Stamina. Le cartelle cliniche riportano «nessun miglioramento» ma Vannoni e i suoi pazienti insistono

Nella documentazione prodotta dagli Spedali Riuniti di Brescia manca ogni prova scientifica del beneficio della terapia. Le famiglie dei malati trattati con il metodo Vannoni però ribadiscono la loro fiducia

«Non c’è alcuna prova documentata di miglioramenti reali nei pazienti sottoposti al trattamento Stamina». È quanto si apprende dalla visione delle 36 schede di sintesi delle cartelle cliniche elaborate dagli Spedali Riuniti di Brescia, consegnate agli esperti del primo Comitato istituito dal Ministero della Salute e di cui l’agenzia stampa Ansa è venuta in possesso. Il materiale contiene dati su 21 bambini e 15 adulti con 13 tipologie di malattie molto differenti fra di loro. E proietta nuove ombre sulla controversa “terapia” offerta dalla fondazione Davide Vannoni (e promossa da una parte dei media, in primis dalle Iene) dopo le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi dalle carte della stessa Commissione Lorenzin.

NON SI REGISTRANO MIGLIORAMENTI. Gli esperti della Commissione hanno ricevuto da Brescia, precisa l’Ansa, «solo una estrema sintesi delle già lacunose cartelle cliniche a disposizione». Nel materiale a loro disposizione, inoltre, «vengono riportati solo alcuni casi di miglioramento auto-valutato dal paziente o dalla famiglia, ma non certificato dalle analisi». Più precisamente si tratta di «tre adulti e un caso pediatrico», prosegue l’Ansa, per i quali, tuttavia, «mancano le prove», come precisato nelle stesse schede, mentre «la situazione, secondo la valutazione dei medici, è invece stabile». E se è vero che, nella maggior parte delle schede a disposizione degli esperti, «non vengono riportati effetti collaterali alle infusioni alle quali sono stati sottoposti i malati», tuttavia, «negli aggiornamenti più recenti, fermi al 25 novembre, non si registrano miglioramenti», spiega l’Ansa.

NESSUNA PROVA PER VANNONI. Secondo l’Ansa, «in sostanza le “anomale” cartelle cliniche del caso Stamina, non provano nulla di quello che Davide Vannoni, ma anche le famiglie dei malati sostengono». E quello che sostengono è stato ribadito questa mattina, sabato 28 dicembre, dai genitori dei bambini riuniti in conferenza stampa a Roma. «Ho portato in ospedale mia figlia distesa in una carrozzina e l’ho riportata fuori in posizione seduta e sta seduta anche per diverse ore», ha detto il padre della piccola Celeste. «Non avrò mai la presunzione di dire che è stato il metodo a far migliorare mia figlia, ma posso dire che è l’unica cura che ha fatto», ha aggiunto il padre di Smeralda. Trattasi, secondo gli Spedali Riuniti di Brescia, di «auto-valutazioni», svolte dal paziente o dalla famiglia, per le quali, però, «mancano le prove» e che in nessun modo possono essere segno di miglioramenti «certificati dalle analisi».

UNA “BANCA DELE CELLULE” PER STAMINA. Ma c’è di più. C’è il rischio che a Brescia si venga a creare una vera e propria “banca delle cellule” gestita da Stamina. Nella documentazione degli Spedali Riuniti di Brescia, pubblicata per la prima volta integralmente,si legge infatti che «la vicenda Stamina si sta evolvendo al di fuori di ogni regola, precludendo ogni possibilità di controllo da parte delle autorità sanitarie». Il timore più grande degli esperti bresciani è che «ove si prevedesse in modo generalizzato che le cellule di un donatore vengano utilizzate anche per pazienti diversi da quello per il quale è stata effettuata la donazione, si consentirebbe a Stamina di ottenere, gratuitamente e a carico del Servizio sanitario, quel risultato che in passato cercava di ottenere dietro pagamento di una somma (7 mila-8 mila euro)». Ma così, spiegano gli esperti dell’ospedale, «si verrebbe a creare una sorta di “banca delle cellule” la cui gestione di fatto farebbe capo a Stamina e ai medici che con questa collaborano». Una banca, oltretutto, finanziata con soldi pubblici.

CON L’AVVALLO DELLE AUTORITÀ GIUDIZIARIE. Un vero e proprio «tentativo di forzare la legge e tutte le regole della prassi scientifica che per assurdo sarebbe avallato dalle stesse autorità giudiziarie», spiega l’Avvenire. In che modo è sempre la relazione degli Spedali Riuniti a spiegarlo: «Il giudice ordina le cure sulla base della prescrizione di un medico (spesso il dottor Andolina, che talvolta nemmeno vede il paziente), senza procedere a una verifica circa la sussistenza dei presupposti clinico-scientifici richiesti». E ancora: «Il giudice legittima l’utilizzo generalizzato di cellule di diversi donatori. In pratica, di fatto legalizza un’attività di bancaggio delle cellule». E poi «legittima la somministrazione del trattamento a favore di un certo paziente, in deroga alla lista d’attesa»

L’INCHIESTA VERSO CONCLUSIONE. Nel frattempo, secondo quanto si apprende da fonti giudiziarie, la Procura di Torino, sembrerebbe non essere orientata a chiedere ulteriori proroghe per l’inchiesta sulla Stamina Foundation, i cui termini stanno per scadere. Ciononostante l’ideatore del controverso metodo Stamina, Davide Vannoni, presidente della fondazione, non sembra intenzionato a fare passi indietro e, in un’intervista a Repubblica si è dichiarato disposto ad andare persino all’estero, forse a Capo Verde, per proseguire con le sperimentazioni. Mentre il vicepresidente Marino Andolina, che anch’egli era a Roma con le famiglie dei malati, ha fatto sapere di aver inserito altre cento persone nelle liste d’attesa a Brescia.

LE ACCUSE DI DE LUCA. Dopo l’intervento critico del premio Nobel per la Medicina Shinya Yamanaka e l’autorevole pronunciamento della rivista scientifica Nature, un’altra voce si è aggiunta al coro delle critiche contro il metodo Stamina. È quella di Michele De Luca, ricercatore del centro di medicina rigenerativa Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia. De Luca, in un’intervista alla Stampa, non ha usato mezzi termini per criticare Vannoni che si starebbe «approfittando della disperazione delle famiglie dei malati», propinando le staminali «come una panacea di tutti i mali». E a ben vedere in Italia non è nemmeno la prima volta che «vengono proposti presunti trattamenti miracolosi per malattie gravi, privi di fondamento razionale e assolutamente senza alcuna efficacia». Basta pensare, ricorda De Luca, al «caso di Di Bella». Questa volta, invece, «è il turno di Stamina, un presunto metodo a base di staminali che non ha dimostrato di avere alcuna valenza scientifica e terapeutica. Ci si sta approfittando della disperazione delle famiglie dei malati gravi, infischiandosene dei limiti e delle regole della scienza».

QUELLO CHE STAMINA NON HA FATTO. «Le staminali non sono una panacea di tutti i mali – ha detto De Luca – anche se negli ultimi tempi, purtroppo, molte persone hanno iniziato a crederci. Vorrei anch’io che fosse così, ma la ricerca sulle staminali ha ancora bisogno di molto tempo prima di rivelarsi utile». E spiega il perché: «Le uniche staminali che hanno dimostrato di avere una reale efficacia in un contesto clinico sono quelle ematopoietiche e quelle epiteliali. Le prime usate nel trattamento di patologie quali la leucemia, le seconda per la terapia di gravi ustioni. Per il resto si tratta di un campo di studi ancora aperto su cui non si hanno certezze». Il metodo Vannoni, invece, spiega De Luca, sarebbe privo di ogni validità scientifica perché passa al livello terapeutico eludendo i passaggi fondamentali previsti dai protocolli di ricerca: «Si fa una ricerca di base solida. Dopo la pubblicazione dei risultati, si raccolgono evidenze precliniche con studi sugli animali. E solo dopo si passa alla sperimentazione sull’uomo, che prevede tre fasi ben distinte, e i cui risultati vanno resi pubblici. Praticamente tutto quello che  Stamina non ha fatto».

IL NUOVO COMITATO. Intanto, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha individuato i membri del nuovo Comitato scientifico chiamato a valutare il metodo Stamina, a seguito dell’ordinanza del Tar del Lazio che ha invalidato il lavoro della prima Commissione perché i suoi membri aveva già espresso in precedenza valutazioni sulla materia. Il presidente del nuovo Comitato è Mauro Ferrari, presidente e Ceo dello Houston Methodist Research Institute e professore presso il Weill Cornell Medical College di New York, nonché presidente della Alliance for NanoHealth. Gli altri componenti del Comitato sono: Sally Temple, esperta di staminali e direttore scientifico del Neural Stem Cell Institute di New York; Curt R. Freed, anche lui esperto di staminali e Capo divisione e professore presso l’University of Colorado (School of Medicine); Vania Broccoli, esperta di cellule staminali e Capo dell’Unità della Divisione di Neuroscienze Stem Cell Research Institute, Ospedale San Raffaele di Milano; Francesco Frassoni, anche lui esperto di cellule staminali, che dirige il centro cellule staminali e terapia cellulare Ospedale Giannina Gaslini di Genova. E ancora due italiani: Carlo Dionisi Vici, clinico esperto di terapia cellulare, Malattie metaboliche Dipartimento di pediatria dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e Antonio Uccelli anche lui clinico esperto in terapia cellulare, Centro per la Sclerosi Multipla dell’Università di Genova, Neuroimmunologia del Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica.

I PRESCELTI DI VANNONI. Neanche la nuova Commissione Lorenzin tuttavia risulta gradita a Vannoni, che invita il ministro «ad equilibrare il comitato con dei nomi fatti da noi, perché è il Tar ad aver chiesto equilibrio». E pur riconoscendo «che nessuno degli esperti scelti dal ministero ha finora pubblicato articoli contro il metodo Stamina», insiste che «per parlare di imparzialità ed equilibrio questi professori dovrebbero essere affiancati da altri scelti insieme a noi». Vannoni fa anche i nomi: Camillo Ricordi dell’università di Miami, esperto di trapianti cellulari, e Marcello Villanova, neurologo dell’ospedale Nigrisoli di Bologna.

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