Sentenza Cassazione sul kirpan. «Servirebbe una legge speciale per i sikh»

Il caso dell'indiano multato perché portava con sé il pugnale rituale. Intervista a Massimo Introvigne su un "caso limite"

La Corte di Cassazione ha imposto a un uomo di religione sikh un’ammenda di 2.000 euro perché «portava fuori dalla propria abitazione, senza un giustificato motivo, un coltello della lunghezza complessiva di 18,5 centimetri idoneo all’offesa per le sue caratteristiche». Il coltello in questione è il kirpan, uno dei cinque simboli di questa religione monoteista nata in India nel XV secolo. L’uomo coinvolto è un indiano di Mantova che, dopo essere stato condannato dal Tribunale della città, ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che la lama, come il turbante, «era un simbolo della religione e portarlo costituiva adempimento del dovere religioso». La Corte però ha respinto il suo argomento decretando che «è essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale». La sentenza inoltre recita: «La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quelli di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante».

LIBERTÀ E SICUREZZA. «Il grande dilemma, sorto anche in altri casi e in altri paesi, è se debba prevalere l’interesse pubblico oppure la libertà religiosa dei singoli» commenta a tempi.it Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Centro studi sulle nuove religioni. «Alcuni paesi hanno risolto il problema modificando la legge. L’Inghilterra, per esempio, dove è presente un’ampia comunità di sikh, ha una legge speciale che autorizza questi credenti a portare il pugnale rituale. Negli Stati Uniti e in Canada sono state emesse delle sentenze che fanno prevalere il principio della libertà religiosa sull’ordine pubblico e la sicurezza. Nell’Europa continentale invece c’è una giurisprudenza costante che dà la precedenza all’interesse dello Stato».

60.000 FEDELI. L’Italia, spiega Introvigne, ospita la seconda comunità sikh più grande d’Europa, dopo il Regno Unito: «Secondo alcune stime, sono circa 60.000 i fedeli nel nostro paese. Abbiamo avuto una forte ondata immigratoria di sikh dovuta soprattutto al loro impiego nell’agricoltura, in cui si sono mostrati molto abili ed efficienti. Alcuni imprenditori mi raccontano per esempio che un agricoltore sikh munge sei mucche nello stesso lasso di tempo in cui un italiano ne munge una». Abitano soprattutto nelle città della pianura padana, infatti «i tre templi principali al di fuori dell’India si trovano a Novellara (inaugurato dallo stesso Romano Prodi, all’epoca presidente della Commissione europea), nel Cremonese e nel Bresciano». Davanti a questi numeri, sostiene Introvigne, lo Stato deve quindi porsi il problema di come gestire, anche a livello di normative, questa integrazione.

CASO LIMITE. Introvigne rileva inoltre che «in 28 milioni di sikh nel mondo, sono pochissimi i casi in cui un fedele abbia usato il proprio coltello in maniera offensiva. Il portarlo appeso alla cintura ha solo un significato rituale». Personalmente, Introvigne è convinto che «tra il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa deve sempre prevalere il primo. Ma per quanto queso caso sia al limite, credo che la soluzione sia adottare delle leggi ad hoc che tutelino questa minoranza religiosa. Come abbiamo fatto delle leggi speciali per i musulmani che consentono la macellazione halal (da noi illecita perché va contro le nostre norme igieniche e le nostre pratiche a tutela degli animali), allo stesso modo si potrebbe pensare a nuove leggi per i sikh».

@fra_prd

Foto Wikipedia

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