Pakistan. Gli studenti sopravvissuti alla strage dei talebani: «Tutto attorno a me i miei amici erano stesi, feriti o morti»

Ieri nove attentatori sono entrati nella scuola dell'esercito Army Public School e «hanno aperto il fuoco» su 500 studenti. Sono morte 141 persone, di cui almeno 130 studenti

«Un massacro indiscriminato». È l’unico modo per descrivere la strage compiuta dai talebani in una scuola pakistana di Peshawar, stando al resoconto dei sopravvissuti. Nove attentatori del gruppo Ttp (Tehrik-i-Taliban Pakistan) sono entrati ieri nella scuola dell’esercito Army Public School e «hanno aperto il fuoco» sui circa 500 studenti di età compresa tra i 6 e i 16 anni e sui loro insegnanti. È stata accertata la morte di 141 persone, di cui più di 130 studenti.

«I MIEI AMICI MORTI». «Una delle mie insegnanti non smetteva di piangere», racconta a Reuters Shahrukh Khan, 15 anni, un foro di proiettile per ogni gamba, ma vivo. «Le avevano sparato in una mano e gridava dal dolore. Un terrorista allora le si è avvicinato e ha cominciato a crivellarla di colpi fino a quando non si è più sentito alcun lamento. Tutto attorno a me i miei amici erano stesi feriti o morti».

IRRUZIONE NELLA HALL. Tre dei nove attentatori si sono fatti saltare in aria, gli altri sei sono stati uccisi dall’esercito. Khalid Khan, 13 anni, è sopravvissuto per miracolo: «Eravamo nella hall centrale, stavamo facendo un’esercitazione di primo soccorso. Sono arrivati in due e hanno sparato sugli studenti. Poi sono usciti e abbiamo provato a chiudere la porta. Ma presto sono tornati e hanno ripreso a sparare». Nella hall c’erano circa «150 studenti» e tanti cercavano di trovare rifugio sotto il banco. «La maggior parte dei miei compagni è stata uccisa. Ma poi sono stato trasportato in ospedale e non so che cosa sia successo».

FERMARE INDOTTRINAMENTO. Altri studenti hanno raccontato che la loro insegnante è stata «bruciata viva» e che i terroristi li hanno costretti a guardarla morire. Un simile «orrore», come lo ha definito il leader dell’Alleanza delle minoranze pakistane Paul Bhatti, è stato giustificato così dai talebani pakistani, che vogliono fondare uno Stato islamico: «L’esercito uccide le nostre famiglie. Vogliamo che provino il nostro stesso dolore».
«È una cosa terribile, contro qualsiasi insegnamento religioso, contro qualunque ideologia umana: è inconcepibile una violenza di questo tipo», ha dichiarato Bhatti a Radio Vaticana. «Condannare va bene ma qui c’è bisogno di identificare la base di questo odio e di questa violenza che, secondo me, si trova in quelle istituzioni dove crescono queste persone che poi diventano terroristi».

«NON SAPPIAMO PIÙ COSA CHIEDERE». La commissione nazionale di Giustizia e pace, organo della Chiesa cattolica pakistana, ha condannato l’evento diffondendo un comunicato, ricevuto da tempi.it: «Condanniamo fortemente questo attacco tragico e barbaro. Addolorati, siamo vicini alle famiglie dei bambini colpiti e uccisi in questo atto codardo. Non sappiamo più che cosa chiedere e preghiamo il governo, tutti i partiti politici, i leader religiosi, le organizzazioni della società civile e la giustizia di mettere da parte tutte le differenze personali e politiche per unire le forze per porre fine a questa minaccia di terrorismo».

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