Qualche parola sincera sulla “neutralità” della Consulta

Guarda caso, ora che c'è un governo di destra, Repubblica lancia una campagna per avere dei giudici "super partes"

La presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, Roma, 23 giugno 2023 (Ansa)

Caro direttore, noto come stranamente il quotidiano più fazioso d’Italia, La Repubblica, si stia occupando, in questi giorni, della “neutralità” della Corte Costituzionale. Sulle pagine di tale giornale molto poco imparziale hanno elevato inni alla neutralità, indipendenza e imparzialità della nostra suprema Corte l’attuale presidentessa in una intervista e la presidentessa emerita in un articolo tratto da una conferenza tenuta il 20 giugno 2023.

In entrambi gli interventi, peraltro, si afferma una cosa ovvia e cioè che la Corte Costituzionale deve avere un unico riferimento e cioè la Costituzione più bella del mondo e non altro. Ovvio, ripeto, come si evince dalla semplice lettura degli articoli 134, 135, 136 e 137 della Costituzione, inseriti nel Titolo VI ( “garanzie costituzionali”) della Parte II.

Ma se tutto ciò è così ovvio, perché proprio il giornale più fazioso d’Italia solleva questo problema proprio in questo momento? Se vogliamo uscire dal campo dell’ipocrisia, anche la risposta a questa domanda mi sembra ovvia: perché si sta avvicinando il tempo in cui parte dei giudici costituzionali deve essere rinnovata. Ma mi pongo anche un’altra domanda: perché sollevare con tanta autorevolezza un tema che solitamente non si poneva, dandolo per scontato? Anche la risposta a questa domanda mi sembra ovvia, se si vuole essere sinceri. Perché si dà per scontato che il nuovo vento politico che ha cambiato la maggioranza parlamentare non sia super partes; anzi si presuppone che l’attuale maggioranza non possa geneticamente esprimere giudici che siano neutrali, indipendenti e imparziali. E ciò sul presupposto che solo una parte del Paese, quella interpretata dal quotidiano la Repubblica, sia in grado di operare scelte tese al solo fine del rispetto della nostra Costituzione.

Sinceramente, mi pare una posizione inaccettabile, che induce la parte sostenuta da quel quotidiano ad aprire una sorta di guerra preventiva contro intenzioni peraltro non ancora espresse. E quindi, dopo decenni di silenzio sulla materia, viene aperto il tema della neutralità della Corte, su di un altro presupposto e cioè che finora le cose in quel senso siano andate bene. Ma è proprio così? A questo proposito, vorrei fare due osservazioni.

La prima è che mi sembra inelegante dare per scontato che finora la politica sia stata “neutrale” nella scelta dei giudici costituzionali, mentre esiste il pericolo che ciò possa non più avvenire. In realtà, la politica è sempre stata ben presente riguardo alle nomine dei giudici, tanto è vero che hanno fatto parte della Corte persone che prima hanno esercitato funzioni di primo piano a livello del potere esecutivo, dove non si arriva senza “essere di parte” o senza appartenere più o meno ufficialmente a certe aree addirittura partitiche. Ed in queste nomine l’essere di parte è servito e come, tanto che, soprattutto negli ultimi tempi, la stessa Corte ha le caratteristiche con cui veniva definita la presenza dei cattolici in politica: una forza di centro che guardava a sinistra. Ed allora, se si vuole essere sinceri fino in fondo, non si può non notare che negli ultimi tempi lo sguardo a sinistra della nostra Corte Costituzionale si sia accentuato. Capisco che Repubblica desideri che questo atteggiamento strabico continui, ma almeno si esprima in modo chiaro, senza sollevare problemi che puzzano molto di nascosto moralismo, il che è sempre negativo. Se non altro attendiamo che la nuova maggioranza parlamentare si esprima, senza dare lezioncine inutili di buon comportamento.

La seconda osservazione riguarda, invece, una tendenza molto presente negli ultimi anni nella Corte, che potremmo anche definire come “tentazione”. E la tentazione è quella di trasformare la Corte in una sorta di terza Camera del Parlamento (la quarta è quella di Vespa). In base all’articolo 134 della Costituzione, la Corte deve giudicare circa le questioni di legittimità costituzionale. Punto. Deve dire se una legge viola o no il dettato della nostra carta fondamentale. Il suo compito, peraltro fondamentale, si ferma lì. Non può, a mio parere, entrare nel merito di ciò che il potere legislativo dovrebbe fare, imponendo alla sovranità dei parlamentari una linea di merito. Così facendo, la Corte violerebbe la separazione tra i poteri previsti nel nostro ordinamento. Questa tentazione, a mio parere, è già presente e anche su questo punto il passato non è del tutto candido. Ma questa tentazione (dovuta anche all’attuale debolezza del potere legislativo) deve essere superata subito, da qualunque “parte” arrivino i nuovi giudici costituzionali. Essere una corte neutrale e indipendente significa anche questo. Chissà se la faziosa Repubblica ne parlerà!?

Peppino Zola

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