Paritarie Toscana. «Senza l’aiuto della banca come pagavamo gli stipendi degli insegnanti?»

Grazie a un prestito, gli istituti non statali riescono a respirare. Ma la situazione rimane difficile. Intervista a Leonardo Alessi, presidente Fism Toscana

Le scuole paritarie italiane conoscono bene il cronico ritardo con il quale arrivano i contributi statali. Ogni anno sono sempre più ridotti, ogni anno vengono elargiti sempre più tardi, per l’anno 2016 si prevede che non saranno elargiti prima di settembre. Per questo motivo in Toscana le scuole paritarie sono state costrette a chiedere aiuto alla Cassa di risparmio di Lucca-Pisa-Livorno. Per fortuna, però, questo avviene con un tasso di interessi bassissimo, perché il direttore territoriale Matteo Faissola ha a cuore quello che le scuole paritarie fanno per la sua regione. «La scuola paritaria – ha spiegato – concorre in modo considerevole alla qualità dell’attività formativa e alla soddisfazione della domanda di servizi scolastici per le famiglie. Come istituto bancario vicino al territorio e attento a supportare tutte quelle iniziative che hanno una ricaduta diretta e positiva sui cittadini, abbiamo deciso di confermare anche per quest’anno il nostro intervento a sostegno della formazione e dell’istruzione, con un aiuto concreto che garantisce liquidità e stabilità economica».

COME PAGARE GLI STIPENDI? Racconta la situazione a tempi.it Leonardo Alessi, presidente Fism Toscana, che si è occupato direttamente della vicenda: «Era già successo in precedenza che ci rivolgessimo alla Cassa di Risparmio, perché alcuni istituti avevano dei problemi di bilancio. Anche stavolta il tasso di interesse del prestito è inferiore all’1,7 per cento, quindi davvero vantaggioso. Certo è l’ultima spiaggia a cui avremmo voluto aspirare, ma siamo stati costretti: i contributi statali arrivano con troppi ritardi. Per il 2016 non li abbiamo ancora ricevuti, forse non arriveranno prima di settembre. Ma avendo davanti i mesi estivi, senza rette degli studenti, come potremmo pagare gli stipendi ai docenti, se non chiedendo aiuto a una banca?».

CALO DI ISCRIZIONI. Le scuole paritarie in Toscana vivono un momento di crisi causato anche dal contesto generale, spiega Alessi: «Il decremento demografico che sta caratterizzando il nostro paese non risparmia la Toscana. Ci sono aree come Firenze o Prato che grazie ai flussi migratori non subiscono cali di nascita, ma i numeri parlano chiaro. Fino a qualche anno fa, nascevano in Toscana circa 33 mila bambini all’anno, ora non si arriva a 28 mila. Meno figli significa meno iscritti alle scuole paritarie, e se a questo dato sommiamo anche quello della crisi economica generalizzata, capiamo bene perché gli iscritti alle paritarie diminuiscono di anno in anno. Negli ultimi tre anni, in tutta Italia, le paritarie d’infanzia e primarie hanno perso 100 mila iscritti».
Anche se i bambini sono sempre meno, il servizio che le scuole paritarie d’infanzia e primaria offrono alla Toscana è insostituibile: «Ci occupiamo di 17 mila bambini nella scuola d’infanzia in 332 scuole, e di altri 9 mila bambini nella scuola primaria in 80 scuole. Siamo contenti che il direttore della Cassa di Risparmio abbia riconosciuto il valore del nostro lavoro».

FAMIGLIE IN CRISI. Il presidente della Fism racconta come sia faticoso per certe scuole far quadrare i bilanci: «La retta media per una scuola dell’infanzia è di 120 euro al mese, mentre per la scuola primaria è di 150 euro. In molti casi alle famiglie bisognose non viene chiesto di versare niente, anche se questa generosità va a gravare sul bilancio dell’istituto. Per fortuna però la Regione Toscana ha stanziato dei fondi per le famiglie che hanno un Isee inferiore ai 30 mila euro, e questo ha dato un po’ di respiro alle nostre scuole».
Purtroppo sono tanti gli istituti che sono stati costretti a chiudere in questi anni: «Nel 1946 sul territorio italiano c’era il 40 per cento di istituti non statali, negli anni Ottanta la percentuale era scesa al 20 per cento, e ad oggi le scuole paritarie sono solo il 5 per cento. Andando avanti con questa tendenza la libertà educativa sarà sempre inferiore».

Foto da Shutterstock

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