Pecunia olet. Così le sanzioni possono davvero far male alla Russia

È vero, le sanzioni non hanno fermato l’invasione di Putin. Peggio: si ritorcono contro di noi. Eppure con il criterio della “compatibilità geostrategica” possono davvero rivoluzionare il sistema mondiale

Dopo l’esitazione iniziale e non poche contraddizioni nelle prime ore dell’invasione russa in Ucraina, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il complesso del blocco occidentale hanno dato l’impressione di procedere con un approccio sanzionatorio che potesse erigere un argine virtuale, sempre più alto, attorno al sistema economico e finanziario russo, condannandolo, se non all’implosione, almeno all’espulsione dal sistema mondiale di scambi di cui la Russia era diventata parte in seguito al collasso dell’Unione Sovietica nei primi anni Novanta.

Centrale in questo approccio dell’Occidente è stato l’utilizzo strategico, e non statico, delle sanzioni, che attraverso la modulazione dinamica della loro intensità e del raggio di estensione nella loro applicazione mira a generare aspettative destabilizzanti nei confronti di tutti coloro che operano in contropartita del sistema russo. Ma quali sono esattamente le implicazioni, anche di lungo termine...

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