Bene. Luca e Marco volevano fare un pranzo a casa mia. Solo che, a causa di certi inghippi cui mi costringeva la Sla, ogni volta c’era qualche motivo per cui dovevamo rimandare. Per fortuna i due sono stati testardi (non a caso sono miei nipoti) e così, alla fine, ce l’abbiamo fatta. Cosa c’è di più bello che mangiare assieme, riunirsi intorno a un tavolo, condividere la vita in allegria? Devo dire, tra l’altro, che la loro caparbietà e il loro desiderio erano per me commoventi. Per una volta, ritornare a quell’apparente normalità cui ero abituata quando, anni fa, tutte le domeniche, ci si trovava in famiglia attorno alla tavola, era per me un “evento speciale”. Amici, quante volte ve lo devo ripetere? Non c’è niente di più eccezionale di quel che accade nel quotidiano. Fidatevi di una che lo sa bene!
Vedere i bambini chiacchierare, fare gli spiritosi per fare ridere la zia, era per me uno spettacolo. A volte basta davvero poco per toccare il cielo con un dito. Un tavolo, un buon pranzo, i discorsi di tutti i giorni. Sono cose piccole e banali, ma non è forse fatta la nostra giornata di queste cose piccole e banali? Forse noi non ce ne accorgiamo, le diamo per scontate, ma sono quelle che più ci importano. Infatti, chi è nelle mie condizioni – proprio perché gli mancano – se ne accorge con più facilità. Si accorge cioè che ogni momento è prezioso e irripetibile. Pensate se ogni momento della vita avessimo questa consapevolezza! Tutto ci parrebbe indispensabile.
Forse i bambini, come noi malati di Sla, questo lo capiscono meglio degli adulti. Infatti Luca, appena è finito il pranzo, ha chiesto quando poteva tornare la prossima volta. Capite? Non era ancora finito che lui voleva già tornare! È stato anche spiritoso, dicendo che la volta dopo avrebbe mangiato anche «minestrina, minestrone e minestra di lenticchie». Poi ha fatto una faccia che diceva: «Urka, ma questo è un incubo». Ma io ho colto l’aspetto bello della sua batuta: avrebbe mangiato anche «l’incubo» pur di tornare a trovarmi.
Alla fine la mia attenzione è stata catturata da Alessandro, il piccolino. Si aggirava per casa con le chiavi dell’automobile e, virtualmente, continuava ad aprire e chiudere la macchina perché voleva “andare a guidare”. Capirete, a due anni e mezzo! Ma buon sangue non mente, e si vede che è proprio mio nipote ed ha la “passione” per i motori!
Quando sono usciti ho provato subito nostalgia per i tempi in cui questa “normalità” era di tutti i giorni. È per questo motivo che il semplice pranzo è stata per me una vera festa. Credetemi quando vi dico quanta felicità si prova quando un “piccolo sogno” si realizza; è una felicità immensa, hai raggiunto una “meta”, e non ti resta che pensare a realizzare il prossimo sogno! I sogni non finiscono mai per chi ha fantasia!
Bacioni,
Susanna