“Sul sentiero di Dio”. Le riflessioni sulla fede di Paolo Grieco

Cos'è la fede? Il giornalista ha provato a chiederlo a Ettore Bo, Mario Luzi, Piero Gheddo, ma innanzitutto l'ha chiesto a se stesso

Una giornata di vento freddo di gennaio, sull’Adriatico, ascoltando il concerto numero 2 di Rachmaninov, Paolo Grieco, giornalista e scrittore, si è chiesto che significato avesse avuto la parola “fede” nella sua vita, personale, ma anche professionale. E che significato avesse avuto quella stessa parola per i grandi personaggi incontrati negli anni durante le interviste, personaggi come il cardinale Gianfranco Ravasi, Ermanno Olmi, padre Piero Gheddo e Carlo Bo. La raccolta di questi dialoghi è diventata il libro Sul sentiero di Dio. Riflessioni davanti alla croce (Cittadella Editrice, 86 pagine, 10,50 euro). Tempi.it ha chiesto all’autore di raccontare in che modo i personaggi incontrati negli anni gli hanno permesso di approfondire il proprio cammino di fede.

Paolo Grieco, com’è nata l’esigenza di scrivere questo libro?
Una mattina di gennaio mi trovavo sul mare Adriatico, a contemplare quell’amarezza che solo il mare d’inverno può avere. Ascoltando musica classica, come faccio sempre, mi sono chiesto se il lavoro svolto in tanti anni fosse stato in qualche modo utile a trovare la grande risposta della vita. Se la mia ricerca di Dio fosse approdata da qualche parte, se avesse trovato un sentiero giusto. Il sentiero per la ricerca di Dio è un po’ come quei percorsi di montagna, fatti di nebbia e di rocce impervie, che a volte portano a scivolare, ma alla fine conducono a paesaggi magnifici.

Molto spesso, nel suo libro, cita l’esperienza del dolore, provato nel visitare un lebbrosario oppure vissuto nel calvario dei lutti familiari.
Il dolore è la grande domanda, è la sintesi dell’incomprensibile. Ancor di più lo è quello che riguarda gli innocenti, i bambini, le persone buone, oppure i religiosi che sono stati sempre al servizio di Dio. Non poteva che essere così, però, visto che Cristo stesso ha utilizzato il linguaggio del dolore per parlare agli uomini. Ha sofferto Lui in prima persona sulla croce, perché il suo messaggio rimanesse impresso agli uomini. C’è dolore anche nella solitudine, nelle difficoltà quotidiane, l’importante è cercare il più possibile di far mutare i segni negativi in ipotesi costruttive.

Sul sentiero di Dio porta la prefazione dello psichiatra Eugenio Borgna, che ha definito la sua passione per la ricerca di fede un po’ kierkegaardiana.
Ho sempre ammirato il suo lavoro di medico e scrittore, un po’ come in passato era stato anche Mario Tobino. Per questo ho deciso di inviare a Eugenio Borgna il mio manoscritto e lui, colpito, ha voluto scrivere la prefazione. La postfazione invece è stata scritta da Giannino Piana, teologo di grande profondità.

Il termine “malinconia” ricorre spesso nel suo racconto.
È stato il filo conduttore della vita intensa che ho vissuto. Con il mio lavoro ho girato il mondo e incontrato persone di ogni sorta, ma ho anche sofferto molto, innanzi tutto essendo figlio unico, e poi vedendo andarsene uno dopo l’altro i miei genitori. La lacrima di mia madre, affetta da un tumore incurabile al cervello, mentre le stringevo la mano, è per me un ricordo indelebile. Mio padre, afflitto dal dolore, se ne andò rapidamente, pur non avendo mai sofferto di nessuna malattia specifica. Ma non poteva sopportare una vita senza di lei. Sicuramente il lutto dei miei genitori ha dato il via dentro di me a un fiorire di domande. Alla mia fede calza a pennello la frase del cardinale Martini, il quale sosteneva che nel credente a volte si interseca il non credente, così come non esiste l’ateo assoluto. Per fortuna nel mondo ci sono luoghi come Lourdes, baluardi incrollabili, squarci nel buio della nostra malinconia. Il poeta Giorgio Caproni definiva Dio un delfino, che si mostra solo ogni tanto, tra un flutto e l’altro mentre salta per riprendere fiato, e poi sparisce nelle profondità del mare. Così è visitare Lourdes.

L’altra sua grande passione è la musica classica.
Ascoltiamo la Passione secondo Matteo di J. S. Bach. O l’Eroica di Beethoven. O ancora una sinfonia di Mahler o di Schubert. Non si può non avere l’impressione che sia Dio stesso a parlarci. Non sono opere grandiose semplicemente dal punto di vista artistico. Dio è silenzio, ma sa parlarci con la musica. Se anche un solo lettore del mio libro andasse a riascoltarsi le opere che cito tra un’intervista e l’altra sentirei di aver fatto un buon lavoro.

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