Senato, abolizione. Ecco cosa cambierà

Il Senato della Autonomie avrà 148 membri non eletti senza indennità e vitalizi. Resta solo la funzione di garanzia costituzionale. Boschi: «Grasso? I numeri in Senato si trovano condividendo il progetto»

Un senato snello, «In tutto 148 persone» ha confermato il ministro ai Rapporti con il parlamento Maria Elena Boschi con un’intervista a La Stampa, che non voterà più né fiducia né bilanci, ma che eserciterà solo funzioni di garanzia costituzionale, in modo più rapido e più economico. Questa è il contenuto della bozza di riforma costituzionale che entra in queste ore al Consiglio dei ministri.

SENATO DELLE AUTONOMIE. A confermare le parole del ministro Boschi c’è infatti proprio una bozza che circola da stamattina a Roma, in cui si legge a chiare lettere come il governo Renzi rispedisca al mittente accuse e richieste formulate dal presidente di Palazzo Madama, Piero Grasso: “Il Senato delle Autonomie è composto dai Presidenti delle Giunte regionali, dai Presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano, dai sindaci dei Comuni capoluoghi di Regione e di Provincia autonoma, nonché, per ciascuna Regione, da due membri eletti, con voto limitato, al Consiglio regionale tra i propri componenti e da due sindaci eletti, con voto limitato, da un collegio elettorale costituito dai sindaci della Regione”. Nessuna “percentuale” di membri eletti, come ha chiesto Grasso, un totale pulito di «148 persone» confermato da Boschi perché a questi membri di diritto si aggiungono «21 senatori su nomina del presidente della Repubblica per sette anni. I senatori a vita esistenti restano in carica. E faranno parte del Senato, questa è una variazione al testo della riforma precedente».

LE NUOVE COMPETENZE. Stando alla bozza in circolazione, sarebbe finita l’era della spola delle leggi tra Montecitorio e Palazzo Madama, e anche in questo si legge un niet alla proposta dei senatori Pd, che almeno chiedevano di lasciare competenza in materia di leggi elettorali e diritti civili. Boschi spiega che il nuovo Senato avrebbe «Pari poteri alla Camera per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale. E anche sull’elezione Capo dello Stato, dei membri del Csm e della Consulta». Esemplifica Boschi: se «La Camera approva una legge, il Senato può pronunciarsi entro 30 giorni proponendo delle modifiche. La Camera a quel punto ha 20 giorni per pronunciarsi in via definitiva, accogliendo il testo del Senato o confermando il testo iniziale. Ma la parola finale spetta alla Camera e ci sono tempi certi per le leggi». In parole povere, rispetto ai deputati i senatori avranno pochissima voce. L’unica eccezione sarà «Nelle materie in cui vengono toccati gli interessi di comuni e regioni in maniera diretta. Ad esempio, pur restando la competenza statale, quando si incide sulla materia fiscale, Regioni e Comuni hanno una maggiore voce in capitolo».

«NESSUN COMPENSO». Boschi assicura altresì che i nuovi membri del Senato non percepiranno «indennità e vitalizi connessi». Impossibile per ora stimare il risparmio, perché «molto dipenderà dall’unificazione delle strutture di Camera e Senato».

RIFORMA TITOLO V. Non solo è prevista la cancellazione definitiva per via costituzionale delle province, nella riforma, ma anche del Cnel. E poi è contenuta una sostanziosa modifica al Titolo V, con una ridistribuzione delle competenze oggi regionali allo Stato: «produzione, trasporto e distribuzione nazionali di energia; grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza, porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale, programmazione strategica del turismo; ordinamento delle professioni intellettuali e della comunicazione» tornano al governo centrale.

«NESSUN ALLARME». Boschi sottolinea che non c’è nessun allarme, semmai «la grande opportunità che chi vince possa governare avendo gli strumenti per farlo. Noi siamo disponibili a fare modifiche, ma non si può tornare indietro sui punti cardine», e che la Camera «Lavorerà tanto e meglio, evitando il ping pong con il Senato, eliminando uno spreco di tempo, insomma lavorerà in modo più efficiente, ottimizzando i risultati». Inoltre, il ministro evidenzia: «Che non vi sia l’elezione diretta non è una fissazione mia o del premier. È uno degli elementi che abbiamo sempre condiviso sia con gli alleati di governo che nel pacchetto di riforme con Forza Italia. Rispetto al testo del 12 marzo non ci sono rivoluzioni». E assicura a Grasso: «Dice che vuole aiutare Renzi? Beh i numeri in Senato si trovano meglio magari condividendo un progetto, non smontandolo. Anche alcuni parlamentari del Pd vogliono ora il Senato elettivo? Sono gli stessi che hanno chiesto e ottenuto che l’Italicum valesse solo per la Camera, delle due l’una».

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