio scompare, resta ciò che di più buono e duraturo ci ha regalato la più grande delle epifanie.

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