Siena. «Non votate chi ha causato il disastro Mps»

Intervista a Paolo Emilio Falaschi, avvocato degli azionisti che hanno visti perduti i propri risparmi. Perché la sinistra è inadeguata a guidare la città

L’avvocato Paolo Emilio Falaschi è una persona nota a Siena. Da anni, in quanto legale di un centinaio di piccoli e medi azionisti che hanno visti perduti i propri risparmi a causa delle vicende del Monte dei Paschi, segue le sorti della più antica banca italiana, scrive lettere, cerca di far sentire la propria voce, «perché – spiega a tempi.it – i giornali ne parlano un po’ qua e un po’ là, ma spesso manca la visione d’insieme. Sa a quanto ammonta la cifra dei crediti deteriorati? Siamo a 48,6 miliardi di euro. Si rende conto?». Il fatto è che il 10 giugno la città va al voto e l’esito potrebbe non essere quello che ormai è scontato da oltre settant’anni: la vittoria della sinistra. Dai tempi del Pci fino al Pd di oggi, qui hanno sempre vinto loro, ma è da un po’ di tempo che in città pare tirare un’aria nuova. Si deve aggiungere il fatto che, a causa di un litigio sul simbolo, alle comunali non si presenteranno i cinquestelle che alle ultime elezioni politiche hanno raccolto quasi il 20 per cento. La partita è aperta e in corsa ci sono nove candidati di cui i principali sono il civico Luigi De Mossi per il centrodestra (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Voltiamo pagina), Bruno Valentini – sindaco uscente Pd – per il centrosinistra e Pierluigi Piccini – ex sindaco di sinistra anche lui – per la lista “Per Siena”, più altre liste minori.

SOLO CONTRO TUTTI. Falaschi s’è dunque sentito in dovere, «pur non occupandomi di politica, di informare i miei concittadini di alcune notizie ed informazioni importanti che sono confermate da documenti inconfutabili in mio possesso, i quali hanno contribuito, fino ad ora, a far accogliere le miei richieste giudiziarie, dinanzi al Tribunale di Milano nonostante che i pubblici ministeri avessero, per ben due volte, richiesto, incredibilmente, l’archiviazione delle mie denunce». Falaschi lamenta di aver dovuto combattere quasi da solo contro tutti, ma di essere riuscito anche ad ottenere alcuni importanti risultati, su tutti il rinvio a giudizio di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola (rispettivamente ex presidente e ex amministratore delegato di Mps) con le accuse di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato azionario. La prima udienza è stata fissata per il 17 luglio.

LA BANCA 121. «Vede – spiega Falaschi a tempi.it –, a tutti è noto che il disastro Mps dipende dall’acquisto della Banca Antonveneta, ma c’è un fatto precedente che merita di essere messo in luce ed è la “prova generale” di quell’acquisto che fu l’acquisizione perfezionata nel 2010 della Banca 121 del Salento (dove si trovava il collegio di Massimo D’Alema). Un acquisto strano: perché Mps, grande banca italiana, andava a comprare la piccola banca salentina? Eppure la pagò a peso d’oro e si portò in pancia i fondi truffa For You e My Way, che poi Mps dovette risarcire agli acquirenti ingannati. Allora sindaco di Siena era Piccini che, come tutti sanno, aveva poteri enormi, nominando quasi tutti i rappresentanti della Fondazione Mps. Ebbene, non mi risulta che Piccini mai cercò di contrastare questa acquisizione. È un fatto, poi, che, stranamente, il direttore della 121, Vincenzo De Bustis, divenne in seguito direttore generale della Banca Monte dei Paschi. È un fatto anche che poi, una volta non più sindaco, Piccini fu a sua volta nominato da De Bustis come direttore generale della Monte dei Paschi Banque Parigi».
«Non voglio accusare nessuno – prosegue Falaschi –, mi interessa solo che i miei concittadini siano ben informati sui fatti. A quanto ho potuto appurare, l’ex sindaco Piccini che oggi si ripresenta per tornare primo cittadino di Siena, allora fu trattato molto bene. Oltre a circa tre milioni e mezzo di euro in corrispettivi, godette di un appartamento da 400 mila euro, spese per viaggi in aereo per altri 400 mila euro e altri 25 mila euro in telefonate».

ANTONVENETA. I veri guai per Mps iniziarono con la decisione di acquistare la Banca Antonveneta nel 2007. «Acquisto – ricorda Falaschi – concluso dal presidente Giuseppe Mussari con due telefonate e autorizzato dalla Banca d’Italia, allora guidata da Mario Draghi, nel 2008. Il tutto senza che sia mai stata fatta una due diligence, cioè una perizia. Il tutto fu fatto per un prezzo di 9 miliardi, ma per un costo di 18 perché vanno considerati anche i debiti che gravavano sulla banca». Quindi ci fu raccontato che Antonveneta fu comprata per 9 miliardi, ma in realtà «Bankitalia e Consob sapevano che il costo reale sarebbe stato di 17 miliardi perché c’erano altri 7,9 miliardi che il Monte dovette saldare per il debito di Antonvenata con gli olandesi di Abn Amro. Io non ho mai capito perché Mps abbia voluto comprare Antonveneta. Quel che so, perché ho le fotocopie dei bonifici, è che il Monte dei Paschi pagò quasi 18 miliardi quella sciagurata operazione».
«L’attuale sindaco Valentini – prosegue l’avvocato – viene ora a raccontarci che è grazie a lui che la Banca è stata salvata. Quindi dovremmo dire grazie a lui, a Profumo e a Viola se ora è tutto a posto. È stato solo grazie a una mia opposizione all’archiviazione che sono riuscito a far accertare dal giudice che nei bilanci Mps Profumo e Viola avevano provveduto a contabilizzare come titoli di Stato circa 8 miliardi di derivati dei contratti Santorini e Alexandria, contratti sottoscritti con la banca giapponese del Gruppo Nomura e la banca tedesca Deutsche Bank».
Tutto ciò, insiste l’avvocato, non poteva essere fatto: «Profumo e Viola hanno stipulato con Nomura e Duetsche Bank una transazione tombale che io ritengo nulla. Ho insistito più volte che si aprisse una mega causa di risarcimento danni per miliardi di euro contro le due banche, ma nessuno pare interessato a farla. Perché? Perché Valentini continua a sostenere di aver salvato Mps, ma non ha mai fatto nulla per impugnare quelle transazioni? Chi glielo va a spiegare a quelle quasi 25 mila persone che rischiano il posto di lavoro?».

CHI VOTARE. A questo punto, conclude Falaschi, «i miei concittadini dovrebbero avere le idee chiare su come comportarsi il 10 giugno. La città è da troppo tempo nelle mani di un solo partito. Ci sono nove candidati che rischiano di provocare una dispersione dei voti e di portare al governo chi ci farà ripiombare nella solita vecchia storia. La sinistra senese è purtroppo diversa dalla sinistra tradizionale e i suoi componenti non hanno la cultura e la capacità amministrativa adeguata a guidare la città. A mio parere va evitato di far tornare a comandare qualcuno di coloro che è stato responsabile di questo disastro di Mps, la più antica e florida banca d’Italia. Da ricca e fiorente che era, la nostra città ha perduto tutto. È per questo che guardo con favore alla candidatura dell’avvocato Luigi De Mossi che è persona capace e stimata. Partito con la sua lista civica è stato poi appoggiato dai partiti del centrodestra che appartengono all’arco costituzionale. Mi pare l’unica persona adatta a guidare Siena e in grado di scoperchiare la pentola per far finalmente chiarezza sulla vicenda Mps».

Foto Ansa

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