Lo scontro tra Schlein e De Luca è una questione di cacicchi, capibastone e portasecce

La segretaria Pd si vuole liberare del funambolico governatore, ma non sarà impresa facile. In Campania nessuno parla, ma tutti si preparano alla resa dei conti

Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, 1 aprile 2023 (Ansa)

Bocche cucite. Con questa tipica locuzione giornalistica viene più facile descrivere l’aria che tira dalle parti del Partito democratico campano. Nessuno parla, molti alludono ma senza sbilanciarsi, specie nel vasto entourage del governatore. La rogna nasce da un nome, anzi due, com’è noto: Vincenzo De Luca, presidente della giunta regionale della Campania al suo secondo mandato, ed Elly Schlein, nuova segretaria del partito che, stando all’abbrivio, pare abbia mantenuto una delle prime promesse annunciate, cioè liberare il Pd da «cacicchi e capi-bastone».

Non si riferiva ai Boccia, ai Franceschini o agli Orlando, schierati con lei nell’ultima puntata dell’eterna fase congressuale dem, né a Stefano Bonaccini, presidente emiliano del quale è stata vice oltreché antagonista al congresso, poi vittoriosa, peraltro anch’egli interessato alla questione del terzo mandato. Si riferiva, come si sa, soprattutto a uno tra i cacicchi del Pd, cioè a Vincenzo De Luca, che neppure nel giorno del suo onomastico, ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla lotta dentro e fuori al partito.Inaugurando la mostra al Mann di Picasso, ha alluso, con i cronisti, a quel che sarà: «Abbiate fede, vi ho promesso momenti di effervescenza e di allegria, facciamoci Pasqua e le pastiere e poi vedrete che ci ritroveremo». Questione di poche decine di ore, così sembra.

«Ci saremo per molto tempo»

Schlein ha mandato un commissario di partito in Campania, il deputato Antonio Misiani, che ha già avuto modo di dire auto-ironicamente di essere «consapevole che sarò bullizzato». De Luca, infatti, a Ercolano in occasione di un’inaugurazione di una stazione Eav (Ente autonomo Volturno, società pubblica regionale dei trasporti), alla domanda di qualcuno se avesse intenzione di incontrare l’inviato di Elly Schlein in Campania, con tipico sarcasmo ha replicato: «È un bell’uomo, certo che lo incontrerò».

Invece no, niente faccia a faccia, tutto è saltato nonostante la mediazione costante del figlio del governatore, Piero, vice capogruppo Pd alla Camera, il quale pare abbia concordato il vertice per lunedì scorso, fallito all’ultimo minuto per quel gioco delle parti che normalmente accompagna le trattative di qualsiasi natura. De Luca, però, sempre ad Ercolano qualcosa l’aveva gettata nella mischia, costringendo gli osservatori a fare due conti: «Tranquilli, se Dio vorrà e soprattutto se la salute ci accompagnerà, ci saremo ancora per molto tempo, saremo qui all’inaugurazione nel 2023, nel 2024, nel 2025 e anche nel 2030». Si riferiva ai successivi mandati da governatore o alla vacuità del taglio dei nastri per opere pubbliche eternamente incompiute? Si propende per la prima ipotesi.

Bocche chiuse

Un consigliere regionale salernitano a lui molto vicino, e da sempre, dice a Tempi che «non è il caso che io entri in questa discussione, capisco l’esigenza di voi giornalisti ma è meglio che per queste cose facciate riferimento agli organi ufficiali del partito». Sì, certo, a parte che questi “organi ufficiali” celebrano il silenzio, c’è però la questione dell’eventuale terzo mandato che dovrà essere votata in Consiglio regionale, replichiamo. Ma il consigliere non cede: «Se ne riparlerà a tempo debito, le elezioni saranno tra due anni».

Ma se a Salerno non parla nessuno, a Napoli e nel resto delle province non va meglio. Pungolato pure un altro big del partito, uno molto ma molto “big” appunto, di quelli che al solo sentire il nome dello Sceriffo di Salerno viene ancora l’orticaria dopo anni, anche qui la palla non va in buca, per insormontabili impegni personali. Così ha detto.

Portasecce da Roma in giù

Un deputato vicino al presidente della Campania ma non di origine “comunista”, dopo un paio di giorni di tira e molla, pure è stato risucchiato nel vortice degli impegni istituzionali e, quindi, di parlare del caso Campania non c’è stato verso.

Lo stesso governatore, forse presentendo nuove trame in suo danno, ha canzonato i suoi avversari nel concludere il breve accenno alla vicenda del Pd e del suo ruolo al vertice della Regione, parlando di «un numero imprecisato di portasecce (porta sfiga, nda), soprattutto da Roma in giù». Segno che la partita col Nazareno – leggi Elly Schlein e caciccame di contorno – De Luca la considera meno impegnativa di quella montante nel suo territorio.

Ma la “seccia” De Luca ce l’ha avuta in mente anche mercoledì sera intervenendo alle celebrazioni per il nono centenario della fondazione dell’abbazia di Santa Maria di Montevergine, in Irpinia, facendone un breve cenno con l’abate, invitato poi a impartirgli una benedizione: «Ci sono troppi “porta male” in giro», ha detto il governatore tra le risate del pubblico.

Pd più 5 stelle alle regionali

Tornando al tema centrale, la lettura collettiva della vicenda ha finora riferito di una contropartita di natura familiare chiesta dal governatore per rinunciare alle proprie aspirazioni, vale a dire la conservazione del posto da vice-capogruppo a Montecitorio per il figlio Piero, la qualcosa sembra però parva materia dinanzi ad una questione molto più grande e complicata. Tempi ha provato a sentire lo stesso Piero De Luca ma, nonostante una spunta blu su WhatsApp, il silenzio è calato inesorabile. Comprensibilmente.

Altri boatos, seppure ancora sottotraccia, riferiscono di un contatto avuto tra De Luca e Carlo Calenda nei giorni scorsi, subito dopo la dichiarazione di guerra di Elly Schlein: riscontro non ce n’è, almeno non ancora, si vedrà se è un canale tenuto aperto in caso di terzo mandato negato e rassemblement “di sinistra” ostile con un altro nome in corsa per il Pd e con i 5 stelle alle prossime regionali, sul modello di Napoli città insomma. Formula che il governatore considera indigesta a prescindere.

E l’abate applaudì

De Luca, infine, ancora mercoledì sera a Montevergine ha tracciato una linea netta di separazione tra lui e la piattaforma politica del nuovo segretario su una questione enorme, attardandosi alcuni minuti sui cosiddetti diritti civili.

Nell’annunciare che sono in corso trattative per portare papa Francesco al celebre santuario irpino, De Luca, dopo aver esaltato il Discorso della montagna di Matteo (peraltro patrono di Salerno) come fondamento di tutti i diritti umani, dopo aver difeso a spada tratta il segretario di stato vaticano Parolin dagli «attacchi volgari subiti mesi fa per aver espresso normali perplessità sui temi sensibili», è tornato sulla litania Lgbt ripetendo, quasi pedissequamente, il racconto di un episodio rammentato proprio da Tempi alcuni giorni fa: «Premettendo il rispetto per ciascuno di noi »- ha detto De Luca – «ricordo che alcuni mesi fa era in discussione una legge sull’omotransfobia che prevedeva che ai bambini sin dalle elementari fosse imposta una giornata nazionale ad hoc. Ecco, io immagino un bimbo, come il mio nipotino di 8 anni, che a scuola deve sentir parlare di queste cose. Ebbi modo di dirlo allora e lo ripeto con chiarezza: andate al diavolo. E mi scusi l’abate». L’abate ha applaudito. E molti si chiedono cosa faccia ancora in quel partito.

Exit mobile version