«Uccidete me, non i giovani»: la supplica di suor Ann ai soldati in Myanmar

Dal golpe dell'1 febbraio l'esercito birmano ha già massacrato 70 manifestanti pacifici. Come suor Ann, tanti cattolici manifestano pregando per le strade

Non è una ribelle suor Ann Rosa Nu Tawng, ma quando il 28 febbraio dei giovani manifestanti pacifici contro la dittatura militare in Myanmar sono passati davanti alla sua clinica a Myitkyina, capitale dello stato di Kachin, e sono stati inseguiti da esercito e polizia, non ha potuto far altro che aprire le porte della clinica per dare riparo ai dimostranti e proteggerli. Poi è uscita e si è inginocchiata davanti ai soldati, diventando protagonista di un’immagine che ha fatto il giro del mondo: «Se volete picchiare la gente o sparare sui dimostranti, fatelo con me, al posto loro, perché non riesco a sopportare che essi soffrano per la violenza. Uccidete me, non i manifestanti». Così ha detto loro suor Ann, come rivelato in una testimonianza raccolta dalla Stampa e in un’altra resa alla Bbc.

Già 70 morti dal golpe di febbraio

La situazione in Myanmar è sempre più grave. Dopo il colpo di Stato dell’1 febbraio, durante il quale i militari, che già detengono un potere quasi assoluto nel paese, hanno fatto arrestare la leader de facto del governo e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, dichiarando poi lo stato di emergenza per un anno e affidando la presidenza ad interim al generale Myint Swe, si sono susseguite proteste a ripetizione da parte della popolazione, che vive sotto il controllo dell’esercito ormai dal 1962.

Durante decine di proteste a Yangon, Mandalay e Naypyitaw «tanti sono stati massacrati come animali», ricorda suor Ann. Sono già 70 in tutto i civili uccisi dopo il golpe, mentre gli arrestati tra dimostranti e attivisti politici hanno superato le duemila unità. San Suu Kyi, ancora agli arresti domiciliari, dopo essere stata accusata di aver infranto le regole anti-Covid e di possesso illegale di walkie talkie, è stata nuovamente accusata, questa volta di corruzione per aver accettato in circostanze non meglio precisate 600 mila dollari e 11 chilogrammi d’oro.

«L’arma si diverte a farci soffrire»

Dovunque le proteste pacifiche della popolazione, che chiede democrazia e libertà, vengono represse. I manifestanti non vengono uccisi soltanto in strada da polizia ed esercito, ma anche in carcere. Si sono svolti infatti pochi giorni fa i funerali di due membri della Lega nazionale per la democrazia, ammazzati in detenzione e sui cui corpi erano visibili i segni delle torture. Il livello delle violenze è tale che perfino la Cina, che finora ha sempre difeso per ragioni geopolitiche il regime birmano, ha dato il suo assenso a chiedere attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite uno stop alle violenze e il contenimento dell’uso della forza.

«Da oltre un mese, ormai, il nostro popolo in Birmania sta soffrendo», spiega suor Ann. «Se avessi solo questa anima mortale, avrei paura. Ma credo che lo Spirito Santo mi abbia aiutata. La vita dei giovani è molto preziosa. Ma tanti di loro la stanno mettendo a rischio pur di ottenere pace, giustizia e democrazia. Tutto il resto, per loro, finisce in secondo piano. E vengono uccisi da persone che non danno valore alla vita degli altri. Mi chiedo come si possa fare del male alla gente in maniera così crudele. Siamo stati creati da Dio e la nostra vita e morte dovrebbero dipendere da Lui. Come possono i militari distruggere vite date da Dio, con così tanta facilità? La vita è un viaggio breve. E il nostro benessere non dura per sempre, quindi perché i militari si divertono a farci soffrire? Coloro che dovrebbero difendere le persone stanno facendo del male alle persone».

Anche vescovi e fedeli protestano

E ancora:

«Vorrei che questo fosse un incubo da cui potermi risvegliare. Che sia giorno o notte, viviamo tutti nella paura, chiedendoci quando verremo uccisi o portati via dalle nostre case. E siccome, come popolo, soffriamo insieme, siamo diventati più uniti che mai. Ci amiamo e rispettiamo di più nonostante le nostre differenze di religione, razza e classe. Quando la polizia che dovrebbe proteggerci commette dei crimini contro i cittadini, i cittadini non possono che proteggersi a vicenda. Io spero che cristiani, buddisti, musulmani e le persone di qualunque religione si sentiranno più vicine, vedo accadere questo in futuro».

I vescovi del Myanmar hanno chiesto ai militari di cessare immediatamente «il triste e scioccante uso della violenza che ha portato enorme dolore alla nostra nazione» dopo che il 9 febbraio la prima vittima, una ragazza di 20 anni, è morta quando l’esercito le ha sparato alla testa. «Le immagini dei giovani uccisi per strada feriscono la coscienza della nazione», hanno aggiunto. I cattolici si sono subito fatti notare all’interno del movimento di protesta, marciano uniti a migliaia per le strade e recitando il rosario, insieme a suore e sacerdoti. Ma tutte le etnie e religioni del Myanmar stanno protestando contro l’insensata violenza dei militari, che sono disposti a calpestare tutto pur di mantenere il potere.

@LeoneGrotti

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