Storia del voto cattolico negli Usa, fino al ’68 democratico, poi repubblicano

Il democratico Obama oggi contrasta la libertà religiosa e i vescovi lo attaccano. I cattolici tendono a votare repubblicano, i liberal democratico. Ma fino a sessant'anni fa era il contrario. La storia del voto religioso in America che ha rivoluzionato i partiti.

In questi giorni la Chiesa cattolica è entrata a gamba tesa contro il governo di Barack Obama. L’ha fatto in piena campagna elettorale non solo per difendere se stessa, ma per difendere il primo emendamento contenuto nella Costituzione americana. Quello da cui discendono tutti gli altri e su cui l’America ha fondato il suo governo, difendendo la libertà religiosa. Un decreto del presidente Usa, infatti, mette in serio pericolo la presenza attiva nella società dei cattolici e dei membri di altre confessioni, negando loro l’obiezione di coscienza sul pagamento di polizze abortiste. Questo – ripetono i repubblicani, i vescovi, i pastori di alcune chiese e i rabbini – è un tradimento al paese.

La separazione fra Stato e Chiesa (come recita la clausola dell’Establishment of Religion in cui si dice che il governo non debba legiferare interferendo nella vita della Chiesa) nella democrazia degli Stati Uniti in effetti fu concepita da subito per tutelare sia il primo sia la seconda. I coloni inglesi, infatti, erano uomini scappati dalla Madrepatria proprio per vivere liberamente la fede che nel Regno Unito era soggiogata al potere della Corona. La separazione fra Stato e Chiesa, seguita alla Rivoluzione Americana del 1776, fu quindi molto diversa da quella che si venne a creare in Europa con la Rivoluzione Francese. Tanto che Alexis de Tocqueville, giunto sul suolo americano in quegli anni, disse: «Al mio arrivo negli Stati Uniti fui colpito anzitutto dall’aspetto religioso del paese. (…) Scorgevo le grandi conseguenze politiche di questo». E aggiunse: «Avevo visto da noi lo spirito di religione e di libertà procedere quasi sempre in senso contrario», mentre qui «li trovai intimamente uniti». Le istituzioni religiose e ciò che ne discendeva, come la morale dei cittadini, le opere sociali che nascevano dalla loro fede, i piccoli governi cittadini erano, secondo lo studioso francese, ciò che permetteva alle istituzioni politiche di rimanere democratiche, senza che i due ambiti si sovrapponessero.

Né il partito repubblicano, nato nel 1792, né quello conservatore, nato nel 1854, quando iniziarono gli scontri tra Nord e Sud, in disaccordo sul modo in cui essere governati, contrastarono mai la presenza delle istituzioni e delle attività sociali nate dalle chiese, dato che lo Stato era concepito proprio come sussidiario ad esse. La differenza fra i due partiti cominciò a marcarsi proprio su questo punto: gli Stati del Sud, in prevalenza abitati da piccoli proprietari terrieri cattolici, votavano per il partito democratico che ne difendeva le prerogative. Il partito repubblicano era invece più statalista, appoggiava le grandi industrie del Nord protestante, assicurandosi anche il voto dei neri in quanto antischiavista (voleva che la manodopera si trasferisse dal Sud al Nord).

Sostanzialmente, però, il ruolo della religione e della Chiesa nella società non fu mai messo in discussione. Le cose iniziarono a cambiare solo nel 1950, quando a dispetto del fervore religioso, delle chiese ancora piene e dei libri sacri in testa alle classifiche dei più venduti, la religione sembrava scomparire dalla vita sociale e non avere più incisività nell’arena pubblica. Questa è l’origine dei cambiamenti che scossero la società insieme ai partiti. La prima novità, però, arrivò già con Dwight Eisenhower, che fu il primo presidente repubblicano a fare campagna anche negli Stati del Sud, forte dei successi della Seconda guerra mondiale. Ma a sconvolgere per sempre i due partiti fu la rivoluzione del 1968, che dimostrò con prepotenza quanto ormai la religione, relegata nelle sacrestie e ridotta a morale, non avesse più alcuna presa sui cittadini. Quasi ci si doveva vergognare della sua presenza pubblica e delle sue conseguenze morali. Fu così che il partito democratico, pur vincendo ancora nel 1961 con un presidente cattolico, John Fitzgerald Kennedy, dovette ribadire all’elettorato che la fede di Kennedy, come lui annunciò, non avrebbe in alcun modo inciso sul suo modo di fare politica. Come se la visione della fede (al contrario di come fu per i Pilgrims Fathers) non fosse più in grado di portare un apporto decisivo alla vita pubblica.

Il 1968 fu quindi solo l’apice della ribellione a valori incapaci di reggere davanti alla libertà senza vincoli che affascinava le nuove generazioni. Fu a quel punto che i conservatori, i cattolici ancora fedeli agli insegnamenti della Chiesa, non solo sociali ma anche morali, e i protestanti evangelici non si riconobbero più nel partito che avevano votato per anni. Il primo a capirlo fu Ronald Reagan, il presidente repubblicano che vinse nel 1981 proprio basando la sua campagna elettorale sullo Stato minimo e sussidiario, sull’importanza della libertà religiosa e del sostegno alle scuole private e all’educazione. Egli fu il primo presidente repubblicano che ottenne il voto dei cattolici rimasti fedeli a Roma (mentre i più progressisti e liberal restarono nel partito democratico), degli evangelici e di tutti gli americani fedeli alla propria tradizione. Quella del governo minimo, delle famiglie numerose come base della società e della lotta per la vita (proprio negli anni precedenti al governo di Reagan furono legalizzati l’aborto e il divorzio grazie al consenso dei democratici). Furono questi gli anni in cui nacquero i cosiddetti conservatori. E anche se si dice che siano stati una reazione agli anni Sessanta, in realtà questi erano solo i “vecchi” americani. Era se mai il progressismo ad essere una novità.

Da quel momento, però, i ruoli dei partiti si invertirono. Oggi, infatti, i salotti degli intellettuali delle coste e la classe dirigente, insieme ai liberal e ai cattolici progressisti, votano il democratico Obama, fautore di una politica accentratrice e sempre meno americana. Mentre la piccola e media impresa, i colletti blu, insieme ai conservatori della tradizione americana e al resto dei cattolici, favorevoli allo Stato minimo, alla famiglia naturale e alla vita attualmente stanno cercando di decidere quale repubblicano contrapporre al presidente in carica.

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