Ti hanno bocciato? No problem, un giudice del Tar ti promuoverà

Gli abusivi della cattedra“. È questo il titolo scelto dal Corriere della Sera per l’editoriale di prima pagina oggi a firma di Giovanni Belardelli. Il commento parte da un fatto di cronaca accaduto recentemente in un liceo classico di Roma. Il Tar del Lazio ha annullato la bocciatura di uno studente, che aveva riportato in pagella pesanti insufficienze (3 in matematica, 4 in fisica, 3 in storia dell’arte). Belardelli si sofferma su un particolare della sentenza dei giudici e cioè quella parte in cui questi rimproverano ai docenti di «non avere adeguatamente valutato la preparazione complessiva dello studente, all’interno della quale – secondo i giudici amministrativi – un 3 in matematica e un 4 in fisica sarebbero meno gravi trattandosi di un liceo classico».
Si chiede l’articolista: «Sono ancora i professori ad avere la responsabilità pedagogica dell’insegnamento nelle nostre scuole?». La decisione del Tar, infatti, «lascia di stucco»: in questo modo i giudici salgono, «letteralmente, in cattedra». Il Tar, così facendo, «finisce per sostituirsi agli insegnanti in quell’attività chiave della loro funzione pedagogica che consiste nella valutazione di uno studente: una valutazione che può fare a ragion veduta (o almeno così credevamo) solo chi lo abbia avuto in classe per un anno scolastico».

NON C’E’ PIU’ AUTORITA’ RICONOSCIUTA. L’articolo di Belardelli è interessante anche per un altro motivo. Egli, infatti, ravvisa in quella decisione una «tendenza generale – comune a tutti gli Stati democratici contemporanei, ma in Italia più accentuata che altrove – che vede la magistratura amministrativa (e non solo) intervenire in un numero sempre maggiore di ambiti della vita sociale, dagli scrutini scolastici alle cure mediche. (…) In sostanza, le figure che un tempo fissavano regole e le facevano rispettare (dall’insegnante al medico, dal capofamiglia al dirigente d’azienda) si rivelano non più in grado di svolgere questa funzione. Da parte sua, chi un tempo accettava le decisioni di un’autorità sociale oggi – se non è d’accordo – ricorre sempre più frequentemente alla magistratura».

PSEUDOBUONISMO. Così, «oggi, di fronte alla bocciatura di un figlio, a molti rischia di apparire normale andare direttamente dall’avvocato». Questa perdita di autorevolezza, fa sì che «una parte del Paese pensa ormai che valutare il merito di qualcuno (non soltanto attraverso il voto, certo, ma a volte anche con un voto) voglia dire discriminarlo, escluderlo, porlo ai margini della società. È la nostra cultura che, in preda a una deriva pseudobuonista (pseudo, perché la possibilità della scuola di contrastare le differenze legate alla diversa provenienza socioculturale si lega anche alla sua capacità di valutare il merito di ciascuno), dietro ai voti e alle insufficienze non sa vedere altro che un atto illegittimo. Contro cui chiedere dunque l’intervento di qualche tribunale amministrativo disposto a sostituirsi agli insegnanti».

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