Schlein, vignette e i “grassi” e “brutti” di Roald Dahl

Elly Schlein (Ansa)

Abbonata e sostenitrice di Tempi, sono rimasta contrariata dalla vignetta di Gudo Clericetti apparsa sul numero di febbraio. Non sono “salviniana” ma l’ho votato per la sua posizione sull’invio delle armi in Ucraina. Va bene tutto ma ci vuole rispetto anche per i suoi elettori.

Anna Maria Sevatti

Gentile Anna, le vignette devono per forza essere un po’ “irrispettose”, altrimenti non sarebbero vignette. E il buon Guido non è uno che le manda a dire, nemmeno ai politici di centrodestra.

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Caro direttore, mi pare che il mondo occidentale si stia condannando a diventare muto, a non parlare più e a non scrivere più (a causa del fatto che non pensa più, essendo diventato “pazzo”).

Mi è tornato in mente questo orribile pensiero quando ho letto che «hanno tolto le parole “grasso” e “brutto” dai libri di Roald Dahl», come ha scritto Silvana De Mari, la quale sostiene che dopo avere cancellato le parole, poi si cancelleranno le persone, come del resto sta già avvenendo, con “aborto”, “eutanasia” e via elencando. Ma, nel frattempo, saremo condannati a non parlarci più, perché tante (troppe) parole stanno venendo cancellate, persino se sono state pronunciate o scritte in tempi molto lontani da noi. Sono letteralmente pazzi tutti costoro che vogliono cancellare la storia e, con essa, le parole che l’umanità ha sempre usato per descrivere la realtà per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse.

Questi pazzi, infatti, non vogliono cancellare solo parole come “grasso” e “brutto” in base alla moda corrente, ma stanno cercando di cancellare parole che si trovano all’origine di ogni esperienza umana e, quindi, di ogni civiltà. Vogliono cancellare parole, che sono veri e propri archetipi, come uomo e donna, come padre e madre, come genere maschile e genere femminile e così via. Non potendo più dire tante parole, saremo costretti ad esprimerci con ridicoli gesti e diventeremo tutti dei mimi, non degli uomini veri e delle donne vere, che da sempre hanno avuto il privilegio di dare il nome alle cose, cioè alla realtà vista e incontrata.

Penso a che cosa potrebbe succedere se l’attuale pazzia non fosse prontamente curata. Dovremmo chiedere al grande Manzoni di correggere la sua pudica sintesi quando scrisse che “la sventurata rispose”. I pazzi potrebbero insorgere di fronte alla parola “sventurata”, riferita, in fondo, ad una persona ben libera di comportarsi in tutta libertà nel suo ambito affettivo. Dovremmo chiedere ai Vangeli di togliere alcune fondamentali parole dai suoi mirabili testi: innanzi tutto la parola “Padre”, che oggi costituisce, per i pazzi, quasi una ingiuria, invece che una benedizione. Ma anche le parole “cieco nato”, “muto”, “lebbroso”, “malato”, che potrebbero essere considerate offensive verso certe persone.

Insomma, percorrendo la strada aperta da questi pazzi ideologici, dovremmo, prima o poi, eliminare tutte le parole, perché ad ognuna di esse può essere affibbiato un significato negativo nei confronti di certe idee o di certe pazzie. Cioè, tutti muti e soli.

In particolare, i cristiani dovrebbero essere molto preoccupati per questo andazzo, visto che una delle colonne su cui si basa l’esperienza prima giudaica e poi cristiana è costituita proprio dalla PAROLA, che si è fatta carne per tirarci fuori dalle nostre pazzie. Potremo ancora usare propriamente la parola per annunciare la verità di Cristo? Il quale è stato severissimo in proposito, quando, secondo il vangelo di Matteo, ha detto: «Di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio, infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato». Le mode di oggi hanno inventato un nuovo modo per usare male, in modo pazzesco, le parole e cioè quello di cancellarle o, almeno, di tentare di farlo. A questa pazzia, noi abbiamo la responsabilità di opporre resistenza, cercando di andare alla radice del problema.

E penso che la radice del problema stia nel tentativo di sconvolgere, se non addirittura eliminare la realtà. In questi giorni sto leggendo il libro San Tommaso D’Aquino di Chesterton, il quale sottolinea che la grande mente (sana) del dell’immenso teologo e filosofo non ha fatto altro che valorizzare proprio la realtà, in quanto «la mente non basta a se stessa ed è naturale che si alimenti di fatti; in quanto organo ha una finalità oggettiva: nutrirsi della concretezza della realtà». Ed in contemporanea il Servo di Dio don Giussani, nel suo libro Dare la vita per l’opera di un Altro, si chiede: «Perché è ragionevole sottomettere la ragione all’esperienza? Perché l’esperienza ci dice la realtà che ci è data, in cui ci si imbatte, non è creata da noi, non è inventata da noi». Mi pare che i pazzi del nostro secolo (ogni secolo ha i suoi) vogliano cambiare le parole perché, in fondo, vogliono cambiare la realtà. Insomma, vogliono mettersi al posto di Dio, come possiamo leggere all’inizio della Genesi. A noi la responsabilità, piena di carità e di verità, per dire e testimoniare che si perde la testa quando si abbandona il Signore. E che si torna ad usare le parole giuste, quando Lo si segue.

Peppino Zola

Caro Peppino, sul numero di Tempi di marzo il nostro diavolo Berlicche ha riscritto, in linguaggio politicamente corretto, la parabola del Figliol Prodigo. Leggila, è un capolavoro di ironia.

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Un amico mi manda un’intervista della Stampa a Mattia Santori. E chiede: “Cosa ci aspettiamo da Elly Schlein?”.

Ho idea che la cosa più probabile sia che assomigli sempre di più alla Sanna Marn, alla Jacinda Ardern. Cioè alle Giovanne d’Arco che magicamente si allineano tutte sullo stesso confine / spartiacque antropologico ( che è lo stesso di Santori, che però studia di meno e fa più flanella…). O, se fa carriera, a Annalena Baerbock, leader dei Verdi Tattici Nucleari tedeschi, la Chimera perfetta… (guerra, fonti energetiche illusorie, e che i “produttori “, industriali o operai che siano, si fo**ano…). Anche se, noto, per alcuni osservatori come Lodovico Festa, che reputano Elly Schlein sostanzialmente una creatura politica di Prodi, i legami della nuova segretaria del Pd con questo milieu potrebbero portarla a posizioni meno atlantiste e più filo Xi Jinping (un po’ come il M5s). Ne tengo conto, ma non lo so. Vedo però che Vittorio Emanuele Parsi – sul Foglio, ieri, preconizza (e auspica?) uno schieramento del Pd come quello dei Grünen… Cioè augura a Schlein di far carriera.

Carriera nella politica italiana che (e qui dissento da Ferrara, oggi, sempre sul Foglio, che vede necessario per Schlein un difficile passaggio dalle idee acchiappalike alla gestione concreta del potere) potrebbe prescindere – dati i vincoli esterni, i loro garanti interni, gli obiettivi 2030 irrinunciabili e lo Spirito del Mondo – dal vincere le elezioni….

Poi mi imbatto nell’articolo di Alberto Clò, “Il programma ambientale di Schlein è contro l’interesse nazionale” (sempre sul Foglio, 28 febbraio).

Tutto giusto. Come se l’interesse nazionale (in Italia o altrove, nel nostro splendido mondo) fosse un baluardo insormontabile, vigilato diuturnamente dalle nostre valorose classi dirigenti, contro scelte dannose e controproducenti.

Ad esempio:

1) Protocolli di cura covid che hanno frullato la tenuta deontologica e professionale della classe medica (parte integrante della classe dirigente nazionale….)

2) Manomissione delle garanzie costituzionali relative alle libertà fondamentali (dalla libertà di circolazione all’articolo 32, passando per il diritto al lavoro), avallate senza un plissé da supreme magistrature, dirigenze politiche e sindacali, stampa, media, intellighentsija (classi dirigenti nazionali)

3) Adozione / costituzionalizzazione del “Green Deal” approvata a stragrande maggioranza del nostro valente Parlamento (classe dirigente nazionale)

4) Sanzioni belliche autolesioniste, di dubbia efficacia e di discutibile legittimità (sequestro degli asset di un paese belligerante con cui non si è formalmente in conflitto) voluta dall’allora “Italiano più alto in grado al mondo” (la crème della classe dirigente nazionale e internazionale)

5) il depauperamento della dotazione teoricamente difensiva da parte di numerose forze armate della nostra Alleanza ( classe dirigente del mondo occidentale)

6) Sabotaggio “amico” (“blue on blue”, si direbbe in termini militari…) di una fondamentale infrastruttura energetica europea ad opera della nostra Alleanza (classi dirigenti occidentali) e silenzio catatonico da parte del governo alleato danneggiato (classi dirigenti nazionali tedesche)

7) Suicidio industriale programmatico per uno dei settori produttivi europei di punta (la motoristica endotermica) a tutto vantaggio del principale e temibile competitor globale, ad opera del Parlamento europeo (la parte democraticamente eletta delle classi dirigenti continentali), con la supina e rassegnata accettazione dell’ineluttabilità del disastro da parte dei governi nazionali e delle corporation industriali continentali ( classi dirigenti nazionali e internazionali)

8) Rinuncia alla ricerca di una soluzione alle attuali gravi, ingiuste e pericolosissime controversie internazionali diversa dalla guerra, perseguita con determinazione da parte di tutti i governi occidentali ( per la classe dirigente nazionale italiana vale l’aggravante del dettato dell’art.11 cost.).

Il problema non è quanto il programma di Schlein sia contrario all’interesse nazionale ( che conta come il due di picche con la briscola a fiori) , ma quanto abbia in poppa il vento dello Zeitgeist.

E la nostra Giorgia a questo deve badare….

Carlo B. Scott – Visconti

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Salario minimo, ambiente e lavoro sono i temi della nuova segreteria del Partito democratico a guida della neo eletta Elly Schlein. Ha sottaciuto, per ora, un suo cavallo di battaglia, che, a dire il vero, sta a cuore a molta parte della vecchia e “nuova” politica radical chic e cioè il tema dei “diritti”. Il concetto dei “diritti” racchiude molti aspetti della modernità, dallo ius scholae e ius soli all’eutanasia. Oggigiorno si spinge molto sulla transizione di genere, che è un’appendice dell’omosessualità praticata, ma quello che sta alla base di tutti i “diritti” è l’aborto volontario, legale e ora anche chimico con la pillola abortiva a base di mifepristone e prostaglandine. Il tema dell’aborto è sempre il “brontolio astioso” che precede, accompagna e conclude ogni preteso diritto moderno. Le femministe francesi addirittura dicono con i loro cartelli che “l’aborto è sacro” e che “nessuno decide sul mio corpo” (dimenticando e omettendo che il concepito è un “altro” corpo e non il corpo della donna). Sembra strano ma l’aborto sta più a cuore ai cosiddetti “pro choice” (i pro scelta libera) che agli abortisti incalliti. I pro choice lo difendono a spada tratta forse perché non vogliono apparire abortisti veri e propri, essendo presenti anche fra le fila dei cattolici, ma il risultato è il medesimo. Anzi fa un certo effetto ascoltare un pro choice quando afferma: “Tu sei libera di fare quello che ti pare e piace e io sarò al tuo fianco sempre”. Che poi vuol dire: “Vuoi abortire? Ti aiuterò. Vuoi tenere il bambino? Ti aiuterò”. Per essere sinceri ad aiutare a tenere il bambino sono soprattutto le volontarie dei Centri Aiuto alla Vita e le persone di buona volontà, perché i pro choice parlano ma non si compromettono più di tanto. A meno che siano presenti in qualche programma televisivo.

Mettere sullo stesso piano la scelta di vita e la scelta di abortire è veramente un assurdo disumano, eppure anche molti uomini e donne lo dicono e lo fanno. Quando lo dice un marito o un compagno di vita di coppia è ancor più doloroso e la donna con l’andar del tempo si rende conto di chi ha vicino e non lo dimenticherà. I pro choice hanno anche un altro sottofondo psicologico e culturale che è quello di apparire “democratici” e rispettosi. Cioè con la famosa libertà di scelta vogliono dire a tutti, compresi i politici, “Io ti lascio fare quello che vuoi” che poi vuol dire “Tu ora lasci fare a me quello che voglio”. Così nessuno può mettere bocca sulle loro pretese libertà di vita perché la “libertà di fare quello che voglio” viene elevata al massimo arbitrio e dignità. In fondo, ma non molto in fondo, è una contrapposizione a viso aperto al magistero della Chiesa cattolica e al cristianesimo che invece prende come ragione di vita la Verità e l’Amore. I pro choice presi nel vortice delle loro libertà non si fermano all’aborto, che è sempre il primo diritto che reclamano, e quasi come conseguenza di questo gesto, che è estremo perché uccide una persona, ci attaccano tutti gli altri. Sempre nell’ambito del “faccio ciò che mi pare e nessuno osi dirmi qualcosa”, perché siamo, dicono loro, in una democrazia adulta. Per essere una democrazia adulta bisognerebbe dunque “fare quello che mi pare e piace” e lasciarlo fare a chiunque. Benedetto XVI° definì questi cosiddetti “diritti”, con un termine sintetico e folgorante, capricci.

I “diritti” reclamati oggi sono questi. Si parla ben poco di diritto alla scuola, alla casa, alla salute, alla vita, alla famiglia e si difendono ben poco i diritti dei popoli poveri e poverissimi.

Siamo ai soliti proclami dei radical chic progressisti e non ci meravigliamo, ma la gioia di stare sempre dalla parte della vita nessuno potrà togliercela.

Gabriele Soliani Reggio Emilia

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A proposito di quanto riportato da Pieri Vietti nell’articolo di oggi, viene spontaneo ricordare che le scorse stagioni, con le mascherine al muso, non abbiamo conosciuti praticamente influenze (e qui la base statistica supera abbondantemente le 600 mila unità). Quest’anno
invece… È stata ai tempi una misura di basso costo e buon senso, altro che dividere in buoni e cattivi. Non si tratta di certezze scientifiche, ma di buon senso. Lo stesso buon senso che durante qualsiasi emergenza non ti permette di attendere i tempi dei risultati di studi randomizzati.

Marco Zappa

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