Questo papa lo rovineremo con i quiproquò (freudiani)

Il sito di un grande quotidiano italiano quel giorno per alcune ore ha titolato così: “Francesco: non abbiate paura delle tenerezze”. È bastato cambiare una vocale

Mio caro Malacoda, c’è un gioco enigmistico che consiste nel cercare parole di significato diverso grazie a un semplice cambio di vocale o di consonante. È un passatempo che è più del semplice divertissement vocabolaristico. Non essendo le parole solo flatus voscis, nella sostituzione di un particolare accade in realtà un rovesciamento semantico, un cambiamento di significato a volte radicale.

Dal particolare, come insegnano le dispute teologiche medievali, può nascere l’eresia. Una congiunzione – filioque – può generare scismi millenari.

Io ti ho chiamato “caro”, e questo dice della mia benevolenza per te, se dicessi che sei un “caso” tu mi considereresti un ipocrita che finge di volerti bene ma che in realtà ti compatisce. Il “costo” è cosa diversa dal “casto”, anche se esser casti costa. Il “basco” è un copricapo, il “bosco” un insieme di alberi, ciò non toglie che vi possa essere un bosco basco. Non di rado capita di ascoltare “belle” donne che dicono un sacco di “balle”, ma se ben congegnata anche la balla è bella. Per un punto Martin perse la “cappa”, per un gol l’Inter è uscita dalla “coppa”. C’è chi ascolta la “Tosca” con le mani in “tasca”, Scarpia, se così si può dire, Tosca se l’è messa in tasca. Mia cara “Marta” è un buon inizio per una lettera d’amore, mia cara “morta” è finire prima di cominciare. Farsi portare dall’“aria” che tira 1.700 anni fa voleva dire andar dietro ad “Ario”, poi a Nicea gli spiegarono: “Ario, non è aria” e la cosa finì lì.

Il gioco si può applicare ai titoli dei film, per cui in un periodo di pansessimo I tre giorni del condor si trasforma significativamente ne “I tre giorni del condom”, la mafia de Il sasso in bocca si pornografizza ne “Il sesso in bocca”. Più innocentemente (ma forse non tanto) Il tempo delle mele diventa “Il tempo delle mule”. In omaggio al voyerismo imperante Gli occhi del parco si trasformano ne “Gli occhi del porco”. E, visto che siamo in tema (absit iniuria verbis), molti cederanno al trasbordo corrivo da Il destino di un cavaliere al ludico “Il festino di un cavaliere”.

Mi fermo qui.

Ti ho esposto questa varia casistica per indurti a riflettere sulla differenza tra un esercizio in cui l’intelligenza si applica volontariamente per cambiare il significato di una parola o di una frase e il lapsus rivelativo dell’intelligenza che cede il passo al desiderio recondito, e cambiando involontariamente una vocale stravolge tutto (ma rivelando in ciò se non la sua vera volontà almeno la sua voglia).

Sai che il nostro nuovo nemico ha conquistato il mondo ed eccitato i media con il suo «non abbiate paura della bontà, neanche della tenerezza». Sai anche che Tommaso d’Aquino diceva che «quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur», cioè insomma, vedendone il lato negativo (che è il nostro mestiere), uno capisce quello che ha già in testa e il tempo porta a galla i segreti pensieri di molti cuori. Ebbene, il sito di un grande quotidiano italiano quel giorno per alcune ore ha titolato così: “Francesco: non abbiate paura delle tenerezze”. È bastato cambiare una vocale, passare dal singolare al plurale, per rovinare un Papa. Diabolico! Quindi ben fatto!

Tuo affezionatissimo zio Berlicche

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