«Su questa pietra edificherò la mia Chiesa»

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Roma, gennaio. Non ero mai stata nella Necropoli vaticana, sotto a San Pietro. Si passa per una piccola porta nelle mura possenti della Basilica, spesse sette metri, e poi si scende per scalette e cunicoli, nelle viscere della terra. Fa caldo qui sotto, e una luce rossastra illumina gli scavi che negli anni Quaranta, sotto il pontificato di Pio XII, portarono al ritrovamento della tomba di Pietro.

 Si cammina fra le urne e i sarcofagi lussuosi dei potenti che ai tempi dell’Impero si fecero seppellire in riva al Tevere: tombe pagane e poi, passando i decenni, cristiane. Ma su tutte indistintamente, nel terzo secolo dopo Cristo, si sovrappongono le fondamenta della Basilica costantiniana, di cui ancora vedi le mura regolari, e l’ordine perfetto dei mattoni. (Meraviglia il visitatore il fatto che l’imperatore ordinasse di erigere la prima Basilica proprio sopra le tombe di famiglie ricche e influenti. Non avrebbe, ti chiedi, potuto scegliere un altro luogo?)

Si cammina per anditi angusti, chinando il capo, si procede dietro alla guida come in un labirinto in cui pare di avvertire il fiato umido del vicino Tevere. E finalmente si arriva a scorgere una parte della nicchia in cui l’archeologa Margherita Guarducci decifrò, incisa sul marmo, la frase in greco: «Pietro è qui». Pietro è qui, il suo corpo fu, in un remoto giorno, dopo il martirio, sepolto qui. Qui venivano a pregare i primi cristiani.

Ai tempi di Costantino questa memoria doveva essere ben viva, perché l’imperatore facesse sbancare una collina per costruire lì, e non altrove. Poi, il tempo e i saccheggi barbarici e il decadimento dell’Impero oscurarono la memoria, mentre alla Basilica costantiniana si sovrappose quella rinascimentale. Quella piccola lapide fu una contrastata, ma straordinaria scoperta. Non su parole, non su leggende sta fondata San Pietro, ma sulla tomba dell’apostolo.

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam», sta inciso all’interno della cupola, e quante volte lo hai letto; ma, mentre sbuchi in Basilica dal sottosuolo, la perfetta corrispondenza in verticale dell’altare del Bernini con quella scritta, laggiù nel buio, ti colpisce il cuore. «Pietro è qui», e nemmeno un tempo per gli uomini immenso lo ha potuto cancellare. Dopo l’oblio, la tomba è stata ritrovata. Su quella lapide sta l’altare di Pietro, sulla stessa verticale si leva la sommità del Cupolone.

«Su questa pietra edificherò la mia Chiesa»: risalendo dalle viscere della terra in San Pietro avverti tutta la carnalità tenace della Chiesa, come inchiodata alla tomba del primo apostolo. Non altrove, non a un’utopia, a un non-luogo, ma qui, esattamente qui, a questa pietra siamo ancorati noi, due millenni dopo.

Foto Ansa

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