Perché ci piace Parisi, un laico che fa sedere la politica a capotavola

Ha un’idea positiva di laicità, non legata a retaggi ottocenteschi, ma guidata da una sincera dedizione al bene comune

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti).

Perché ci piace Stefano Parisi e perché siamo sicuri che sarà un ottimo sindaco per Milano? Per quattro motivi.

Innanzitutto perché è simpatico e, in tempi di lagna e recriminazione come strategia per ottenere voti, l’ironia e l’autoironia sono due aspetti caratteriali che ci mettono di buonumore. Di questo abbiamo avuto conferma settimana scorsa a Milano, durante la presentazione della candidatura di Luigi Amicone al consiglio comunale.

Dove – punto due – Parisi ha confermato che per lui la politica deve sedere sempre a capotavola, senza timore di immischiarsi nelle vicende umane ma, al contempo, senza la presunzione di essere l’asfissiante longa manus di uno Stato che s’infila nelle teste, nelle tasche e, talvolta, pure nelle mutande dei cittadini. Politica come responsabilità, ma politica anche come capacità di lasciare che la società proponga, faccia, brighi.

Terzo motivo è che Parisi è un garantista vero, non solo quando gli conviene per difendere gli amici, e gli amici degli amici. La sua risposta all’Huffington Post che gli chiedeva se avrebbe sottoposto le liste al vaglio della commissione Antimafia di Rosy Bindi c’è parsa spettacolare: «Le liste le garantiamo noi, e mettiamo persone che conosciamo e di cui ci fidiamo e che non hanno commesso reati. Quando la politica si presta a questo tipo di atti dimostrativi sulla corruzione abdica al proprio ruolo di garanzia verso i cittadini».

Da ultimo ci sentiamo rassicurati dalla sua idea positiva di laicità, non legata ad anacronistici retaggi ottocenteschi, ma guidata da una sincera dedizione al bene comune e alla libertà di ognuno di poter far valere in ambito pubblico i propri interessi e ideali.

Foto Ansa

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