Perché è utile, anche se tardiva, l’indagine su “Wish for a baby”

La procura di Milano apre un fascicolo (a evento finito) sulla fiera della fertilità dello scorso maggio che fu uno spot all'utero in affitto denunciata anche da Tempi. Un segnale importante

Protesta di Fratelli d’Italia, Lega e associazioni femministe e in difesa della famiglia in occasione di ‘Wish for a Baby’, l’evento dedicato alla fertilità a Milano, lo scorso 20 Maggio (foto Ansa)

L’abusata “meglio tardi che mai” è forse la formula migliore per commentare la decisione della procura di Milano di indagare su “Wish for a baby”, la fiera tenutasi nel capoluogo lombardo il 20 e 21 maggio scorsi dedicata ufficialmente alla “fertilità” ma in realtà cavallo di Troia di business eugenetici sulla pelle dei bambini e spot alla maternità surrogata. Peccato lo faccia a fiera ormai conclusa, e per “atti non costituenti notizie di reato”, apparentemente dunque più per dare un segnale che non per perseguire davvero gli organizzatori.

La fiera della surrogata travestita da fiera della fertilità

Il perché di questo ritardo lo ha spiegato ieri Francesco Borgonovo sulla Verità, giornale che – come Tempi – aveva denunciato in anticipo quella che era una mostra dell’utero in affitto travestita da fiera della fertilità: l’assessore regionale Guido Bertolaso, a seguito della cui segnalazione sarebbe partita l’indagine, «ha inviato una nota alla Procura milanese, ma lo ha fatto il 22 maggio a fiera conclusa. Dunque la Procura è potuta intervenire solo successivamente». Come scritto da Repubblica, «l’apertura di un procedimento da parte della Procura di Milano emerge dall’interrogazione parlamentare rivolta dal senatore Maurizio Gasparri al ministro della Giustizia» Carlo Nordio. Ministro della Giustizia che ha giustificato il ritardo dicendo che «la Procura non aveva mai avuto conoscenza dell’evento».

Ora è vero che i giornali non li legge quasi più nessuno, ma che a “Wish for a baby” ci potesse essere qualcosa di illegale (ricorrere alla maternità surrogata in Italia è reato) non era solo stato scritto da alcune testate tra cui la nostra, ma era stato anche denunciato da numerose associazioni, cattoliche e non, con settimane di anticipo. Non solo: la consigliera comunale e vicecapogruppo della Lega a Milano Deborah Giovanati, insieme alla collega dem Roberta Osculati, vicepresidente del Consiglio, aveva depositato una mozione «che invita l’amministrazione a fare chiarezza sulla manifestazione e ad attivarsi con la questura e le forze dell’ordine per evitare che venga pubblicizzata la maternità surrogata, in palese violazione della legge italiana».

Non era la prima volta

E ancora, non era certo la prima volta che una fiera così tentava l’approdo a Milano. Lo avevamo raccontato qui:

Ricordate? Era stato Avvenire a denunciare l’arrivo di “Un sogno chiamato bebè”, versione italiana della fiera parigina, a Milano: l’allora ministro Speranza e il sindaco Beppe Sala erano stati sommersi da interrogazioni, mozioni e petizioni bipartisan per rendere la città indisponibile alla ribattezzata fiera dell’utero in affitto, reato ai sensi della legge 40/2004 che non solo vieta e sanziona la gestazione per altri realizzata in Italia, ma punisce anche la semplice propaganda. […] Ricordate anche questo? La giornalista del Corriere Monica Ricci Sargentini era riuscita a infiltrarsi ad uno degli appuntamenti organizzati a Roma dal direttore e fondatore dell’agenzia Extraordinary Conceptions (la stessa a cui si sarebbe rivolto Nichi Vendola) con sede in California. Grazie alla sua inchiesta il tour promozionale dell’utero in affitto era saltato, il ministro Lorenzin aveva inviato i Nas, la procura di Roma aveva aperto un procedimento penale per violazione della legge 40 (Tempi ne aveva parlato qui). Lo scorso settembre la moglie Stephanie ci aveva riprovato, organizzando due tappe del suo tour europeo a Roma e Milano: era stata la Verità a farle annullare, questa volta, pubblicando la notizia.

L’inchiesta di Tempi e la soddisfazione del centrodestra

La procura di Milano aveva abbastanza materiale per fare come hanno fatto, tra gli altri, due giornalisti di Tempi, Caterina Giojelli e Leone Grotti, che si sono presentati alla fiera milanese chiedendo generiche informazioni per poi scoprire che, nonostante le rassicurazioni degli organizzatori sul fatto che «le cliniche che sono qui non promuovono in alcun modo la maternità surrogata», bastava «sfogliare il materiale informativo distribuito a Milano agli stand per trovare la surrogata annoverata tra i servizi proposti, o chiedere direttamente agli espositori per ottenere i contatti all’estero».

Insomma, la notizia era uscita per tempo. Ma, come detto, meglio tardi che mai: scriveva ieri il Giornale che «la notizia dell’apertura del fascicolo è stata accolta con favore dalle forze di centrodestra». Ed è giusto, perché se anche – come probabile – l’inchiesta al momento soltanto conoscitiva della procura di Milano non porterà a condanne, il segnale di interesse è da accogliere positivamente. Esultano soprattutto Fratelli d’Italia e Lega, oltre alle associazioni come Pro Vita e Famiglia. Proprio a partire dall’articolo di Tempi, lo scorso 31 maggio la deputata leghista Laura Ravetto aveva sollevato la questione “Wish for a baby” in un’interrogazione parlamentare. Oggi si dice soddisfatta dell’inchiesta e si augura che finalmente «sia fatta chiarezza». Così che tra un anno non si vedano più fiere dell’utero in affitto travestite da fiere della fertilità in Italia.

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