Papa Francesco: «Siamo stati illuminati da Cristo nel battesimo», comportiamoci «con umiltà, pazienza e misericordia»

Papa Francesco, all'Angelus ha commentato la guarigione del cieco nato nel Vangelo di Giovanni: «siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani»

Papa Francesco all’Angelus ha commentato l’episodio narrato nel vangelo di Giovanni dell’uomo cieco dalla nascita, al quale Gesù dona la vista. «Il lungo racconto si apre con un cieco che comincia a vedere e si chiude – è curioso questo – con dei presunti vedenti che continuano a rimanere ciechi nell’anima», ha osservato Francesco. «L’evangelista – ha spiegato il Papa – vuole attirare l’attenzione non sul miracolo in sé, ma su quello che succede dopo, sulle discussioni che suscita; anche sulle chiacchiere».

VEDERE LA LUCE DEL MONDO. «Tante volte un’opera buona, un’opera di carità – ha proseguito il Papa – suscita chiacchiere e discussioni, perché ci sono alcuni che non vogliono vedere la verità». Perciò, ha spiegato Francesco, «Giovanni vuol attirare l’attenzione su questo che accade anche ai nostri giorni quando si fa un’opera buona». «Il cieco guarito viene prima interrogato dalla folla stupita – hanno visto il miracolo e lo interrogano -, poi dai dottori della legge; e questi interrogano anche i suoi genitori», ha ricordato il Pontefice. «Alla fine il cieco guarito approda alla fede, e questa è la grazia più grande che gli viene fatta da Gesù: non solo di vedere, ma di conoscere Lui, vedere Lui come “la luce del mondo” (Gv 9,5)».

LA CECITÀ DEI DOTTORI DELLA LEGGE. «Mentre il cieco si avvicina gradualmente alla luce, i dottori della legge al contrario sprofondano sempre più nella loro cecità interiore», ha continuato il Papa. «Chiusi nella loro presunzione, credono di avere già la luce; per questo non si aprono alla verità di Gesù», anzi, ha sottolineato Francesco, «essi fanno di tutto per negare l’evidenza». I dottori della legge, infatti, ha continuato, «mettono in dubbio l’identità dell’uomo guarito; poi negano l’azione di Dio nella guarigione, prendendo come scusa che Dio non agisce di sabato; giungono persino a dubitare che quell’uomo fosse nato cieco». «La loro chiusura alla luce – ha spiegato il Pontefice – diventa aggressiva e sfocia nell’espulsione dal tempio dell’uomo guarito».

IL CAMMINO DEL CIECO. Al contrario dei dottori, «il cammino del cieco invece è un percorso a tappe, che parte dalla conoscenza del nome di Gesù», ha notato il Papa. «Non conosce altro di Lui; infatti dice: “L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi” (v. 11). A seguito delle incalzanti domande dei dottori della legge, lo considera dapprima un profeta (v. 17) e poi un uomo vicino a Dio (v. 31)». «Dopo che è stato allontanato dal tempio, escluso dalla società, Gesù lo trova di nuovo e gli “apre gli occhi” per la seconda volta, rivelandogli la propria identità: ”Io sono il Messia”, così gli dice. A questo punto colui che era stato cieco esclama: “Credo, Signore!” (v. 38), e si prostra davanti a Gesù». Per il Papa,  «questo è un brano del Vangelo che fa vedere il dramma della cecità interiore di tanta gente, anche la nostra perché noi alcune volte abbiamo momenti di cecità interiore».

NOSTRA VITA COME QUELLA DEL CIECO. «La nostra vita a volte è simile a quella del cieco che si è aperto alla luce, che si è aperto a Dio, che si è aperto alla sua grazia», ha affermato il Pontefice. «A volte purtroppo è un po’ come quella dei dottori della legge: dall’alto del nostro orgoglio giudichiamo gli altri, e perfino il Signore!». Per questo, ha spiegato il Papa, «siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani; tutti noi siamo cristiani, ma tutti noi, tutti, alcune volte abbiamo comportamenti non cristiani, comportamenti che sono peccati».  «Dobbiamo pentirci di questo – ha continuato Francesco –  eliminare questi comportamenti per camminare decisamente sulla via della santità».

COMPORTIAMOCI COME FIGLI DELLA LUCE. Il Papa ha ricordato che «siamo stati “illuminati” da Cristo nel Battesimo, affinché, come ci ricorda san Paolo, possiamo comportarci come “figli della luce” (Ef 5,8), con umiltà, pazienza, misericordia». A differenza dunque dei dottori della legge che« non avevano né umiltà, né pazienza, né misericordia! ». Il Papa ha suggerito questa lettura del Vangelo di Giovanni. «Vi farà bene, perché così vedrete questa strada dalla cecità alla luce e l’altra strada cattiva verso una più profonda cecità». «Domandiamoci: come è il nostro cuore? Ho un cuore aperto o un cuore chiuso? Aperto o chiuso verso Dio? Aperto o chiuso verso il prossimo? Sempre abbiamo in noi qualche chiusura nata dal peccato, dagli sbagli, dagli errori», ha osservato il Papa. «Non dobbiamo avere paura! », ha proseguito, «apriamoci alla luce del Signore, Lui ci aspetta sempre per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci. «Non dimentichiamo questo! Alla Vergine Maria – ha concluso Francesco – affidiamo il cammino quaresimale, perché anche noi, come il cieco guarito, con la grazia di Cristo possiamo “venire alla luce”, andare più avanti verso la luce e rinascere a una vita nuova».

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