Perché la gente viene al Meeting di Rimini e perché ci torna? Non ce ne vogliano Mario Draghi o Matteo Salvini, le tante eccellenze ed eminenze che calcano i palchi della fiera, gli amministratori delegati e gli imprenditori, i teologi e gli uomini di cultura, ma non è (solo) per loro. È piuttosto per una strana amicizia – lieta, viva, chiassosa – che si intravede nei padiglioni, sulle panchine alle piscine, in ogni crocicchio di giovani e meno giovani che si assiepano tra gli stand. Ma c’è un posto, e solo uno, che incarna alla perfezione questa storia di amicizia che è il Meeting: ed è lo stand della Fraternità San Carlo Borromeo.
Se non l’avete ancora visitato, al padiglione C2 di fianco alla libreria, vi conviene rimediare. Ma dovrete dare di gomito, perché è lo stand più visitato e di conseguenza più invidiato del Meeting. Non è solo per la rivista Fraternità e missione (abbonatevi!) che tante persone si avvicinano al bancone, non è appena per ascoltare la mostra Camminarono insieme sul Libro di Tobia (guardatela!) che si accomodano sulle panchine all’interno dello stand, non è tanto per consultare la lavagna degli incontri (buttate l’occhio!) che affollano l’ampio spazio curato dai missionari e dalle missionarie.
È prima di tutto per incontrare amici, fratelli, figli, compagni di strada che tutti accorrono. E chi non c’è mai stato – specie i giornalisti che non riconoscono una notizia neanche quando ce l’hanno sotto il naso – potrebbe stupirsi di vedere tanta gente, di ogni età e nazionalità, prodursi in abbracci, saluti, pacche sulle spalle, risate, lacrime. E poi frotte di bambini che si rincorrono, gridano, sempre inopportuni, e fanno il diavolo a quattro.
Che cosa cercano queste persone così diverse in quel padiglione C2? Cercano uomini e donne vivi, pieni di problemi come tutti, ma certi che è possibile «camminare insieme alla scoperta del disegno buono che Dio ha preparato per ognuno di noi». Come Tobi, un giusto, uno dei protagonisti del Libro di Tobia dell’Antico Testamento e della mostra della San Carlo che lo illustra, il quale perde il patrimonio e pure la vista e, disperato, prega Dio di ucciderlo. E Dio lo ascolta e risponde, «subito», ma non nel modo in cui si aspettava Tobi.
Ed è un cammino impensabile quello che Dio apparecchia per lui, attraverso il viaggio che fa compiere al figlio Tobia. Per conoscere ogni dettaglio della storia dovrete recarvi allo stand in C2 e seguire una delle tante spiegazioni della mostra, l’unica che non richiede prenotazione e che lascia i visitatori con una domanda che sa di sfida: «Non siamo solo noi preti e suore ad avere una missione. Tutti ne abbiamo una. E ciascuno di noi deve chiedersi qual è e scoprire la sua». Capita sempre così quando ci si imbatte nello stand dei missionari e delle missionarie della Fraternità San Carlo Borromeo: si entra con un’idea, un pregiudizio, un chiodo fisso e si esce con molto di più.