Ora il Pd pretende un «risarcimento collettivo» dai magistrati che «deviano il corso della politica»

Dopo l'assoluzione definitiva dell'ex governatore emiliano Errani è scontro frontale tra sinistra e pm. Sfogo del sindaco di Bologna Merola: «Non me la sento di fare il tartufo»

Oggi su Repubblica compare un articolo che avrà fatto sobbalzare sulla sedia tutti quelli che negli ultimi venticinque non hanno voluto chiudere gli occhi di fronte alle invasioni del campo politico da parte della magistratura. «La questione magistratura-politica si apre anche a sinistra», scrive chiaro e tondo Michele Smargiassi sul quotidiano romano. Secondo Repubblica, «per rompere il tabù» che ha sempre visto il Pd schierarsi compatto “dalla parte della giustizia” (almeno finché nel mirino delle toghe c’erano quasi sempre solo gli avversari), ci sono voluti «i quattro anni di inutile calvario di un leader storico come Errani (che è ex perché si dimise dopo la prima condanna)». L’ex governatore dell’Emilia-Romagna infatti due giorni fa si è visto riconoscere «l’assoluzione finale (dopo quattro processi)».

LA CAUSA DELL’ASTENSIONE. L’esito politico del combinato disposto di inchieste giudiziarie, gogna mediatica e processi finiti nel nulla, Smargiassi lo riassume così: «Dimissioni, elezioni anticipate, crollo drammatico dell’affluenza al voto anche per reazione a un’altra inchiesta clamorosa: “Spese pazze”, gli scontrini ritenuti anomali di 41 consiglieri regionali, una “viaggiopoli” che riempì i giornali e svuotò la fiducia dei cittadini: ma anche quella si risolse quasi in nulla (ad oggi solo quattro condanne e una dozzina di assoluzioni)».

UN TEMA ENORME. Se però Repubblica non sembra intenzionata a utilizzare questa efficace sintesi per elaborare una pur minima forma di autocritica rispetto alla sua storica linea giustizialista, ci ha pensato il sindaco di Bologna Virginio Merola a trarre le conclusioni. «Errani non lo avrebbe mai detto, lo dico io: c’è un tema grande come una casa che riguarda i rapporti tra politica e pm», ha detto il primo cittadino del capoluogo emiliano, democratico doc appena riconfermato alla guida del Comune. «Errani ha servito le istituzioni con disciplina e onore. Qualcuno dovrebbe riflettere sul fatto, che tutto questo ha portato alle elezioni anticipate in Regione su un fatto che non sussiste».

«RESPONSABILITÀ CIVILE». Ma la critica di Merola non si è fermata qui, si è spinta molto oltre, travolgendo tra l’altro, forse involontariamente, anche la (mezza) riforma della responsabilità civile dei magistrati tanto sbandierata dal governo del “suo” Matteo Renzi: «Occorre che sulla responsabilità dei magistrati ci diamo normative adeguate a un paese civile: bisogna andare avanti sulla riforma della giustizia di cui si sta occupando il ministro Orlando. Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti». Poi Merola ha ricordato  che «a Bologna c’è un caso da chiudere in fretta», ovvero la mancanza da oltre un anno di un capo in procura: «Deve arrivare un procuratore, perché è evidente a tutti noi che manca una guida».

CHI PAGA? Addirittura il sindaco di Bologna pretende un «risarcimento collettivo». «Io non incolpo nessuno», ha detto, «tutti hanno fatto il loro mestiere. La magistratura deve essere autonoma e indipendente, ma se c’è una responsabilità che riguarda i dirigenti di qualsiasi amministrazione pubblica, che riguarda il codice civile per tutti quelli che hanno compiti di direzione e se ogni cittadino risponde del suo operato, io credo che almeno nei termini di un risarcimento collettivo un segnale vada dato. Ci sono state le spese pazze, ma si è andati a elezioni anticipate perché Errani è stato rinviato a giudizio. Su questo non me la sento di fare il tartufo».

«PORSI QUALCHE QUESITO». Del resto, aggiunge Repubblica, lo stesso Errani, pur mantenendosi più distaccato, ha osservato che «forse» il procedimento contro di lui «non si doveva aprire». Invece è stato aperto eccome, e secondo Smargiassi «deviò il corso della politica emiliana». Resosi conto di questo, il Pd locale si sta dividendo: «La corrente dei “procurini” è forte», spiega Smargiassi, ma «un’altra parte mal sopporta quelle che ritiene invasioni di campo». «Credo che il sistema giudiziario italiano si debba porre qualche quesito», ha commentato per esempio la presidente del Consiglio regionale Simonetta Saliera.

«EFFETTO IRREVERSIBILE». Non che in passato non ci siano state altre inchieste giudiziarie nei confronti di importanti esponenti politici emiliani: Repubblica elenca indagini e processi su Flavio Delbono, Giorgio Guazzaloca, sullo stesso Merola e la sua assessora Amelia Frascaroli. Ma come sanno i nostri lettori, è con il coinvolgimento nel dossier sulle note spese del successore di Errani, Stefano Bonaccini, che il Pd sembra essersi accorto per la prima volta che certe azioni giudiziarie possono «deviare il corso della politica», per dirla con Repubblica. Quando Bonaccini fu indagato, scrive Smargiassi, «non volle rinunciare alle primarie Pd», e «fece bene perché fu prosciolto in tempo. Ma il suo rivale Matteo Richetti fu tenuto sulla griglia fino a che scelse di ritirarsi, per poi essere anche lui, troppo tardi, assolto». E qui il quotidiano aggiunge una chiosa quasi incredibile, dopo quasi tre decenni di giustizialismo indefesso: «Tante inchieste che si sgonfiano in un “non sussiste”, ma l’effetto politico è irreversibile».

LO SCOPO DELLA GIUSTIZIA. Ovviamente l’Anm, il sindacato unico dei magistrati, ha subito respinto le «affermazioni irrispettose» di Virginio Merola e si è affrettato a giustificare l’opera dei magistrati con la solita obbligatorietà dell’azione penale: «Quel processo non poteva non essere fatto, e nella Procura di Bologna non c’è alcun vuoto di potere». Ma a rendere questa vicenda davvero memorabile è di nuovo Repubblica, con un finale di articolo da segnarsi da qualche parte: «C’è chi [nel Pd] non scorda una dichiarazione del pm Valter Giovannini quando sfumò l’inchiesta sul tram Civis: “Da cittadino mi chiedo se, senza l’inchiesta penale, ci si sarebbe accorti di quei problemi tecnici che hanno poi indotto l’amministrazione ad abbandonare il progetto”». Ed ecco il capolavoro di Smargiassi: «Un’indagine penale, ci si chiede, deve accertare reati o mettere in discussione scelte amministrative?».

Foto Ansa

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