Spacciare droga difesi da mamma, papà e qualche politico

Il ragazzo fermato al liceo di Roma era già stato processato due volte e mai condannato. I compagni hanno organizzano un picchetto davanti alla scuola

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Liceo Virgilio, via Giulia, centro di Roma. Sono le 10 di mattina del 22 marzo. I carabinieri indagano da tempo su un continuativo spaccio di droga dentro la scuola, con video che registrano le intense attività, svolte durante la ricreazione da quattro maggiorenni e da due minorenni. Colgono in flagranza L. G., 19 anni, iscritto alla scuola, mentre cede dell’hashish a un minore, e lo arrestano. L. G. non è alla prima performance del genere: nel 2013 era stato trovato in possesso di mezzo chilo della stessa sostanza: il Tribunale per i minorenni non lo aveva condannato, bensì «messo in prova». Una “prova” riuscita alla grande, se per la stessa ragione egli era stato processato pure nel 2014, e aveva proseguito fino all’arresto di qualche giorno fa.

Dove sta la particolarità della vicenda? Nel fatto che in questo caso il lavoro di prevenzione e di contrasto che le forze di polizia svolgono nelle scuole di tutta Italia incontra nell’ordine: la reazione di un centinaio di studenti che costringe la preside a chiudersi a chiave nel suo studio, rea di aver collaborato con gli “sbirri”; l’organizzazione da parte degli stessi studenti di un picchetto davanti alla scuola e di un tentativo di corteo diretto a piazzale Clodio, sede degli uffici giudiziari, in segno di solidarietà con l’amico arrestato; il sostegno che alcuni genitori esprimono per la “lotta” dei loro pargoli; l’immancabile annuncio di interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione presentata da deputati di Sinistra italiana. Ma soprattutto nel fatto che ciò accade subito dopo gli attentati di Bruxelles; nella città sede delle istituzioni europee un gruppo di terroristi uccide decine di persone e ne ferisce centinaia, e un po’ di bravi giovani romani, affiancati da mamma e papà e con adeguata copertura politica, pensano bene di protestare: contro la follia omicida in nome di Allah? Ci mancherebbe altro! Per rivendicare la canna libera.

Quantitativo personale?
È un episodio isolato, da non enfatizzare? Vorrei tanto qualificarlo in questi termini. Purtroppo coinvolge troppe persone, con ruoli e fasce di età differenti, ruota attorno a un luogo culturalmente prestigioso, nel cuore della capitale, è coerente con una stupefacente – per adoperare l’aggettivo adeguato – riforma della legge sulla droga passata due anni fa in poche battute su imposizione del governo dell’epoca (che è anche l’attuale). Nelle stesse ore a Firenze un quarantaduenne con precedenti specifici viene processato dal giudice per l’udienza preliminare dopo essere stato arrestato perché trovato in possesso di 12 involucri di cellophane contenenti quasi 600 grammi di cocaina, pura all’80 per cento, ritenuta idonea a confezionare 3.144 dosi medie giornaliere: il galantuomo è prosciolto perché quel quantitativo è stato ritenuto una provvista per uso personale. Una provvista, stando all’accertamento del perito, idonea a coprire il consumo personale di circa 8 anni e mezzo! D’altronde, argomenta il giudice, il soggetto in questione, oltre a essere assuntore abituale, è anche molto benestante: della serie, se sei ricco ti assolvo!

Per prevenire e contrastare l’aggressione terroristica servono polizie e servizi efficienti, scambi di informazioni, decisioni politiche coese, tutto ciò di cui abbiamo (ri)sentito in questi giorni. Ma le azioni folli dei tagliagole e degli stragisti muovono da volontà ferme, se pur distorte. Se la pagina del quotidiano che segue le bombe e le devastazioni nel cuore dell’Europa riporta la rivendicazione – corale e istituzionalmente appoggiata – del diritto alla canna, è logico e non da menagramo, immaginare che non sarà né breve né indolore.

Foto Ansa

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