Perché l’Arcidiocesi di Milano non vuole festeggiare i matrimoni nella Giornata della famiglia?

In un passaggio del documento su come preparare al meglio l'evento si chiede di non festeggiare gli anniversari per non rischiare di escludere divorziati, risposati o vedovi

Una comunicazione (Educare in spirito di famiglia) dell’Arcidiocesi di Milano in relazione alla “Festa della famiglia”, celebrata in tutte le parrocchie domenica 26 gennaio, contiene un passaggio singolare. Nel comunicato, infatti, al punto “Attenzioni da conservare”, si legge: «Evitare di celebrare in questa occasione gli anniversari di matrimonio per non rischiare di escludere le famiglie di persone separate, divorziate e risposate, vedove e senza coniuge per motivi legati all’immigrazione». Una preoccupazione per lo meno singolare, non essendo chiaro come il ricordo di un unione sacrale possa – e in che modo – disturbare o “rischiare di escludere” chi quell’unione ha dovuto o potuto reciderla. Poiché è da sempre preoccupazione della Chiesa quella di accogliere tutti e al tempo stesso indicare a tutti una via, risulta poco comprensibile il “suggerimento” dell’Arcidiocesi. Tra l’altro, mettendo sullo stesso piano situazioni molto diverse (una separazione non è un divorzio, una vedovanza non è assimilabile alla condizione di lontananza) pare un eccesso di zelo pensare che il festeggiamento di un matrimonio possa recare “disturbo” a chi tale unione non vive.

Il documento, per il resto, offre alcune condivisibile riflessioni e suggerimenti per celebrare al meglio la ricorrenza. Si ricorda che «è bello fare festa, dire sì con entusiasmo alla vita, ringraziare e lodare Colui che ne è l’autore». Il documento, quindi, ripropone alcuni degli auspici da sempre al centro della pastorale, anzi cercando di rilanciarla in modo che la dimensione familiare si faccia sempre più comunitaria. Unica sbavatura, se ci è consentito farlo notare, è quel passaggio che abbiamo sopra menzionato.

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