L’Italia è indietro sul Pnrr. Draghi potrebbe non bastare

Entro Natale il governo deve approvare 19 riforme e altrettanti investimenti. Per ora in Europa garantisce il premier, ma se non arrivano i fatti la luna di miele potrebbe finire

Va bene che c’è Mario Draghi, e che finché ci sarà lui a Palazzo Chigi nessuno in Europa potrà mettere in discussione la serietà e la rotta intrapresa dall’Italia. Però, oltre all’allure, servono anche i fatti. E l’Italia è indietro. Molto indietro.

L’Italia è indietro sul Pnrr

Parliamo ovviamente delle scadenze del Piano nazione di ripresa (Pnrr), dalla cui attuazione dipende la ricezione dei miliardi del Recovery Fund. Come ricorda la Stampa, «il cronoprogramma che il governo si è impegnato a realizzare entro fine dicembre conta 51 obiettivi. Il primo rapporto di monitoraggio del lavoro realizzato un mese fa – il 23 settembre – conta otto riforme fatte su ventisette e cinque investimenti su ventiquattro. In totale: tredici “target” su cinquantuno raggiunti. E mancano ormai solo due mesi a Natale».

Riuscirà l’Italia a mostrarsi finalmente «seria e responsabile», secondo le parole utilizzate dal premier, di fronte all’Europa? Ci vuole una buona dose di fede nei miracoli per rispondere affermativamente. I problemi sono tanti, dalla burocrazia che rallenta l’attuazione di ogni decisione, all’opposizione di molti enti locali, fino alla spada di Damocle dei Tar disseminati in tutto il paese.

«Ci mancano 100 mila persone»

Ce n’è anche un altro di ostacoli sulla strada del Pnrr, ben riassunto dall’ad di WeBuild, Pietro Salini, che giovedì a un evento di Intesa Sanpaolo ha dichiarato:

«Noi abbiamo un problema serio, industriale. Ci mancano 100 mila persone. Fare il Pnrr significa avere 100 mila persone pronte per lavorare. Non ci stanno. Di queste, 26 mila persone specializzate, che non ci sono. Questo è il tema da affrontare, non i funzionari nella Pa».

Per ora basta Draghi, poi chissà

Tutti i pericoli e le incognite sulla strada del Pnrr sono stati ben riassunti per Tempi da Alan Patarga. Tra i numerosi capitoli di spesa e progetti necessari, ce ne sono anche tanti che destano perplessità per astrattezza o astrusità. Fino a che al timone del governo c’è Draghi, però, nessuno sembra essere interessato a mettere il dito nella piaga, ma in caso di trasferimento al Quirinale i nodi potrebbero venire al pettine.

Per ora il premier non si cura di questi problemi e cerca di accelerare: già la prossima settimana dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri un decreto per velocizzare l’approvazione dei progetti. Tutti sperano che sarà sufficiente, ma la verità è che nessuno ne è certo.

Foto Ansa

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