Non c’è gloria nel suicidio assistito di Stato

I giornali si sperticano in applausi per la morte di Anna, facilitata e resa possibile dal Sistema sanitario nazionale. Ma l'eutanasia non è la conquista di una società progredita e libera, è la sconfitta di tutti

Non ci sarebbe bisogno di dirlo, ma in un paese dove va in scena l'applauso a reti unificate a chi si abbandona disperato al suicidio e dove quasi ci si vergogna a ricordare che il compito del Sistema sanitario nazionale è curare e non uccidere, vale la pena ribadirlo: non c'è gloria nel suicidio assistito di Stato.
L'esaltazione del suicidio assistito di Stato
Non c'è bisogno, per sostenerlo, di tirare in ballo la fede cattolica perché, come affermato al Corriere dal vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, «non esprimiamo giudizi sulla persona. Questo appartiene a Dio». I giudizi sulla società italiana, invece, si possono ancora esprimere ed è davvero paradossale leggere i titoli fotocopia di Corriere, Repubblica e Stampa che esaltano «il primo suicidio assistito di Stato».

Da quando fornire a un paziente un farmaco letale, un anestesista per prepararlo e un macchinario per somministrarlo, illudendosi che la tecnica sostituisca e annulli la responsabilità personal...

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