Perché rimpatriare gli immigrati irregolari è così difficile (e costoso)

In Italia ci sono 500 mila irregolari. L'anno scorso ne sono stati individuati 36 mila, ma gli espulsi sono stati appena 7 mila. Rimpatriare una persona costa 4-6 mila euro ma il vero problema è politico.

Al capitolo 13 del “contratto di governo” di Lega e M5s si parla di “Immigrazione: rimpatri e stop al business”. Nel testo si spiega che, a fronte di “circa 500 mila migranti irregolari presenti sul nostro territorio”, è “indifferibile e prioritario” mettere in atto “una seria ed efficace politica dei rimpatri”. Il leader del Carroccio, Matteo Salvini, ha più volte promesso che garantirà le espulsioni in prima persona, stanziando fino a 2,5 miliardi per effettuarli, ma è molto più facile dirlo che farlo.

RIMPATRIARE COSTA. Nel 2017, infatti, in Italia sono stati rintracciati 36.230 irregolari e sono stati emanati 36.240 ordini di allontanamento. I rimpatri effettuati, però, sono stati appena 7.045 secondo uno studio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa. «Uno degli impedimenti alle espulsioni è rappresentato dal costo», spiega a tempi.it Enrico Di Pasquale, ricercatore della Fondazione. «Secondo le stime di Frontex, il costo del rimpatrio di una singola persona va dai quattro ai seimila euro». Nel 70 per cento dei casi è necessario ricorrere alla procedura coatta, predisponendo voli charter con le adeguate misure di sicurezza (servono due agenti di polizia per ogni irregolare). Nel 2016, ad esempio, per espellere 29 tunisini sono serviti 74 accompagnatori per un costo complessivo di circa 115 mila euro.

ACCORDI CON I PAESI D’ORIGINE. Al di là del costo esorbitante, ci sono anche altri ostacoli: «Per fare i rimpatri servono accordi con i paesi di origine dei migranti», continua Di Pasquale. «La cooperazione deve essere molto forte perché spesso i paesi si rifiutano di prendersi in carico queste persone, impedendo l’espulsione. L’Italia ha diversi accordi con i paesi del Nord Africa, anche a livello comunitario europeo, ma questo non basta perché il confronto tra le autorità deve essere fatto per ogni singolo caso. Se gli Stati non collaborano, può anche capitare che all’arrivo in aeroporto non facciano entrare il migrante. E spesso bisogna trattare con regimi e fare contratti oscuri dal punto di vista etico».
I MIGRANTI NON C’ENTRANO. Nel contratto di governo si parla spesso delle persone arrivate in Italia con l’ondata migratoria degli ultimi anni, ma non sono loro ad essere stato oggetto dei rimpatri l’anno scorso. «Chi arriva con i barconi, per intenderci, fa richiesta di asilo politico e servono minimo due anni prima che si esaurisca una pratica, tra ricorsi e contro-ricorsi. Non a caso l’Unione Europea ci bacchetta sempre chiedendoci di velocizzare il processo di valutazione», specifica il ricercatore della Fondazione. «Le persone espulse nel 2017 sono perlopiù individui che hanno ottenuto in passato il permesso di soggiorno e che ora non ne hanno più diritto, magari perché hanno perso il lavoro. Si tratta soprattutto di marocchini, tunisini e albanesi, non di coloro che si sono visti rifiutare la richiesta di asilo politico o umanitario».
L’UE È PIÙ EFFICIENTE. I rimpatri risultano difficili in tutta Europa, visto che l’Ue l’anno scorso ha riportato nei paesi d’origine solo 200 mila persone. Alcuni paesi però sono più efficienti degli altri: mentre l’Italia espelle appena il 20% degli irregolari che identifica, la media europea è del 40%, con picchi del 70% (Regno Unito e Austria) e 90% (Polonia). Non è sufficiente, dunque, che il nuovo governo stanzi più risorse, «l’unica strada è potenziare gli accordi con i paesi d’origine, facendo sì che accettino più rimpatri», conclude Di Pasquale. «In Italia ci sono 500 mila immigrati irregolari, il dato indicato nel contratto di governo è corretto. Senza pensare di poterli espellere tutti, un obiettivo potrebbe essere quello di riportare a casa quelli che vengono individuati ogni anno, circa 36 mila persone. Sarebbe già un grande successo«.

@LeoneGrotti


Foto Ansa

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