«Non si può continuare a “depredare” la Lombardia. Renzi mi ascolti o sarà referendum»

Intervista al governatore Roberto Maroni: «Voglio ridefinire lo status fiscale della Lombardia. Equiparateci almeno all'Emilia-Romagna. Ci sono in ballo 12 miliardi»


Articolo tratto dal settimanale
Tempi in edicola (qui la pagina degli abbonamenti) – Confida Roberto Maroni: «Direttore, la notizia non è freschissima e i grandi giornali che continuano a scrivere balle sul governo della Lombardia l’hanno sottaciuta. Però, che l’opposizione grillina converga sul referendum da noi proposto mi pare fatto politico piuttosto interessante». La Lombardia è una delle ultime regioni italiane in cui governa una giunta di centrodestra, composta da Lega, Forza Italia, Ncd e Lista civica Maroni. Ora, grazie all’apporto dei Cinque Stelle che dall’opposizione l’hanno votato e portato a maggioranza qualificata, c’è il via libera al referendum che punta a mettere sul piatto il giudizio dei cittadini lombardi. Che, verosimilmente, dovrebbero essere in larga parte favorevoli a una proposta di riduzione della stratosferica quota delle loro tasse (il cosiddetto residuo fiscale) che finisce nelle casse dello Stato invece che in investimenti in loco. Su questo, gli elettori potrebbero esprimersi nella primavera 2016, quando sarà eletto anche il nuovo sindaco di Milano. «E così, accorpato alle amministrative e con il voto elettronico come da proposta Cinque Stelle, tagliamo i costi e favoriamo la partecipazione».

Il referendum consultivo non si terrà solo se Renzi accetta la trattativa. Maroni, che ha messo sotto la sua personale tutela l’importante riforma della sanità e sta per chiudere il giro di consultazioni prima di vararla, è particolarmente galvanizzato da questa prospettiva. Però il governatore non si fida. Prima di tutto perché «in regione il Partito democratico ha votato contro il referendum. Ha portato il suo gnegné a Roma e ha fatto interpellanze parlamentari per cercare di convincere il governo a imbavagliare i cittadini. E bravi. I lombardi sono trattati dallo Stato come contribuenti di serie B. Non c’è nessuna equità fiscale per loro. E in Lombardia la sinistra che fa? Difende lo status quo invece che gli interessi anche dei suoi elettori. Contenti loro… Ma noi andiamo avanti. Giovedì (23 aprile, ndr) incontro a Roma Giancarlo Bressa, sottosegretario agli Affari regionali, proprio per parlare di questo».

Crede ci sia la possibilità di un’intesa con l’esecutivo?
Non lo so. Però prima di tutto voglio evitare che il governo impugni la consultazione popolare. Secondo, è il governo che mi ha chiesto di trattare. Terzo, io non sono contrario, a meno che non ci sia il rischio di non fare il referendum.

Perché ci sarebbe questo rischio?
Perché così come lo abbiamo formulato, affinché sia costituzionalmente legittimo, il referendum non chiede ovviamente ai cittadini: “Volete la Lombardia a statuto speciale?”, bensì: “Volete che la Lombardia apra la trattativa con il governo per ottenere eccetera?”. Ma se io la trattativa la apro anticipatamente e poi il governo me la chiude unilateralmente, dice “basta” e si inventa una scusa per rovesciare il tavolo, come faccio poi a tenere un referendum per chiedere di fare qualcosa che ho già fatto e ho fallito? Questo è lo scherzetto che potrebbe tirarci il governo. E allora io pongo una condizione a Renzi per aprire una trattativa che rischia di impedire alla Lombardia di celebrare il suo referendum. La condizione è questa: che si applichi alla nostra regione lo stesso status fiscale non dico della Sicilia, che trattiene il 120 per cento delle tasse, neanche quello della Calabria (magari!) che trattiene il 128 e nemmeno quello di cui gode la Serracchiani in Friuli, perché anche lei riceve più di quello che incassa; chiediamo lo status fiscale che ha, udite udite, l’Emilia Romagna. A noi lo Stato concede di trattenere solo il 68 per cento delle entrate. La percentuale più bassa – molto più bassa – di qualsiasi altra regione italiana. L’Emilia-Romagna ne trattiene il 75 per cento. Un punto in più del Veneto. Mi accontenterei anche solo di essere equiparato al Veneto, che viene subito dopo di noi e trattiene già sei punti in percentuale più di noi lombardi, il 74 per cento. Sono 11-12 miliardi di euro in più. “Non darmeli subito”, dirò al governo. “Però facciamo l’accordo, nei prossimi cinque anni mi porti allo stesso livello dell’Emilia o del Veneto”. Sai quanti investimenti ci fa la Lombardia con 12 miliardi di euro in più? Finiamo la Pedemontana e completiamo la parità scolastica. E ci avanziamo pure il “tesoretto” che dice di avere (e non ha) il ministro Padoan. E Renzi non mi parli dei governi precedenti. Se si guarda la dinamica storica dei residui fiscali regionali, si nota subito che hanno un picco nel biennio del governo Prodi, scendono con il governo Berlusconi e tornano a impennarsi da Monti in poi. La cifra di residuo fiscale che le regioni versano allo Stato non è fissata una volta per tutte, non è scritta in una legge costituzionale o che altro. È quanto effettivamente ogni regione versa ogni anno e quindi è una cifra su cui può incidere il governo in sede di semplice legge di bilancio di fine anno.

Certo che per restituire 11-12 miliardi di euro alla Lombardia ci vorrebbe una finanziaria.
Ripeto, non è che mi illudo di ricevere questi soldi subito. “Dammeli in cinque anni”, ti ho detto. “Però tu, governo, devi prenderti l’impegno e sottoscrivere un accordo”. Perché va bene la “solidarietà”, ma fessi no. Non puoi continuare a “depredare” la Lombardia e far finta che stai tagliando la spesa pubblica e che stai facendo le riforme cosiddette col portafoglio nazionale. Ci accontentiamo di poco. Il governo ci riconosca almeno lo stesso status fiscale dell’Emilia Romagna o se la vedrà col referendum del popolo lombardo.

@LuigiAmicone

Foto Ansa

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